Se i giovani cosentini emigrano la colpa è (anche) dei genitori

A guardare come stiamo combinati la prima cosa da fare, se avessi in testa ancora qualche neurone attivo e un minimo di buon senso e un po’ di anni in meno, sarebbe quella di sparire il più lontano possibile da questa città. E non è un consiglio che rivolgo solo a me stesso, ma all’intera collettività. Specie ai giovani di questa città. Diciamolo apertamente: quali prospettive lavorative offre questa città per i tanti che non hanno santi in paradiso? E se le prospettive mancano, come possono i giovani di questa città intraprendere percorsi di emancipazione economica dalle proprie famiglie?

Domande che ogni buon genitore si pone. E che, stando al senso di responsabilità che ogni genitore ha nei confronti del proprio figlio, dovrebbe porre alla politica, pretendendo risposte. Così come avviene nelle democrazie evolute dove la politica è al servizio del cittadino, e l’eletto risponde all’elettore. Ma non è il nostro caso. Qui i genitori, al massimo, vanno alla ricerca di  una pastetta politica, o clericale, per sistemare il figlio, barattando il proprio voto in cambio di promesse che nel 90% dei casi non saranno mantenute. Consolidando, di conseguenza, proprio quel potere che li ha ridotti in miseria: come se il condannato a morte affilasse, prima dell’esecuzione, la scure del boia che gli taglierà la testa.

Una presa in giro, quella del “trovo un lavoro a tuo figlio” che tutti oramai conoscono. Ma nonostante ciò c’è chi ci casca sempre: non si capisce se per stupidità, o perché preferisce aggrapparsi a questa speranza piuttosto che ribellarsi. Che poi sarebbe la cosa giusta da fare e che non vuol dire imbracciare il fucile. Ma adoperare tutti gli strumenti democratici che  la Costituzione mette a disposizione del cittadino per far valere i propri diritti. E’ così che funziona nelle comunità unite, civili ed emancipate. Ed è quello che fanno tutti i genitori che hanno a cuore il futuro dei propri figli: si uniscono e pretendono il rispetto dei loro diritti che in democrazia sono sacrosanti. Pensare al futuro dei figli è la prima responsabilità in capo ai genitori. E il futuro dei figli dipende dalle scelte politiche. Non solo dai sacrifici e dall’amore dei genitori. Se mandi a governare una persona che sai essere un ladro, oltre a diventare suo complice morale, metti a rischio proprio il futuro di tuo figlio.

Se i politici pensano solo a loro, se a mangiare sono sempre gli stessi, se la corruzione dilaga nella totale impunità e sotto gli occhi di tutti, causando disparità e avallando squallidi privilegi, e tutto questo avviene nell’omertà totale, nessuno può dirsi assolto. E’ qui che sta la responsabilità di tanti genitori che oggi si ritrovano il figlio quarantenne ancora in casa.  Sperare sempre nella benevolenza che mai arriva del politico che si fa vedere solo all’elezione, spesso si conclude così: un figlio/a disoccupato cronico.

Se i giovani di oggi non hanno un futuro, la colpa è di tutti quei genitori che hanno lasciato che una banda di delinquenti politici distruggesse ogni possibilità di futuro per i loro figli, senza muovere un dito. E per via di questa atavica inedia che li caratterizza, siamo arrivati ad un livello di disoccupazione giovanile a Cosenza che dire allarmante è dire poco. Perciò non si può dare la colpa di tutto questo alla sola mala politica.

Nonostante tutto nulla si muove perché c’è tanta paura ad esporsi. A far paura è la totale assenza di Legge in città. Se lo sceriffo è corrotto le legge la fanno i banditi. Chi ci ha provato a ribellarsi alla loro legge, ci ha lasciato le penne.  Mettersi contro la ‘ndrangheta di stato comporta, inevitabilmente, la rovina della vita.  Meglio un figlio emigrato che una famiglia rovinata e perseguitata.  E, giustamente, di fronte a tutto questo potere, in pochi sono disposti a ribellarsi. Perciò tutto resta com’è. Nel silenzio complice, ma protettivo, dei genitori. Una evidente responsabilità che non possono negare.

E fin quando non ci sarà un’assunzione di responsabilità collettiva, non c’è speranza di rivalsa, in questa città, per chi non ha santi in paradiso. E per il tanto atteso cambiamento bisogna aspettare ancora.

Perciò vi dico partite, scappate, fino a che potete. Restare in questa bella ma amara città, significa rinunciare alla propria vita. Ai propri sogni. Non lasciatevi incatenare al palo della povertà per tutta la vita, come è successo a tanti poveri ma onesti genitori.

Andate in Spagna, in Francia, in America, in Cina, in Russia, in Danimarca, in Inghilterra, in Olanda, andate dove vi pare, ma andate via da questa città. Altrimenti sarete risucchiati dal vortice. Per quanto vi possa andar male avrete sempre qualche possibilità in più rispetto a quelle che mai vi darà Cosenza. Fa male lasciare gli affetti, lo so, ma è un male necessario. E poi non spetta a voi, giovani di Cosenza, rimediare ai danni che l’inedia e la rassegnazione dei vostri genitori ha prodotto. Se vogliono rimediare hanno, oggi, l’occasione per farlo. Serve solo qualcuno che accenda la miccia (metaforicamente parlando), e non tocca a voi farlo. Il “sacrificio” spetta ai genitori, perché le colpe dei padri e delle madri, non devono ricadere sui figli.  Buona fortuna a tutti voi.

GdD