Giustizia e verità: le procure di Castrovillari e Paola danno segnali importanti. Cosenza non pervenuta

La lotta alla corruzione, al malaffare, alla ‘ndrangheta, come tutti abbiamo capito, non si fa nei salotti televisivi, nei convegni, nelle passerelle politiche, ma per arrivare ad ottenere risultati bisogna mettersi in gioco in prima persona con azioni concrete, mirate e condivise. Ognuno in questa perenne lotta tra il bene e il male, è chiamato a fare la sua parte: cittadini ed istituzioni.

I cittadini hanno il dovere di rispettare le regole e il diritto di pretendere legalità. Le istituzioni hanno il dovere di raccogliere le istanze dei cittadini ed il Diritto di agire contro chi le regole non le rispetta. Nessuno escluso. La Legge è uguale per tutti. Ma tutti sappiamo che in Italia non è così. In questo paese c’è sempre qualcuno più uguale degli altri. E questa differenza ha generato uno scollamento proprio tra i cittadini e le istituzioni. Credere nella Giustizia in Italia è cosa difficile. Ecco perché la lotta alle mafie non riesce ad arrivare ad un svolta. Questo dipende principalmente dalle istituzioni preposte a tutelare e garantire la sicurezza e la legalità ai cittadini: le procure.

Se non funziona la procura, o peggio, se la procura è corrotta, l’intera comunità è destinata a vivere nell’illegalità. E non c’è coscienza collettiva che tenga di fronte ad una potente lobby come quella dei magistrati. Il loro potere in Italia è immenso ed insindacabile. La separazione dei poteri costituzionalmente garantita è cosa giusta, quello che non funziona sono gli “organi di controllo”. Se a giudicare un magistrato è un altro magistrato, difficilmente si arriva ad una conclusione. I magistrati sono una casta, la più potente in Italia, e tra di loro non si accuseranno mai. La peggior punizione che può subire oggi in Italia un magistrato corrotto, è il trasferimento ad altra sede. I magistrati non pagano mai per le loro colpe.

Nelle piccole province il procuratore capo è persona temuta, riverita, omaggiata, e capita spesso che qualcuno si adagi su questi privilegi, utilizzando la Legge come strumento di baratto, pur di mantenere quell’agiatezza che solo il do ut des con marpioni ed intrallazzini, può garantire.

Il distretto giudiziario della provincia di Cosenza è l’esempio più lampante che possa esserci in Italia, quando parliamo di corruzione dei magistrati e commistione tra stato e antistato. Le tre procure, un tempo 4, cosentine nel corso degli ultimi 30 anni ne hanno fatto di tutti i colori. Cosenza, Paola e Castrovillari, un covo di masso/mafiosi come da nessuna altra parte. Neanche alla procura di Trapani, che è quanto dire. Per oltre 30 anni hanno lavorato solo per insabbiare, coprire e archiviare, tutelando, sempre e comunque, gli appartenenti ad altre caste, oltre che la loro: politici mafiosi, massoni deviati, professionisti dell’intrallazzo, imprenditori/prenditori, e servitori dello stato infedeli. In poche parole chi garantisce bustarelle, favori e ogni sorta di privilegio. Gli esempi delle loro porcherie sono talmente tanti che non basterebbero 1000 pagine per scriverle tutte, solo qualche esempio eclatante: il caso Lanzino, il caso Bergamini, il caso Fabio Gallo, il caso No-Global, il caso padre Fedele, il caso della piccola Cloe, il caso del finto incidente del magistrato Bisceglia, il caso Losardo. E questi, sono solo la punta di un iceberg.

Quali speranze possono avere Cosenza e la sua provincia di vedere “trionfare” la Giustizia? Nessuna. Infatti vige la rassegnazione. Siamo destinati a vivere nella barbarie, per via di quattro magistrati corrotti che hanno a cuore più la loro villa al mare che la Giustizia e la legalità per la comunità. E se ti lamenti, passi pure i guai. Ti minacciano al pari dei mafiosi, solo che loro si servono di poliziotti e carabinieri. E passano alle vie di fatto senza un minimo di rimorso o scrupolo di coscienza. La gente ha più paura di un magistrato corrotto che di un mafioso. Perciò nessuno denuncia, perché sa che che non serve a niente. Anzi denunciare porta solo guai. Ed ecco perché la masso/mafia da noi sguazza alla grande.

Ma pare che qualcosa sia cambiata, almeno nella procura di Paola e in quella di Castrovillari. L’ arrivo del dottor Bruni, a Paola, e quello del dottor Facciolla a Castrovillari, ha oggettivamente invertito questa squallida tendenza: la procura al servizio di mafiosi e corrotti.

Da quando ci sono loro, tutte le attività della procura hanno fatto un salto di qualità. Finalmente una procura che si preoccupa di tutelare i cittadini e di rendere Giustizia a chi ha subito torto. Senza guardare in faccia nessuno. E i fatti parlano chiaro. Il dottor Bruni ha ristabilito un minimo di legalità lungo la costa tirrenica, stessa cosa ha fatto Facciolla sull’altro versante e il caso Bergamini è la prova provata della sua voglia di Giustizia.

Certo, c’è ancora tanto da fare, come ad esempio acciuffare qualche politicante corrotto che si aggira per la provincia insieme a qualche masso/mafioso a corrompere questo e quello. Ad esempio ci aspettiamo che dopo il caso Bergamini, il dottor Facciolla convochi, finalmente, i responsabili dello scempio della Sibari/Sila, il simbolo del potere politico/mafioso da quelle parti. Come ci aspettiamo dal dottor Bruni una rigorosa inchiesta sul deputato Magorno che se ne va in giro con l’autista di Franco Muto.

Solo noi della città di Cosenza non possiamo aspirare a niente, perché la nostra procura è intoccabile. la cupola ha deciso che a Cosenza nulla deve cambiare. Ci tocca sopportare le angherie e le ingiustizie di Spagnuolo. Ci tocca vedere i corrotti tutelati e la povera gente sbattuta in galera. Ci tocca vedere i responsabili della nostra povertà arricchirsi, mentre la gente arranca. Ci tocca vedere Cozzolino a cena con l’indagato, senza che nessuno dica niente. Ci tocca, purtroppo, vedere ancora tutte queste porcherie, e nessuno è in grado, noi compresi, di porre fine a tutto questo.