Google Glass 2025: occhiali intelligenti per idioti consenzienti (provati a Cosenza)

Google Glass 2025: occhiali intelligenti per idioti consenzienti (provati a Cosenza)

Rubrica settimanale: “Intelligenza artificiale? Ma mi faccia il piacere”

Chi l’avrebbe detto che per vedere il futuro bastava indossare un paio d’occhiali e camminare per Corso Mazzini. No, non stiamo parlando delle lenti da sole tarocche che vendono al mercatino o degli occhiali da vista con lo scotch sull’astina che porta il pensionato davanti al bar. Parliamo dei nuovi Google Glass versione 2025, presentati con grande enfasi all’evento I/O da quei geniacci che a forza di digitalizzare il mondo sono riusciti a smaterializzare anche il buon senso.

Li abbiamo provati. In senso teorico, certo. Perché ancora non li vendono. Ma abbiamo letto tutto, guardato ogni demo, tradotto ogni markettata americana in linguaggio da bar della provincia italiana. Poi, ce li siamo immaginati a Cosenza. E lì il futuro ha preso una piega tutta sua.

Gli occhiali che “vedono” per te

I nuovi occhiali di Google, pare, non si limitano a mostrare notifiche o fare da navigatore come un onesto smartphone del 2010. No. Questi ti ascoltano, ti filmano, ti traducono, ti capiscono. Dicono che riconoscono gli oggetti, i volti, i luoghi, che ti suggeriscono cosa dire, dove andare, come rispondere.

Insomma, sono il sogno bagnato di ogni social media manager e l’incubo finale di ogni Costituzione occidentale. Un paio di occhiali che non solo ti aiutano, ma ti anticipano, ti guidano, ti correggono. Come una suocera digitale ficcanaso, appollaiata tra le sopracciglia.

A Cosenza, però…

Metti che uno esce da casa, quartiere San Vito, occhiali inforcati, e si avvia verso Piazza Bilotti. Appena fuori dal portone, i Glass iniziano:
– “Attenzione: davanti a te una buca profonda 32 cm, evitabile con deviazione laterale di 0,4 metri.”
Grazie Google, non ce ne saremmo mai accorti: sono sei anni che ci crescono dentro i papaveri.

Proseguiamo. Via Caloprese:
– “Locale rilevato: Bar. Recensioni su Maps: 2 stelle. Attenzione: caffè bruciato e personale scorbutico.”
E tu lì che ti fermi comunque, perché almeno quello è vero.

Ma il meglio arriva quando incroci due ragazzi che parlano in dialetto stretto:
– “Lingua rilevata: ignota. Avvio traduzione automatica.”
E l’occhiale spara in cuffia:
– “Ma chiru s’è nchiaritu a Santa Teresa o tena a capu frisca?”
Tradotto da Gemini AI come:
– “Subject intoxicated during nocturnal celebration or emotionally elated?”
Così, giusto per non perdere il contatto con la realtà.

La tecnologia che ci ruba anche la spontaneità

Ma la verità è che questi occhiali non sono pensati per aiutarti. Sono pensati per controllarti, profilarti, normalizzarti. Dietro ogni comando vocale, ogni analisi del contesto, ogni “consiglio personalizzato”, c’è un algoritmo che ti osserva, ti studia e ti spinge – piano piano – dove vuole lui.

Non è solo un occhiale. È una guida turistica della tua esistenza, autorizzata da Google e approvata dal marketing. Ti dice chi frequentare, dove mangiare, cosa pensare. Con la scusa della comodità ti toglie l’ultimo lusso rimasto in questa società iperconnessa: scegliere da solo.

L’AI come alibi dell’inutile

I geni della Silicon Valley, che da tempo hanno smesso di creare cose utili per concentrarsi su quelle inevitabili, ci vendono l’AI come se fosse la nuova religione. E infatti, come ogni religione, pretende fede cieca, abbandono dell’autonomia, e naturalmente decime in abbonamento.

Gli occhiali, infatti, funzionano solo se connessi a Gemini, l’assistente AI di Google. Che fa tutto lui: risponde, interpreta, decide. E tu, più che vedere il mondo, lo guardi come te lo racconta Google. Un Truman Show indossabile, con tanto di aggiornamento software.

La domanda che nessuno fa

La domanda vera è semplice: perché?
Perché dovremmo desiderare tutto questo? Perché dovremmo infilare l’ennesimo occhio elettronico nella nostra vita già colonizzata da smartphone, smartwatch, smartfridge e smartminchiate varie?

Per la stessa ragione per cui si compra il terzo monopattino, il quinto abbonamento, la decima app per dormire meglio: perché ci hanno convinto che senza tecnologia siamo incompleti. E quando te lo ripetono abbastanza a lungo, finisci per crederci.

Finale con profezia

I Google Glass 2025 non sono ancora in vendita, ma arriveranno. E arriveranno anche a Cosenza, forse. Li porteranno in fiera come novità assoluta, poi li indosserà il solito tizio con l’accento del nord che vi spiegherà quanto siete arretrati. E voi magari gli crederete, perché parla veloce.

Ma ricordatevi una cosa: l’unica intelligenza davvero artificiale è quella che ci fa credere che non possiamo vivere senza i loro prodotti.

Il futuro? Se è quello raccontato da questi occhiali, speramu ca s’appannanu.