Guarascio non cambia mai, come può farlo il Cosenza?

Questo articolo è stato pubblicato in occasione dello scorso campionato al cardiopalma e con toccamenti vari antisfiga e lo ripubblichiamo perché, al netto della mancata preparazione che quest’anno si è avuta, si adatta perfettamente alla situazione di oggi, di ieri e di avant’ieri.
Guarascio è nel nel bene (sono generoso oggi) e nel male sempre lo stesso. E di conseguenza il destino del calcio cosentino è segnato salvo nuove regalie del similchievo.
Mi chiedo solo perché nessun imprenditore domestico o forestiero non si fa avanti per comprare una società dal punto di vista contabile sano? Due sono le possibili risposte: in Calabria e a Cosenza in particolare nessuno conosce tra i molti ricchi e benestanti la coniugazione del verbo “pagare”, mentre è nota e praticata in massa il verbo “incassare“.
L’altra risposta potrebbe essere che far entrare nel “circolo che tena i sordi” non è gradito, anche se hai un bisnonno calabrese e anche se sarebbe utile alla causa. L’oscurità che è il fondale dominante della città non amerebbe luci della ribalta come non apprezza troppe pulsioni verso la libertà sostanziale.

di Francesco Pellegrini

Fonte: I Nuovi Calabresi (https://www.inuovicalabresi.it/guarascio-non-cambia-mai-come-puo-farlo-il-cosenza/?fbclid=IwAR0v06sS_Xxg_52IWioCtTrRC7y-_PsZZq3LlYJXmj1LlqWZplj8bX-S4e8)

Ad Eugenio Guarascio abbiamo riservato una costante attenzione. La sua immagine con indosso la maglia del Chievo salvatore (due volte) del Cosenza ha aperto il primo numero de I Calabresi nel luglio scorso. Ricordiamo due titoli tra gli altri: “Guarascio, ci risiamo: dalla grande squadra al solto budget” e poi “Cosenza: fidarsi di Goretti, mai di Guarascio”.
Poiché non abbiamo il dono della preveggenza, la nostra “ossessione” per l’uomo del pallone bucato e delle tasche piene si spiega solo con il fatto che se l’uomo non cambia mai – a dispetto delle parole e delle promesse farlocche- è inevitabile che anche i risultati sportivi non possano cambiare.

Il calcio è un gioco, ma è guidato da una sostanziale razionalità che lascia poco spazio ai miracoli, alle fantasticherie oniriche, alle chiacchiere da bar, che tali sono anche se pronunciate da presunti esperti e padroni del pallone.
Oggi la squadra di calcio ha replicato una situazione vissuta decine di volte in passato. Giocatori potenzialmente talentuosi ma inesperti, non tutti pronti per la serie B. Altri usciti da lungodegenze per malanni vari. Tutti comunque gettati in campo senza neppure un giorno di preparazione atletica. Un inedito che rimarrà negli annali del calcio.

I cosentini non hanno molti motivi per gioire. La città probabilmente attraversa uno dei periodi più bui della sua storia recente e ha poche ragioni per nutrire la speranza di un rapido e vero riscatto. In queste condizioni il tifo per la squadra di calcio è un lenimento dei cuori e delle menti. La replica inevitabile di aspettative deluse e inganni cinici, invece, è sale sulle ferite. Quelle sportive, senza dubbio, ma anche quelle che recano sofferenza alla generalità dei cittadini.

Guarascio non è solo l’uomo sbagliato nel mondo del calcio. Per sempre più cosentini è una presenza sgradita che con consapevolezza concorre al malessere diffuso in città. Non gli manca la buona sorte, si sa, e forse troverà un nuovo Lazzaro resuscitato per allontanare il Cosenza dai bassifondi della classifica. Ma la fortuna non cambia i giudizi.