Napoli. La piazza non-raccontata dei non-raccontati

La piazza di Napoli chiamata in contemporanea a quelle di Roma e Milano che ha visto la partecipazione di Collettivi, Occupazioni, Unità di Base, tra cui la rappresentanza di Cosenza.

di Saverio Di Giorno e Giorgia Scognamiglio

La piazza non-raccontata dei non-raccontati. Questa è stata Napoli il 5 Novembre. In contemporanea a Roma e Milano che scendono in piazza a favore della pace, Napoli scende in piazza contro la guerra. Potrebbe sembrare un esercizio di stile, un artefatto retorico, un compiacimento linguistico, ma è in questa scelta di termini che risiede la principale differenza tra le piazze, tra chi le ha riempite e se permettete… anche il principale problema della sinistra degli ultimi decenni.

Poche le bandiere arcobaleno a Napoli, mentre a Roma e Milano hanno coperto e ricoperto chiunque e tutto. Un ombrello caldo e accomodante sotto il quale chiunque può trovare posto. Essere a favore della pace è un bel programma poco programmatico: con chi la facciamo questa pace, su quali basi si costruisce, che mondo si ha in mente per il dopo? Con il dolcevita di Conte (che fa più sinistra ora che serve), con il meritocratico Calenda che canta Bella Ciao “perché ha i titoli” (pure per cantare Bella Ciao occorre avere un buon cv!) o con… la Moratti. Hanno in mente lo stesso mondo questi qua? Più difficile è essere contro la guerra e i suoi signori. Lo slogan tamburellato incessantemente dai lavoratori della GNK di Firenze era “nessuna rassegnazione solo rabbia che cresce dentro noi” ricordandoci che l’odio è un sentimento distruttivo, la rabbia no. E urlare quella rabbia era una coda di più di cinquemila persone (300 evidentemente per la stampa nazionale).

Si può essere a favore del “green” (Roma e Milano) o contro le multinazionali che inquinano (Napoli); si può essere a favore di un ribasso dei costi (Roma e Milano) o contro chi fa extra-profitti (Napoli); si può essere a favore degli operai e degli studenti malpagati e precari (Roma e Milano) o contro imprenditori evasori e rapaci e privilegiati (Napoli). La parola conciliante, a favore, è una parola comoda, agevole da usare per chi è vicino a questi temi, la parola contraria, combattiva, può essere solo di chi è dentro questi temi: nelle contraddizioni, nelle spaccature della società. Si è forse parlato a Roma e Napoli di Greenwashing, Land Grabbing, Reddito universale, patrimoniale ecc.?  Eccola, quindi, che emerge la vera differenza che ha distinto queste piazze e che ritorna come un incubo ricorrente nella sinistra: a Roma e Milano passeggiavano persone impegnate a mostrarsi sensibili ai temi attuali e raccontarsi vicine a chi questi cambiamenti li subisce, ma gli interlocutori, quelli a cui queste persone si rivolgevano non c’erano. Erano a Napoli. È qui che hanno camminato insieme chi i cambiamenti li subisce: operai, disoccupati (Firenze, Cosenza, Piacenza ecc.), migranti e rifugiati, studenti.

Al link reportage fotografico: http://saveriodigiorno.altervista.org/reportage-fotografico-il-5-novembre-a-napoli-si-grida-contro/

L’essere diverso ha assunto nel tempo una colorazione negativa. E il diverso cioè poveri disperati è stato il nemico. Questi colori li ha dipinti la destra e la sinistra ha lasciato il pennello. Al contrario occorrerebbe rivendicare la propria diversità. La propria differenza. La sinistra si è impegnata negli anni a cercare un’alternativa: un modo diverso per arrivare allo stesso punto. Doveva impegnarsi ad essere un’alterità: un modo diverso per arrivare altrove. La sinistra ha cercato di definire la diversità come una ricchezza, qualcosa che cioè si ha; al contrario la diversità è una condizione, qualcosa che cioè si è. In questo senso essere diversi è qualcosa da rivendicare. Essere diversi è essere contro, è essere opposti.

Le parole contrarie sono vocaboli che dovremmo tornare a pronunciare, le direzioni ostinate e contrarie sono strade da tornare a percorrere. Le conflittualità, le opposizioni non sono pratiche da demonizzare: invece di impegnarsi in agende e concili per trovare punti minimi in comune, occorrerebbe ribadire i punti massimi che ci differenziano. Una società senza conflitti è una società morta. Non si può combattere il cambiamento climatico insieme a chi lo causa, come non si può essere contro la guerra insieme a chi ci guadagna. Non si può, neppure, combattere la povertà con chi la provoca.

D’altra parte, sono i no che hanno fatto la Storia, i sì hanno retto i regimi.