dalla pagina FB di Agostino Pantano
HO UNA MALATTIA INVALIDANTE, PROGRESSIVA E PER ORA INGUARIBILE: DITE AL VOSTRO COMMERCIALISTA CHE VOLETE AIUTARE ME, NOI E VOI CON IL 5 per MILLE ALL’AISM E ALLA RICERCA
Con ormai ripetuta e assillante insistenza penso sia arrivato il tempo di scrivere, per la prima volta in pubblico, che 9 giorni prima dello scorso Natale mi è stata diagnosticata una malattia che si chiama sclerosi multipla.
Ho deciso di parlarne qui, in qualche modo violentando la mia discrezione sulle cose intime della vita, perché da tempo mi trovo su una insopportabile altalena emotiva che insolitamente mi fa chiedere “scrivo o non scrivo ?” , logorandomi in un modo che non è da me. Mai prima d’ora mi sono trovato davanti ad una tentazione così insopprimibile, quella di mettere in piazza un “grosso guaio”, al contempo senza avere gli strumenti tecnici e psicologici per trattarlo, facendo i conti con un blocco che – vi assicuro – per quelli abituati alla scrittura pubblica è un controsenso che fa cambiare idea più volte nel corso della giornata, un nodo asfissiante di cui finalmente ho deciso di liberarmi, capendo i motivi plurimi di questo stallo.
Pur avendo scelto un approccio ignorante al lato scientifico della mia condizione, so solo che è in corso una degenerazione progressiva e anticipata del sistema nervoso centrale con danni per ora circoscritti (🤘🤘🤘🤘) ai soli arti inferiori e poco più, non ho rinunciato in questi mesi alla ricerca del mio “nuovo mondo sociale”, alla conoscenza di altri malati, al confronto con altre storie personali e al dialogo intorno ai paragoni tra i vari stadi della malattia che inevitabilmente in questi casi si fanno.
Ieri sera, partecipando ad una cena sociale con scambio di auguri tra malati – visibili e invisibili agli occhi della società – ho finalmente capito perché DEVO scrivere, perché DEVO portarvi con la mente per un attimo alla sensazione angosciante che provo ogni mattina calibrando la prima routine giornaliera nel letto: mi tocco e vedo quale parte del corpo risponde all’appello, e se lo fa meglio o peggio di ieri.
Ho saputo che ci sono i sepolti in casa per questa malattia, persone che l”hanno beccata quando ancora le cure avanzate non c’erano, non trovando la forza per reagire mentalmente, cavalcando la speranza se non dico di guarire, quanto meno di uscire senza vergognarsi di questa convivenza col male.
Ecco, in questi mesi sentendo queste storie terribili – come quelle di ragazzini già ciechi o sordi per via di questo male dall’algoritmo bastardo – un po’ genetica, un po’ ambientale, un po’ ancora misterioso – mi sono quasi vergognato per la fortuna che ho, anche grazie al mio lavoro, di poterne parlare delle cure che migliorano la nostra condizione, della terapia che ci può tenere in piedi, dell’aiuto che fra noi ci possiamo dare semplicemente parlandone: non intendo più sprecare la mia forza e il mio tempo.
Ne devo scrivere per tre motivi, quindi, ho capito.
1) si avvicina il tempo della dichiarazione dei redditi ed è il caso di ricordare che aiutando l’Aism – destinando il 5 per mille – aiutate una ricerca che ha fatto passi da gigante e che fa bene a noi malati ma anche a voi sani, creando una alleanza che impone alla scienza e ai governi di vedere la persona non più come consumatore di farmaci a vita, ma come l’umanità che non viene illusa. l’industria ci hanno messo un secolo per l auto senza petrolio, noi pensiamo che che si deve morire – per fortuna – ma che non ci si deve per forza ammalare.
2) non temo più che la mia faccia, il mio nome, la mia firma arrivi – nei posti in cui vado, o sugli argomenti pubblici che tratto nel mio lavoro – arrivino dopo della mia disabilità , che la gente (o i potenti) cioè mi compatiscano perché sono malato e non mi diano retta per quello che giusto o sbagliato penso: io non sono la mia malattia, ho capito in questi mesi grazie ad una serie di persone speciali fuori e dentro il mio mestiere – che mi stimano non perché mi vogliono bene – e quindi ne posso parlare delle mie gambe traballanti, del mio orecchio sinistro che pizzica, della riscoperta del borotalco, della mia stanchezza cronica che finalmente giustifica l’antimondanità serale, l’inseparabile cuscino da adagiare sulle troppe poltrone orribilmente scomode e antisociali che ho imparato a notare in ogni convegno.
3) voglio mettermi a disposizione per la messa in chiaro del nostro mondo, del grande cuore dei volontari – li ho pure intervistati tanti anni fa e nei primi giorni duri della mia depressione questo ricordo di carrozzine e cateteri ha purtroppo alimentato la mia stupida ignoranza sul male, salvato solo dalla mia famiglia e dal cappellano dell’ospedale di Vibo Valentia che hanno “chiuso” la finestra al quarto piano che vedevo aperta giorno e notte – in modo che nessuno di noi si senta trascurato dalla società , dai mezzi di comunicazione di massa .
Ora che facebook sa di me, sperando che non mi mandi più pubblicità contro malanni che non ho (si fisioterapia, no prostata caro zukemberg 🤣🤣🤣🤣), voglio evitare pietismi e spettacolarizzazioni del mio outing: la mia “confessione” l’ho socializzata – negandovi la possibilità di scrivere commenti sotto – per farvi immediatamente chiamare il commercialista per dirgli AIUTIAMO L’AISM, fermo restando che in privato potete scrivermi (anzi mi fa piacere) e vi prometto che mi impegnerò per farvi ridere (mai piangere).
E’ la settimana di Pasqua, questa.
La fede ritrovata, prima di questa mia sfiga, è un altro pudore che conservo, ma ugualmente voglio dire a Dario, Maria, Diego, Assunta (nomi di fantasia) che ho saputo di voi che avete rinunciato a contare i passi che riuscite a fare ogni giorno, che mandate a fare la spesa perché non ce la fate a rispondere agli sguardi compassionevoli e alle domande stupide di chi non sa come ma vuole aiutarci, mi hanno detto di voi che invidiate e basta i camminanti di questo mondo veloce, che non vedete alternative alle stampelle e alla pensione, alla bambola gonfiabile per esigere una carezza: io non vi esorto per nulla.
Ognuno di noi ha i suoi tempi e i suoi modi e, come dice il mio neurologo clinico, “cura che vince non si cambia” : ricordate però che l’umanitò senza speranza diventa un animale sciocco, una macchina infernale, uno specchio rotto che non fa specchiare (e porta pure sfiga).
Questo ho capito “grazie” alla rogna che viviamo
https://5×1000.aism.it