Il Comune di Crotone tra marketing politico, appropriazione delle tradizioni e silenzi sui servizi

Il Comune di Crotone tra marketing politico, appropriazione delle tradizioni e silenzi sui servizi

Fonte: U’Ruccularu 

Ci imbattiamo sempre più spesso, su Facebook, nella pagina “Città di Crotone”, che dovrebbe rappresentare lo strumento istituzionale di informazione dell’ente comunale. Un canale che, per sua natura, dovrebbe servire a comunicare servizi, disservizi, avvisi utili, scadenze, problemi e soluzioni.
E invece cosa racconta alla città?
Racconta feste. Racconta immagini. Racconta presenze. Racconta consenso.
Racconta, soprattutto, propaganda.

Una propaganda finanziata anche con risorse che arrivano da Eni, quindi soldi pubblici o para-pubblici, utilizzati per sponsorizzare festini, kermesse, celebrazioni e passerelle, mentre i cittadini restano all’oscuro di ciò che davvero incide sulla loro vita quotidiana. Fa bene Giovanni Monte quando dice che pensano alle feste, e sulla bonifica nessuno deve sapere niente.

Colpisce la scelta comunicativa di pubblicare fotografie di messe religiose. Lo stesso schema si ripete con eventi sportivi organizzati sotto il palazzo comunale, con atleti chiamati a fare da cornice a una manchette elettorale nemmeno troppo mascherata.
Un foglio A4, scialbo, stampato come “ricordino”, consegnato in cambio di una foto e nel sottinteso di un futuro favore elettorale.
È normale che lo sport diventi strumento di campagna?
È corretto usare lo spazio istituzionale del Comune come palcoscenico politico permanente? Questo lo chiediamo al Palazzo della Giustizia.
Il paradosso è evidente: si celebrano sportivi e associazioni mentre la città non è accessibile ai disabili.

Si premia l’eccellenza sportiva mentre una piscina comunale resta chiusa, senza spiegazioni chiare, senza comunicazioni ufficiali, senza assunzione di responsabilità.
Perché su questo la pagina del Comune tace?
Perché non si informa la cittadinanza sui motivi reali delle chiusure, sui tempi, sulle soluzioni?
Forse perché il silenzio è più conveniente della verità?
Nel frattempo il messaggio implicito resta sempre lo stesso:
“Ricordati di me alle votazioni.”
Un altro aspetto inquietante è l’appropriazione sistematica delle tradizioni cittadine.
Santa Lucia, ad esempio, diventa improvvisamente un “evento del Comune”.
Ma davvero senza il Comune i crotonesi non sarebbero in grado di organizzare i fuochi, la devozione, la festa?

Da quando le tradizioni popolari devono essere certificate dall’ente per esistere?
Questa narrazione serve solo a una cosa: far passare l’idea che tutto dipenda dal Comune, che nulla possa accadere senza il suo marchio, che ogni momento collettivo sia una concessione del potere.
Ancora più grave è la promozione, sulla pagina istituzionale, di eventi che non sono del Comune, ma che vengono raccontati come tali.
È il caso della Beethoven Acam, che utilizza spazi del teatro comunale e i cui eventi vengono rilanciati come se fossero iniziative dell’amministrazione.
In questo gioco di specchi, il Comune diventa contenitore di tutto, mentre chi è stato storicamente legato a quei luoghi viene cancellato, salutato senza spiegazioni, senza confronto, senza trasparenza.
È corretto usare i canali istituzionali per promuovere soggetti privati selezionati?
Con quali criteri?
E soprattutto: chi controlla?

Quando tutto è Comune, nulla è davvero pubblico.
Quando ogni evento diventa propaganda, la comunicazione istituzionale perde la sua funzione democratica.
Quando il sito e i social del Comune vengono usati come megafono politico, si supera un confine pericoloso.
Gli organi di controllo dovrebbero interrogarsi seriamente su questo uso distorto della comunicazione pubblica.

Perché un Comune non può fare campagna elettorale permanente attraverso i propri canali ufficiali.
Non può selezionare eventi, persone e presenze in base alla fedeltà.
Non può sostituire l’informazione con il consenso.
La domanda finale è semplice, ma inevitabile:
Crotone ha ancora una comunicazione istituzionale o solo un ufficio propaganda?
Il sindaco che utilizza la pagina del comune a suo uso e consumo dovrebbe dirlo completamente.
E i cittadini, fino a quando accetteranno di essere spettatori invece che destinatari di un servizio pubblico?
Domande scomode, forse.
Ma necessarie, se si vuole ancora parlare di democrazia e non solo di immagine.