Il “Due Mari” al centro della guerra tra cosche. E’ sotto sequestro ma continuerà la sua attività

“Un esempio tipico di mafia imprenditoriale, capace, di avvalersi anche di un fittissimo reticolo di imprese sia in territorio calabrese che nazionale, intestate o comunque riconducibili ad esponenti della famiglia, operanti nel settore delle costruzioni e segnatamente in quelli delle forniture e del movimento terra, ma anche in altri campi commerciali”.

Questa è la cosca Iannazzo di Lamezia Terme per gli investigatori che così hanno commentato l’operazione che oggi ha portato al maxisequestro di beni per 500 milioni di euro tra cui un centro commerciale e diverse altre attività imprenditoriali.

L’indagine della Guardia di finanza del Gico di Catanzaro è partita da un lato dalle decine di persone denunciate dalla Polizia di Stato nel corso di attività investigative e dall’altro da approfondimenti sull’imprenditore Francesco Perri, ritenuto vicino alla cosca di ‘ndrangheta.

In particolare, nell’ambito dell’operazione denominata “Nettuno”, sono stati eseguiti accertamenti bancari, intercettazioni e riscontri alle dichiarazioni dei collaboratori di giustizia nei confronti di personaggi verticistici del gruppo criminali tra i quali Antonino Davoli, Pietro Iannazzo (figlio di Francesco Iannazzo, morto in un agguato di stampo mafioso nei primi anni ’90) e Antonio Provenzano. Il patrimonio sequestrato oggi è costituito da molteplici rapporti bancari; 92 immobili; 27 autoveicolo/motocicli, 25 quote societarie e 25 complessi aziendali riferibili a 16 attività d’impresa, molti dei quali riconducibili al gruppo Perri.

iannazzi

La storia della realizzazione dell’imponente centro commerciale “Due mari”, sequestrato oggi dalla Guardia di finanza, è legata a doppio filo alla guerra tra cosche che insanguinò Lamezia Terme a partire dal 2003.

La grande struttura realizzata dall’imprenditore Antonio Perri tra Catanzaro e Lamezia Terme, lungo la statale 280 detta appunto “dei Due mari”, determinò nuovi assetti che avrebbero spostato l’epicentro dell’economia locale dal centro di Lamezia Terme. Decine di commercianti, a seguito della realizzazione del centro commerciale, avrebbero trasferito le loro attività in quella zona e quindi sarebbero passati sotto il controllo della cosca Iannazzo. Un cambiamento che sottraeva alla cosca Torcasio, egemone nella zona di “Capizzaglie” di Lamezia, la possibilità di controllare le estorsioni. Dapprima cercarono di impaurire i commercianti con telefonate minatorie ma, non ottenendo risultati, decisero di mandare un segnale forte.

Fu per questo motivo, secondo la ricostruzione degli inquirenti, che Antonio Perri, 71 anni, fu ucciso il 10 marzo del 2003 mentre si trovava nel supermercato “Atlantico”. Fu proprio l’omicidio dell’imprenditore che fece da “detonatore” della guerra di mafia che culmina con l’assassinio di due esponenti di vertice dei Torcasio, Antonio e Vincenzo.

Come risposta ai due omicidi venne trafugata la bara di Antonio Perri, con la successiva richiesta di un riscatto di 150 mila euro per la restituzione. La salma verrà ritrovata dalla polizia il 21 marzo 2008, seppellita a 50 metri dalla strada dei Due Mari. È in questo contesto che si sarebbe consolidato il rapporto tra la cosca Iannazzo e l’imprenditore Francesco Perri, figlio di Antonio, e nuovo titolare del centro commerciale “Due Mari” arrestato nel maggio scorso, con l’accusa di associazione mafiosa, nell’ambito dell’inchiesta “Andromeda” della Dda di Catanzaro.

E proprio il centro commerciale “I Due Mari”, uno dei beni sequestrati dal Nucleo di polizia tributaria della Guardia di finanza di Catanzaro non sarà chiuso, né ci sarà alcuna interruzione della sua attività.

Secondo quanto ha riferito la Dda di Catanzaro, che ha chiesto ed ottenuto dal Gip l’emissione del provvedimento di sequestro, é stato già predisposto un “pool” di professionisti che curerà l’amministrazione del centro commerciale, che potrà proseguire così regolarmente la sua attività.

L’inchiesta che ha portato al sequestro dei beni é stata condotta dal pm della Dda Elio Romano sotto le direttive del procuratore della Repubblica facente funzioni, Giovanni Bombardieri.