Il sindaco e la statua di Rango e Foggetti nel cuore di San Vito

La statua di San Francesco di Paola (foto newsdicalabria.com)

Visto e considerato che l’argomento “statue sacre” è diventato virale sulla rete (i giornali ormai non li compra e non li legge più nessuno), andiamo doverosamente a raccontarvi una storia-simbolo legata alla fede religiosa.

Quello che scriveremo da qui a poco, in un certo senso, dà ragione alla chiave di lettura del sindaco Occhiuto, secondo il quale queste statue sacre a volte “sono frutto di atti della criminalità”. Ma nello stesso tempo, ci dà l’esatta misura di quanto sia viscido e soprattutto squallido.

Ma passiamo ai fatti.

Nel mese di luglio del 2014, quando Maurizio Rango e Adolfo Foggetti giravano ancora per le strade di Cosenza e soprattutto nella zona del villaggio rom di via degli Stadi, avevano avuto la brillante idea di fare installare nel cuore del rione San Vito una statua di San Francesco di Paola.

Dopo qualche giorno, da quella statua in molti vedevano distintamente fluire lacrime copiose. Era stato il collega Matteo Dalena a rivelarlo con uno scoop su “Libera Informazione” e da qui alle analisi sociologiche il passo era stato breve.

A qualche mese di distanza, quando Rango e Foggetti vennero arrestati, in molti hanno pensato che quei provvedimenti restrittivi darebbero alle lacrime di luglio 2014 sul volto del Santo Francesco un valore marcatamente “sociale”, come ebbe a sostenere l’antropologo Luigi Lombardi Satriani nella stessa intervista di Dalena a “Libera Informazione”.

“E’ sempre possibile – sosteneva Lombardi Satriani – che un delinquente usi i valori iconici e le ritualità tradizionali per legittimare e legittimarsi”.

Il senso è quello di una continua ricerca di prestigio, status, predominio, rispettabilità, per cui Santo e boss verserebbero le medesime lacrime. Da qui il titolo, più significativo che mai: “Le lacrime del boss sono quelle del Santo”. Ma forse era soltanto un segnale.

Sì, perché appena qualche mese dopo quelle lacrime, Adolfo Foggetti si è pentito…

Tornando invece al sindaco Occhiuto, che si riempie la bocca del termine “criminalità”, perché non va a demolire quella statua, che sicuramente non è stata autorizzata da nessuno, né tantomeno da lui?

Paura o coda di paglia? Ai posteri l’ardua sentenza.