Dopo avere incassato 27 milioni al botteghino ed essere entrata nella top ten dei film italiani più visti di sempre, Paola Cortellesi finisce pure sul New York Times in un articolo intitolato «Il film di un’amata comica sugli abusi domestici attira gli italiani in massa». L’articolo del quotidiano statunitense analizza il successo di C’è ancora domani, il film di Cortellesi arrivato lo scorso ottobre nelle sale cinematografiche e che si è trasformato in pochi giorni in un caso nazionale, accendendo i riflettori sul tema della violenza domestica contro le donne. «Certamente sono sorpresa», commenta la regista, aggiungendo di essere «soddisfatta» del suo lavoro. Secondo Cortellesi, la popolarità del film è legata al fatto di «aver toccato un nervo scoperto del Paese», ovvero il tema degli abusi domestici. E per raccontare questo tema, scrive il New York Times, C’è ancora domani riesce a essere allo stesso tempo straziante ed edificante.
La vicenda è ambientata nel 1946, in una Roma ancora alle prese con la povertà e le conseguenze della seconda guerra mondiale. «Ho voluto realizzare un film contemporaneo ambientato nel passato, perché penso che purtroppo molte cose siano rimaste le stesse». A dare un’ulteriore spinta al film sono stati anche alcuni casi di cronaca, a partire dal femminicidio di Giulia Cecchettin, che hanno riportato il tema della violenza di genere sotto i riflettori mediatici. E forse è proprio il legame tra i casi di cronaca più recenti e quelli raccontati nel film di Cortellesi ad aver spinto molti spettatori a riversarsi nei cinema di tutti Italia per vedere C’è ancora domani. «Naturalmente ci sono stati dei progressi, sono cambiati i diritti, sono cambiate le leggi, ma non del tutto, non nella mentalità», osserva Chiara Tognolotti, docente di Storia del cinema italiano all’università di Pisa. Secondo l’esperta, il film di Cortellesi esplora la tensione tra la «struttura patriarcale su cui si basa la società italiana» e il desiderio di riconoscere l’importanza del ruolo sociale delle donne. Un’importanza che «di fatto già esiste», precisa Tognolotti, ma non sempre viene riconosciuta.