di Pasquale Rossi
La foto-velina mostra un evento difficilmente ripetibile: l’incontro fra due inarrivabili cazzari quali Super Mario, il sindaco più cazzaro d’Italia e Roberto Giacobbo, più comunemente conosciuto come Kazzenger, grazie alla splendida gag di Maurizio Crozza.
Bisogna dire che i due, oltre alla qualità sopra citata, hanno in comune anche la loro condizione lavorativa: sono pagati dai cittadini, uno come sindaco e l’altro come autore e conduttore per la Rai.
La foto-velina li mostra a cena o a pranzo mentre parlano fitto fitto – gomiti sulla tavola imbandita, ovviamente – di chissà quale interessante e complesso argomento. Ma noi cosentini sappiamo già, a nostre spese, di cosa parlano in questo summit di altissimo livello: la gran bufala del tesoro di Alarico.
Quel che colpisce è, inoltre, il tempismo perfetto con il cazzaro aveva dato appuntamento a Kazzenger, lo riportano le cronache, martedì 7 giugno 2016 e cioè due giorni dopo il primo turno delle elezioni. Come faceva a sapere che avrebbe potuto ricevere il conduttore televisivo in qualità di sindaco rieletto per farsi fare il consueto “marchettone” su Alarico? Capacità divinatorie di Super Mario? Fatto sta che Giacobbo, puntuale, inizia a Kazzengerare per la città ed il suo territorio alla ricerca del leggendario tesoro che dovrebbe trovarsi nell’altrettanto leggendaria tomba del re dei goti.
E dove la cerca? A Mendicino, se dobbiamo fidarci delle anticipazioni-veline pubblicate sugli organi di stampa (si fa per dire). E che c’entra Mendicino, si chiederanno i lettori, con la tomba del barbaro invasore nel Busento?
A Mendicino perché, alcuni anni orsono, due fratelli che di mestiere facevano i macellai, absit iniura verbis, avevano insistentemente asserito, tramite persino interrogazioni parlamentari, che la tomba, e quindi il tesoro di Alarico, si trovasse in una grotta scavata nel costone di una collina ai piedi della quale scorre il Busento.
A testimonianza della veridicità della loro geniale intuizione portarono l’inequivocabile prova che, di fronte alla sunnominata grotta, si trovasse un’altra collina sulla quale era incisa una gigantesca croce che doveva fungere come segnale della sepoltura del biondo re barbaro. Nonostante che la già labilissima testimonianza di Iordanes riporti come luogo della morte e della sepoltura la città di Cosenza, nonostante che questa grotta, ricadente nel comune di Mendicino, sia ben lontana dalla città, la Soprintendenza Archeologica, sollecitata dai due appassionati tramite politici loro amici, fece alcuni sopralluoghi e, persino, una prima indagine conoscitiva del sito senza, ovviamente, trovar nulla che fosse lontanamente riconducibile ad Alarico, al suo tesoro, ai goti e al periodo della tarda antichità, V secolo d.C., nel quale muore il barbaro.
Perché, allora, continuano a cercarlo lì? Forse perché, come molti di voi sanno, Super Mario ha provato a scavare, con le ruspe, nel fiume, ma gli è andata male perché l’allora direttore generale del Mibact, Famiglietti, gli bloccò i ridicoli lavori di ricerca con la motivazione che il sindaco non aveva nemmeno richiesto l’autorizzazione.
Forse perché il cazzaro non sa come riprendere il discorso e i lavori su Alarico e conta, per tornare sulla cresta dell’onda, sul “marchettone” che gli farà il suo omologo Kazzenger?
Spera, in tal modo, di riaccendere la curiosità su una vicenda così ridicola che non gli avalla nemmeno quel genio del marketing del suo assessore Sgarbi? Spera che si continui a parlare di questa leggenda che ci ha già coperto di ridicolo sui principali giornali del mondo (il Corriere della Sera, il Time ed il Telegraph hanno preso, sapendo leggere, per i fondelli Occhiuto e questa sua smania alariciana)?
Perché la regola occhiutesca, e dei suoi servi sciocchi, è che di Cosenza si deve parlare, bene o male non importa, ma purché se ne parli. Super Mario, insieme alla maggior parte dei cosentini, soffre, come ho già avuto modo di scrivere, di un inferiority complex piccolo borghese, che lo spinge a voler dimostrare che, al contrario di quello che pensano gli altri, si è capaci di fare grandi cose, trasformando la propria assenza, inconscia, di autostima, in manifestazioni e, nei casi clinicamente più gravi, in delirio di onnipotenza.
Vuole, vogliono, che si parli di Cosenza e che se ne parli senza troppo sforzarsi nel, per esempio, ristrutturare il centro antico della città o, per fare un altro esempio, rammendare urbanisticamente la città nuova con la vecchia e risanare le periferie popolari o, anche, a portare l’acqua corrente, tutti i giorni e per tutto il giorno, nelle case dei cosentini.
Ci si vuole “vaviare” a poco prezzo, “vavusi” gratuitamente.