Klaus Davi, la ‘ndrangheta valla a cercare da quelli che ti pagano per fare il buffone

So bene che quello che sto per scrivere forse sarà impopolare, forse sarà ancora più “forte” di quello che giornalmente scrivo attraverso questo media fuori dagli schemi, ma, credetemi, non ce la faccio più.

Non passa settimana che il celeberrimo massmediologo Klaus Davi, un uomo che ha le mani in pasta dappertutto e che appare su tutti i media italiani o con la sua faccia o con i suoi scritti, non denunci di essere stato aggredito da qualcuno in Calabria.

Un paio di volte a Reggio Calabria, adesso a Vibo Valentia, domani chissà. E si lamenta pure che i magistrati non puniscono chi gli ha mollato un paio di ceffoni su quella faccia da schiaffi che ha.

Diciamocelo francamente, anzi ve lo dico francamente: è difficile trovare in TV un “opinionista” insulso come Klaus Davi. Saccente, presuntuoso e inconcludente. In poche parole, il nulla.

E così il massmediologo di origini elvetiche ha realizzato il proprio sogno: diventare un giornalista eroe. Grazie ad una televisione, LaC News, che ha un editore che viene da Limbadi, il regno dei Mancuso. Che lui, Klaus Davi, si guarda bene dall’andare a toccare. Avete sentito una sola parola sull’editore Maduli beccato con due mafiosi mentre cerca accordi di potere? Avete sentito una sola parola sulla pubblicità “mafiosa” del Gruppo Pubbliemme che campeggia sui muri di tutte le città calabresi e che finalmente qualche servitore fedele dello stato sta oscurando?

Altro che “Intoccabili” (il titolo della sua trasmissione nella televisione calabrese).

Klaus Davi fa finta di non sapere che la televisione per la quale collabora è gestita completamente dal PD calabrese, che la foraggia in maniera sfacciata e vergognosa. Che cosa deve “mafiare” Davì se la mafia del PD ce l’ha direttamente negli studi nei quali fa il pavone? E lo pagano pure…

Perché non va ad indagare su tutti i milioni e milioni di fondi europei che i deputati del PD calabrese hanno scialacquato e dissipato nel corso degli ultimi trent’anni? Ci sono cose che si possono fare e cose che non si possono fare, cose che si possono dire e cose che non si possono dire. E questo sarebbe un grande giornalista?

Uno di quelli duri, coraggiosi, pronti a tutto pur di raccontare?

Davi, che cosa vuoi dalla Calabria? Vuoi farti mettere sotto scorta per darti un tono?

La Calabria non ha bisogno di giornalisti di importazione che “combattono” a chiacchiere la ‘ndrangheta. Ce ne sono tanti nati e cresciuti in Calabria che lo fanno ogni giorno e tu, Klaus Davi, sei solo un pagliaccio prezzolato che viene a raccogliere soldi per tenere il sacco alla parte peggiore del PD, ovvero la feccia della società. Altro che eroe!

Ha ragione Michel Dessì, che attraverso il suo blog su “Il Giornale” lo ha dipinto mirabilmente.

“… L’aggressione a Klaus Davi era prevedibile. Scontata. Da qualche tempo, infatti, il massmediologo gira per la Calabria armato di microfono e telecamera a caccia di falsi scoop. Di interviste “forzatamente esclusive” a parenti e amici di presunti ‘ndranghetisti.
Ad alcuni. Altri, invece, anche per lui sono “intoccabili”. Nessuno può disturbarli, tantomeno il Davi nazionalpopolare, che è arrivato in Calabria in cerca di scorta e notorietà. Non come quella conquistata grazie allo sgabello posizionato per lui nelle seconde file delle arene televisive. La notorietà a distanza, evidentemente, non lo soddisfa più. Ora cerca più ampi territori. Magari un orizzonte tutto suo nei futuri palinsesti Rai. Magari un programma comico sulla ‘ndrangheta, visto che lui, in barba alle grandi indagini delle Procure, i latitanti li va a cercare con un numero verde. È da ridere, per non piangere”.

Davi, dammi retta, tornatene da dove sei venuto e, detto alla calabrese, non romperci i coglioni. A Cosenza “cugliuni”, a Crotone “cugghjun”, a Reggio, Vibo e Catanzaro “cugghiuna”. Così impari anche un po’ di dialetto. Che non fa mai male.

Il tuo è tutto sala trucco e telecamera accesa. E tanti soldi che continui a prendere da gente corrotta e impresentabile alla faccia dei calabresi onesti.

Gabriele Carchidi