La mafia cinese nella gestione della plastica riciclata? (di Fabio Menin)

LA MAFIA CINESE nella gestione della plastica riciclata negli ultimi 15 anni in Italia?

di Fabio Menin

Gli incendi ripetuti di capannoni industriali ove erano accumulati scarti di plastica riciclata o riciclabile che si stanno succedendo da Nord verso Sud, stanno piano piano mettendo a nudo aspetti poco conosciuti del sistema di riciclaggio dei rifiuti presente e vigente in Italia da molti anni.
Il maggior riciclatore che ha divorato migliaia di tonnellate di plastica riciclata italiana non sarebbero aziende che riutilizzano questi materiali per fare altri oggetti, (che pure ci sono , ma sono una minoranza), ma sarebbe nientedimeno che la Cina.

In Cina da molti anni sembra che siano state sotterrate clandestinamente enormi quantità di plastiche da riciclo (mischiata probabilmente a rifiuti di altro genere, quindi potenzialmente tossici) in discariche abusive e illegali, che avrebbero causato diversi problemi di inquinamento.
Tale operazione potrebbe essere stata gestita anche dalla mafia cinese, che a quanto pare avrebbe buone relazioni con l’Italia, ma che ora comincia ad essere esclusa da questo traffico, perché il governo cinese ha deciso di smettere con l’importazione di plastiche riciclate occidentali.

Ecco quindi che gli industriali italiani dediti a questo tipo di commercio con l’oriente per molti anni, avrebbero perseguito non il riciclaggio della plastica, ma la dismissione illegale in discarica della plastica riciclata, e noi cittadini che l’abbiamo fatto per tanti anni, almeno in parte siamo stati ingannati da molte ditte che hanno praticato questo tipo di commercio.
La questione dovrà essere chiarita dagli inquirenti italiani che stanno indagando sugli incendi avvenuti in Italia, soprattutto negli aspetti quantitativi, cioè capire: quanti rifiuti sono stati smaltiti con l’esportazione in Cina e quindi i consorzi di riciclaggio delle plastiche quale attività effettiva in tal senso hanno svolto?

E’ questo un bel dilemma, perché ci sono dietro interessi economici non di poco conto, poiché l’Italia da tempo persegue una politica di produzione di imballaggi anche plastici e non di riduzione degli imballaggi stessi.
Io pongo degli interrogativi, naturalmente, agli inquirenti, e soprattutto al governo starebbe il compito di approfondire tutti gli aspetti del problema con l’apporto indispensabile della magistratura, ma io auspicherei anche delle forze imprenditoriali sane, che non possono che condividere una lotta per la salvaguardia concreta dell’ecosistema terrestre e la riduzione dell’inquinamento da plastiche.
Ritengo che pure la commissione antimafia dovrebbe occuparsi del problema, se non lo sta già facendo (assieme alle procure antimafia già all’opera).