Fonte: ‘U Ruccularu
La sera del 9 maggio 2025, tramite un post Instagram, il governatore della Calabria Roberto Occhiuto ha annunciato l’arrivo «stanotte in Calabria di altri 48 medici da Cuba». Ha salutato i nuovi arrivi con un “caloroso benvenuto” e un sincero «grazie per il lavoro che svolgerete al fianco dei nostri operatori sanitari». Con questo invio il totale dei professionisti cubani nel servizio sanitario calabrese salirebbe a 373, secondo i dati forniti dallo stesso Occhiuto. Nel comunicato regionale, il presidente dipinge la sanità calabrese come un “servizio rafforzato” grazie a questa «cooperazione internazionale al servizio della salute pubblica» e definisce i medici cubani «una risposta efficace e immediata» laddove mancherebbero specialisti italiani.
Tuttavia, dietro la celebrazione si celano molte ombre. Da anni la Calabria è commissariata per la sanità: Occhiuto infatti è contemporaneamente presidente di Regione e commissario ad acta per l’emergenza ospedaliera calabrese. In pratica, il governo centrale gli ha conferito poteri straordinari per sbloccare cantieri PNRR e investimenti sanitari; si parla di uno «stato di emergenza» richiesto dallo stesso governatore, solitamente riservato a calamità naturali, per accelerare la costruzione di nuovi ospedali. L’ordinanza del capo della Protezione Civile Fabio Ciciliano (marzo 2025) conferma Occhiuto quale commissario delegato per attuare «procedure acceleratorie volte a consentire la rapida costruzione dei nuovi nosocomi». Lo stesso Occhiuto si è spinto a promettere che «entro poche settimane» uscirà dal commissariamento, dipingendo i provvedimenti straordinari come prova dell’imminente svolta. L’Indipendente sottolinea infatti che il governo ha dichiarato l’emergenza «su richiesta» della Regione, definendola «un provvedimento straordinario… ora necessario per affrontare una crisi strutturale».
Tuttavia l’estensione del regime commissariale ha sollevato dubbi legali. La CISL Medici ha denunciato che il DCA 434/2024 – che proroga per soli 45 giorni i commissari di Azienda – è un vero «guazzabuglio surreale». Infatti, con lo “scadere” del Decreto Calabria (finanziamenti straordinari per il 2024), l’unica norma che avrebbe consentito di rinviare le nomine ordinarie è un vecchio decreto del ’94 per calamità, che ammette solo atti amministrativi ordinari. Ciò significa che eventuali nuovi concorsi o nomine decisi dai commissari prorogati potrebbero essere dichiarati nulli. In sostanza, secondo i sindacati questa lunga sequela di proroghe commissariali appare come un escamotage per evitare procedure di selezione pubblica trasparenti.
Concorsi andati deserti: perché i medici italiani non arrivano
Occhiuto giustifica il ricorso ai cubani denunciando da tempo lo «scandalo» di concorsi sanitari vuoti. In un’intervista di agosto 2022 riportata da Doctor33, il presidente calabrese elenca decine di gare per medici rimaste a bando deserto: pochissimi candidati, che poi spesso non si presentavano alle prove, vincitori che rifiutavano il posto. Ad esempio, un concorso a Reggio Calabria per 8 posti in Medicina d’emergenza è stato disertato da tutti i candidati; un altro in anestesia non ha visto neanche un partecipante; gare analoghe a Vibo e in altre ASP sono finite nel nulla. «In Calabria non è abbastanza attrattiva», conferma il D.G. regionale intervenuto in aprile 2025, spiegando che un giovane medico specializzato «preferisce strutture più qualificate e all’avanguardia». Secondo questi dirigenti, la regione deve «creare un sistema di incentivi per assumere più medici, con concorsi a tempo indeterminato» e coinvolgere persino il Dipartimento della Funzione Pubblica per supportare i bandi (per esempio affidando le assunzioni a Formez).
In parole più drammatiche, Occhiuto ha rivendicato di non poter «stare con le mani in mano» quando reparti rischiano di chiudere. «Ho dovuto cercare tutti gli strumenti possibili per garantire ai calabresi il diritto alla salute… per questo ho voluto l’accordo con i medici cubani: una sola vita salvata per un medico in più in un ospedale vale più di mille polemiche». Questa narrativa della «perseveranza» e della vita salvata è parte essenziale della sua retorica emergenziale. Ma i medici italiani e i sindacati ribattono che affidarsi ai «cugini cubani» è un palliativo, non una riforma strutturale.
Reazioni di sindacati e Ordini: «misura tampone» e perplessità sulla qualità
Dal mondo della medicina italiana sono arrivati molti segnali di inquietudine. La Federazione Nazionale degli Ordini dei Medici (FNOMCeO) già nell’estate 2022 definiva l’accordo con Cuba «una soluzione tampone, che capisco, ma non deve essere la regola». Il presidente FNOMCeO Filippo Anelli ammoniva che prima di ricorrere a medici stranieri era «necessario provare a trovare risorse interne, penso ai pensionati oltre che agli specializzandi». Il sottosegretario Pierpaolo Sileri, intervistato a Radio Cusano Campus, aveva fatto eco: togliere il numero chiuso a Medicina (per formare più dottori) non risolverebbe il problema senza cure adeguate. L’ANAOO (sindacato dei medici ospedalieri) ha parlato di «fantasia creativa delle Regioni» nel trovare «provvedimenti estemporanei, dal vago sapore elettorale». Secondo questo sindacato, l’intesa con Cuba è costata 3.500 € mensili più 1.200 € di rimborso spese a medico, «costi non leggeri», senza contare le difficoltà pratiche – dalla formazione linguistica alla responsabilità legale per cure erogate – di integrare professionisti formati in un sistema sanitario assai diverso.
Pure i medici calabresi locali hanno sollevato obiezioni. I cinque presidenti degli Ordini medici e odontoiatri regionali, in una lettera di settembre 2022, esprimevano «forti perplessità… in particolare in merito alle garanzie di qualità nell’assistenza» offerta da sanitari stranieri ai pazienti calabresi. Queste preoccupazioni sono state riprese a livello nazionale: la FNOMCeO ha scritto a Mattarella chiedendo di rivedere la normativa emergenziale che bypassa l’iter ministeriale di riconoscimento dei titoli. Anelli ha avvertito che continuare a usare la «deroga introdotta per l’emergenza Covid» ben oltre il 2023 «desta notevoli perplessità» perché attenua le tutele ordinarie della sicurezza delle cure. In sostanza, secondo i medici italiani una figura con laurea conseguita all’estero dovrebbe comunque passare per controlli ministeriali e prova di idoneità, e usare scorciatoie rischierebbe di abbassare gli standard assistenziali.
A livello politico, l’opposizione grillina e del centrosinistra ha attaccato la Giunta Occhiuto. In consiglio regionale la capogruppo PD Amalia Bruni ha chiesto conto di quale sia il «piano sanitario» della Giunta, lamentando che «i calabresi continuano a curarsi fuori regione». E ha sottolineato l’ironia della situazione: «Ha portato i cubani ma si è fatto operare da un medico privato in una struttura pubblica», ha affermato Bruni, accusando in pratica Occhiuto di appoggiare la sanità privata mentre chiama i medici dai paesi poveri. Anche il M5S con il consigliere Tavernise ha ribattuto che «per una colonscopia in Calabria ci vuole un anno», segno del degrado corrente del servizio pubblico. In sintesi, per molti l’annuncio dei medici cubani finisce per alimentare dubbi di favoritismi e contraddizioni, anziché risposte concrete.
Il contratto con Cuba: costi reali e flussi finanziari
Al centro del dibattito è finito anche il contenuto dei contratti stipulati. L’intesa di agosto 2022 prevedeva un compenso lordo di €4.700 al mese per ciascun medico cubano distaccato in Calabria. Tuttavia la parte «operativa» dell’accordo – resa pubblica dall’analisi ONU – chiarisce che la Regione verserà al medico soltanto 1.200 € mensili, trattenendo i restanti 3.500 € per farli confluire alla «Comercializadora de Servicios Médicos Cubanos S.A.» (CSMC S.A.), società statale cubana che gestisce il reclutamento. In altre parole, su quei 4.700 € complessivi il personale sanitario cubano ne percepisce effettivamente circa un quarto, mentre circa l’80% dello stipendio lordo alimenta le casse del regime di L’Avana.
La Comercializadora è un organo del governo cubano dedicato a esportare manodopera medica; rappresenta per Cuba una grande fonte di introiti (nel 2018 aveva raccolto 6,2 miliardi di dollari a livello globale). L’ONU ha bollato la disparità salariale come sproporzionata, rilevando che «1.200 euro lordi è considerato insufficiente per la sussistenza in Italia». Segnala quindi il rischio che i medici cubani lavorino in condizioni analoghe alla «tratta di esseri umani» o «schiavitù moderna», vista l’ossessiva deduzione sui loro stipendi.
Queste criticità giuridiche ed etiche hanno generato denunce formali. Alla fine del 2023 ONG spagnole (Prisoners Defenders) e il relatore ONU Obokata hanno inviato segnalazioni al governo italiano: il timore è che le clausole contrattuali – inclusa una condizione di licenziamento per «perdita dell’integrità morale» – possano violare i diritti fondamentali dei medici cubani. La Nuova Calabria ha reso noto che il contratto firmato dall’estate 2022 è oggetto di una richiesta di indagine presso la Corte penale internazionale, con accuse a carico delle autorità calabresi di reati gravissimi come «tratta di esseri umani, schiavitù» e altri crimini contro l’umanità. Anche il quotidiano Il Foglio e La Nuova Calabria hanno denunciato lo scandalo: lo stipendio lordo è di 4.700 €, ma «a conti fatti ne vanno solo 1.200» ai medici, mentre il resto gonfia i profitti della CSMC S.A. e del regime cubano.
Non mancano voci a difesa della cooperazione. Alcuni colleghi calabresi hanno raccontato di aver ricevuto i cubani con scetticismo e poi di averli stimati – per competenza e zelo – una vera «boccata d’ossigeno». Lo stesso Occhiuto ha più volte ripetuto che «non lo dico io, ma i medici italiani che lavorano con i cubani e i pazienti calabresi» affermano che l’esperimento è stato positivo. A Polistena il direttore sanitario Francesca Liotta conferma il contributo di «entusiasmo» portato dalle brigate cubane e li ringrazia per aver «ravvivato lo spirito di squadra».
Ma Liotta avverte anche dell’intrinseca temporaneità della soluzione: «L’esperimento è stato positivo – ammette –, ma non ci sono abbastanza persone che entrano nel sistema pubblico. Io guardo i giovani specializzati e sono ben preparati, ma esausti. I cubani hanno aiutato, ma mi preoccupa quello che accadrà dopo il 2025». È la domanda che aleggia infine su questa inchiesta: se al termine dell’emergenza i medici esteri lasceranno il sistema, con cosa saranno sostituiti? In assenza di cure profonde alla sanità calabrese (valutazione del fabbisogno, rilancio degli investimenti, miglioramento delle condizioni di lavoro), ci si domanda se non si stia semplicemente rimbalzando la crisi nel futuro.
Conclusioni: ossigeno o illusione?
In definitiva, l’arrivo di altri 48 cubani si inserisce in una storia lunga e controversa. Da un lato viene presentato come atto di eroismo volto a tamponare una carenza storica. Dall’altro solleva quesiti inquietanti: poche regole valgono più di una vita salvata? Un pronto soccorso funzionante dipende da ingenti acquisizioni d’urgenza e da personale straniero?
I dati ufficiali e le inchieste giornalistiche mostrano che la soluzione cubana non è economica (3.500 € al mese in uscita pro capite) e aggira i normali controlli italiani. Medici e sindacati italiani avvertono da mesi il rischio che, una volta al netto dell’emergenza, resteranno solo problemi irrisolti. Per ora Occhiuto incassa l’esperienza come un successo – «non mi arrendo», dice con orgoglio – ma i critici continuano a fare notare che il vero banco di prova sarà il «dopo». Se non cambiano radicalmente le regole dell’attrattività professionale e dell’organizzazione sanitaria, la Calabria continuerà a essere il fanalino di coda nazionale, costretta a rivolgersi a soluzioni estreme. Per i cittadini e per i medici calabresi, l’auspicio è che la vita salvata sia davvero più di mille polemiche – e non il prezzo di un fallimento pubblico prolungato nel tempo.