La procura di Cosenza lancia l’allarme: in città non solo ‘ndrangheta, c’è anche la Mafia

Senza l’enorme lavoro investigativo prodotto in questi ultimi mesi dall’efficiente procura di Cosenza, in materia di contrasto alle organizzazioni criminali, oggi i cosentini non saprebbero che in città, purtroppo, oltre alla ‘ndrangheta, c’è pure la Mafia. È solo grazie al meticoloso lavoro svolto da arguti investigatori come il dottor Cozzolino e la dottoressa D’Andrea, non senza pericolo, se oggi sappiamo questo. Dall’imponente lavoro investigativo dei due inquirenti, svolto sotto la responsabile e scrupolosa guida del Gattopardo, emerge uno spaccato criminale che desta sincero allarme: nuove Mafie operano in città. E i picciotti che le compongono non parlano siciliano. Anche a queste latitudini, come succede nelle grandi città occidentali, è accertata la presenza della pericolosissima Mafia Africana, della temutissima Triade cinese, della violenta Mafia rumena, e da ieri si aggiunge anche la feroce Mafia bengalese. Non abbiamo ancora riscontri sulla presenza della Mafia russa in città, attendiamo sviluppi investigativi.

La vacatio criminale che si è venuta a creare dopo l’operazione Reset, deve aver invogliato i malandrini importati a farsi avanti. E lo confermano le serrate e pericolosissime indagini condotte dai due coraggiosi pm che hanno filmato l’attività criminale dei nuovi e colorati delinquenti, in zone centrali della città, elette a loro roccaforte. Appostamenti, intercettazioni, pedinamenti, e tante notti insonne, per comporre un quadro probatorio che non lascia spazio a dubbi: a Cosenza la Mafia esiste, un po’ colorata rispetto al solito, ma sempre Mafia è… e per un buon investigatore un mafioso è sempre un mafioso, indipendentemente dal colore della pelle. E che tali sono lo dimostra la conclamata e documentata operosità criminale posta in essere, con metodi mafiosi, dai colorati picciotti, riscontrata dai due impavidi magistrati nell’attività investigativa che ha generato diversi blitz contro le nuove e colorate mafie, ponendo fine ai loro loschi traffici.

La situazione, a leggere le corpose ordinanze emesse nei confronti dei tanti mafiosi etnici, su richiesta dei due pm, è la seguente: la Mafia Africana, in questo caso parliamo dell’Africa nera, si è specializzata nella vendita al dettaglio di quello che i fumatori di hashish definiscono “il puzzone”. Una scarsissima qualità di “fumo”, che la pericolosissima mafia dei neri è costretta ad acquistare dai clan locali. Il favoloso guadagno di ogni singolo pusher si aggira sui 15/20 euro al giorno, tolte le spese. Vale a dire un pasto caldo in un locale etnico. Un criminale business di primaria importanza per la mafia africana, sempre più radicata in città, che il dottor Cozzolino, per nostra fortuna, è riuscito per il momento a fermare. Un duro colpo allo spaccio in città, non c’è dubbio.

Ma non è il solo colpo messo a segno dall’affiatata squadra di pm cosentini, con i volponi della procura ha dovuto fare i conti anche la Triade cinese che, non operando più nel tarocco tessile e di qualsiasi altra cosa, ha convertito i capannoni utilizzati prima come fabbriche clandestine, in serre per la coltivazione indoor della marijuana. Anche nei nostri territori. E lo conferma il sequestro, in vari fasi, con brillanti operazioni, di quasi 600 chili di marijuana pronta per essere smerciata. Ma non in Calabria, e neppure in Italia, destinazione Olanda. Alla ‘ndrangheta non piace la concorrenza. La marijuana prodotta dai cinesi nei capannoni abbandonati è di ottima qualità – agli olandesi, che di fumo ne capiscono, non si può vendere il puzzone -, e questo, se immessa nel mercato locale, creerebbe seri problemi di concorrenza allo spaccio del “puzzone” che i clan locali acquistano per pochi spiccioli al chilo, con immense previsioni di guadagno, e che impongono di spacciare ai neri. I cinesi, perciò, possono venire a produrre ottima erba nei capannoni abbandonati anche da noi, basta pagare la stecca su ogni produzione, e smerciare la “roba” lontano dagli interessi della ‘ndrangheta. Diciamo che questo ha smascherato la Triade cinese a Cosenza, ma non ha fermato lo spaccio di droga in città, dato che i cinesi spacciavano in Olanda. Il che nulla toglie alla brillante operazione investigativa.

Da ieri apprendiamo, inoltre, che in città è presente anche la Mafia bengalese. Una feroce banda che opera principalmente nella contraffazione di documenti e nell’estorsione alle bancarelle. Una attività criminale che può avvenire solo con la complicità di italianissimi professionisti e imprenditori imbroglioni, e sempre sotto la supervisione di qualche clan. Il mercato dei permessi di soggiorno, così come quello sui “contribuiti farlocchi” per i braccianti agricoli, è da sempre gestito dalla ‘ndrangheta. Che utilizza qualche malandrino di importazione come mediatore, che spesso finisce in manette al posto loro. La conquista di uno spazio per la bancarella in centro, è da sempre oggetto di “scontro” tra venditori ambulanti. Non è certo una novità la “cessione” di uno spazio, magari occupato da anni, dietro pagamento, tra venditori ambulanti, è la legge della strada. Una legge che un pm come la D’Andrea non può certo riconoscere. E bene ha fatto a porre fine a questa odiosa prepotenza.

In tutto questo una cosa la possiamo affermare: a Cosenza, dopo questi clamorosi risultati investigativi, nonostante i tanti problemi ancora da risolvere, almeno la Mafia (quella di tutti i colori) è stata sconfitta. Per la ‘ndrangheta si stanno attrezzando. Una cosa per volta.