La “rivoluzione” si è fermata a Catanzaro (di Pino Commodari)

La “rivoluzione” si è fermata a Catanzaro

di Pino Commodari – Componente di Calabria Resistente e Solidale

(“Sono rimasto fedele ai miei ideali di gioventù. Ho iniziato la mia milizia comunista nel 1943, da questo punto di vista, non mi è accaduto, e questa la considero, forse, la più grande fortuna della mia vita, di seguire quella famosa legge per cui si è rivoluzionari a 18 anni, a 20 anni, poi si diventa, via, via, liberali, conservatori, reazionari, io conservo i miei ideali di allora.” – E. Berlinguer)

Alcune considerazioni politiche, con altrettanti interrogativi, sulle elezioni amministrative di Catanzaro, si rendono doverosi rispetto al progetto politico iniziato alle regionali dello scorso anno e che ha visto protagonista Luigi De Magistris, che oggi assume un rilievo nazionale in vista delle elezioni politiche del 2023.

Abbiamo sollecitato, come Calabria Resistente e Solidale, la sua candidatura con l’unico intento di rompere quel consociativismo, tra centro destra e centro sinistra, perverso e deleterio che connota da decenni questa regione.
Sappiamo come è andata a finire. La coalizione che ha visto candidato Luigi De Magistris ha ottenuto 128.204 voti, pari al 16,17%.

Quindi, un progetto politico che ha suscitato grandi speranze.
In una regione nella quale il voto è più che controllato da ‘ndrangheta e massoneria e che la “società elettorale” coincide con quella “politica”, il risultato è da considerarsi del tutto ragguardevole.

Veniamo al dunque. Noi che abbiamo auspicato la rottura del “Sistema Calabria”, oramai divenuto nazionale, visto che governano tutti insieme appassionatamente, ritenevamo che questa rivoluzione, il cui primo passo sono state le elezioni regionali, dovesse necessariamente e doverosamente continuare dandogli un respiro nazionale e coerente a tutti i livelli istituzionali.

Dalle candidature a sindaco presentate emerge, innanzitutto, una profonda frattura tra i soggetti politici che in questa città hanno da oltre un ventennio spadroneggiato ed emerge in tutta la sua gravità l’assenza di qualsiasi idea e progettualità per il capoluogo di Regione. I maggiorenti del centrodestra hanno pensato solo a se stessi e nel momento in cui si apre una battaglia per la successione, a Roma come a Catanzaro, implodono. Il centrodestra ci consegna una città spopolata e ultima tra le città capoluogo.

Una città avvitata su se stessa e votata alla marginalità: questa è l’eredità dei governi di centrodestra che l’hanno amministrata ed è a partire da questo contesto che dobbiamo immaginare e riprogettare un’altra Catanzaro.
Catanzaro deve trasformare i contenitori senza anima creati dal centrodestra in laboratori sociali di produzione culturale. Da qui bisogna partire.

Dei candidati a sindaco della città di Catanzaro, che vanno per la maggiore, fino ad oggi – e le urne ci diranno se è veramente così -, abbiamo già detto. Due stimati professionisti, distanti dalle nostre posizioni politiche anni luce. Uno raccoglie intorno a se quasi tutto il centrodestra (compresa quella estrema), a cui si aggiungono settori del cosiddetto “centrosinistra”, che di fatto dimostrano come va a farsi strabenedire la tanto urlata “candidatura civica”. La chiamerei più correttamente “Operazione Gattopardesca”, con tanto di investitura ufficiale dei partiti del centrodestra, che richiama il testo di Tomasi di Lampedusa: “tutto cambia perché nulla cambi”. Non conta nulla se si è scelti da compagni di viaggio che portano la pesante responsabilità di aver annullato la città di Catanzaro.

Il candidato del Pd e del nuovo centrosinistra ha atteso l’investitura romana da parte del maggior azionista politico della coalizione. Sta proprio in questo metodo l’abissale distanza tra noi e loro. Naturalmente ci differenziano, come più volte sottolineato, questioni di non poco conto come la partecipazione al governo Draghi, la stessa concezione che si ha della guerra e della pace, il sostegno indiscusso alla Nato, l’aumento delle spese militari e l’invio di armi all’Ucraina, i diritti, primo fra tutti quello ad avere un lavoro dignitoso e continuando, una sanità pubblica che funzioni, una scuola degna del suo ruolo di formazione di un pensiero creativo e di un libero senso critico, il no secco al PNRR. che prevede che per ogni euro concesso all’Italia si taglino di decine di euro di spesa pubblica, un gioco al massacro per lo stato sociale, la sanità pubblica, l’istruzione pubblica, le pensioni. Un PNRR che fa strage dei diritti, tutto a vantaggio del profitto, del capitale e dei padroni e delle regioni del Nord.

L’investitura in se segnala un enorme deficit di democrazia. I territori, nell’ambito di una linea politica condivisa, devono avere la piena autonomia decisionale. In questa tornata elettorale, come in altre, così non è stato.

Rimanendo in tema, fa specie ascoltare molto ipotetici rivoluzionari inneggiare alla rivoluzione castrista e qui diventare cortigiani del Pd. Continuando, come non rilevare la enorme contraddizione del partito di Riace. La giusta difesa di quel modello di accoglienza e di Mimmo Lucano, oggetto di un processo politico, ed il sostegno ad un candidato del Pd, il partito di Marco Minniti, protagonista della reazione feroce contro quel modello, fatta propria successivamente da Salvini. Comunque, un aspetto che segnalo è quello che nessuno disdegna i voti della destra.

Proseguendo, assistiamo alla nascita del nuovo sardinismo, sempre a sostegno del Pd, che oggi porta il nome di “Visione Comune”. L’evento per ricostruire la sinistra ha visto la partecipazione di Letta e Conte, mentre sul palco Elly Schlein dichiarava: “Non mi sento di condannare l’invio di armi per la resistenza ucraina”. A questa opera di ricostruzione, che è l’aspetto che ci riguarda, ha partecipato Anna Falcone. Partecipazione legittima ma non condivisibile politicamente, che mette in luce come il polo costruito intorno a De Magistris si è oramai sgretolato perché troppo eterogeneo politicamente, soprattutto, perché non ha sortito l’agognato posto al sole come si sperava.

Per la verità c’era già stata l’adesione di DeMa, Primavera della Calabria e LiberaMente Progressisti, del consigliere regionale Lo Schiavo, alla candidatura di Fiorita.
Queste ricollocazioni politiche repentine post-regionali e pre-elettorali 2023 pongono seri interrogativi al nostro schieramento, per intenderci quello della sinistra di alternativa, antagonista, anticapitalista e comunista.

Per intenderci, non è rilevante in sé la tornata elettorale di Catanzaro, ma con chi ci si schiera per la verifica di un termine desueto: COERENZA!
Cosa c’è di coerente nello schierarsi a Catanzaro con il candidato del PD e poi rivendicare la costruzione di uno schieramento alternativo ad esso per le elezioni politiche, dicendo di voler fare come La France Insoumise di Jean-Luc Mélenchon? Nulla!
Mélenchon è arrivato al terzo posto con una linea di sinistra alternativa ai neoliberisti, dai comuni fino al parlamento. Ha affermato il no alla guerra, si è schierato contro la NATO e contro Putin.
Nel corso degli anni, e non solo in funzione elettorale, ha costruito una proposta politica inclusiva, popolare, antiliberista e ecologista.
Il programma per intenderci: età pensionabile a 60 anni, riduzione per legge dell’orario di lavoro a 32 ore per 4 giorni alla settimana, patrimoniale e forte tassazione progressiva sulle grandi ricchezze, aumento del salario minimo, pensioni minime a 1400 euro, acqua come bene comune, rinazionalizzazione di servizi pubblici, energia, autostrade, trasporti.
Lo slogan per la campagna elettorale è stato “un altro mondo è possibile”, che ha assunto il significato di un filo rosso con il movimento altermondialista da Genova a Porto Alegre e la sinistra latinoamericana.

Fare in Italia ciò che si è fatto in Francia significa costruire una sinistra non identitaria e radicale, che dice no al neoliberismo ed ai guerrafondai, che le consenta di uscire dalla sua condizione attuale di formazione minoritaria e testimoniale.
La sinistra anticapitalista e di alternativa della città di Catanzaro con grande coerenza sta continuando questo percorso di costruzione attraverso una propria presenza autonoma nella tornata elettorale del 12 giugno, candidando a sindaco Francesco di Lieto.