Una telefonata tra Beppe Grillo e Mario Draghi apre la porta alla partecipazione del MoVimento 5 Stelle nel governo. Anticipata ieri dal Fatto Quotidiano prima di essere confermata da diverse altre fonti, la discussione tra il fondatore e garante M5S è avvenuta nella serata in cui si stava svolgendo l’assemblea M5s che aveva bocciato i compromessi con un governo “tecnico” come sembrava profilarsi dopo l’incarico all’ex presidente della Bce. E a favorirla sarebbe stato il presidente della Camera Roberto Fico, che aveva incontrato Draghi durante le consultazioni.
La telefonata tra Grillo e Draghi porta Conte nel nuovo governo insieme al M5s?
Oggi alle 12,15 ci sarà anche Grillo, insieme a Vito Crimi, ai capogruppo di Camera e Senato e ai loro vice, nelle consultazioni che il presidente del Consiglio incaricato “con riserva” ha in programma. Prima una delegazione dei ministri e dei capigruppo si incontrerà per mettere a punto le richieste da fare all’ex presidente della Banca Centrale Europea. La scommessa di Draghi e Grillo, che hanno un piano insieme, è quella di riuscire a convincere gli eletti grillini a votare la fiducia al nuovo governo ma per farlo devono superare un ostacolo che già da oggi appare molto complicato: il voto degli iscritti su Rousseau. Lo ha annunciato ieri Davide Casaleggio spiazzando un po’ tutti quelli – in prima fila il ministro degli Esteri ed ex Capo Politico Luigi Di Maio – che invece immaginavano uno scrutinio degli eletti per il via libera.
Tra i punti più importanti in discussione c’è però il nome di Giuseppe Conte. Lui si è candidato come leader federatore di una nuova alleanza che comprende, oltre al M5s, anche Partito Democratico e Liberi e Uguali. Nel frattempo potrebbe semplicemente tornare a fare il professore di diritto a Firenze. Il Corriere della Sera invece adombra l’esistenza proprio di un caso Conte, perché il Partito Democratico gli avrebbe proposto la candidatura a sindaco di Roma (e sembrerebbe un suicidio politico di prima grandezza visto che dovrebbe vedersela in una lotta fratricida con Virginia Raggi, ma se arrivasse al ballottaggio con il centrodestra sarebbe una buona idea per convogliare i voti dei grillini su di lui) o quella in un collegio toscano vacante. Ma il M5s gli ha offerto di entrare al governo in quel ministero degli Esteri di cui si parlava già nei giorni scorsi.
Un entrata di Conte al governo porterebbe rapidamente a far deflagrare il centrodestra, che si troverebbe in grande difficoltà a votare la fiducia a un governo con il presidente del consiglio che hanno combattuto fino all’altroieri. Soprattutto metterebbe in forte imbarazzo Forza Italia che a quel punto dovrebbe scegliere tra restare nel centrodestra o votare la fiducia al nuovo esecutivo, magari con l’obiettivo di varare una legge elettorale che le consenta di porsi al centro dello scenario politico in una sorta di quarto polo rispetto alla destra sovranista, al M5s e al Pd. Ma le prossime elezioni, per ora, sono lontane.
La ribellione nel M5s che rischia di far saltare il piano di Grillo e Draghi
Ma Rousseau sarà solo l’ultimo ostacolo da superare per il piano di portare il M5s nel nuovo governo Draghi insieme a Conte. Prima bisogna convincere gli eletti grillini. Che non sembrano per niente pronti ad accettare il professore. Ancora il Corriere sostiene che secondo alcuni calcoli al Senato si è partiti con “85 contrari su 92 e ora siamo a 15, che potrebbero diventare 8-10: chi vota contro rischia l’espulsione”, mentre anche Repubblica conferma la possibilità per Conte di entrare nel nuovo governo. Intanto l’AdnKronos scrive che il perimetro della maggioranza si allarga un tassello alla volta. Alla vigilia degli incontri decisivi con Lega e M5S, Mario Draghi incassa il via libera di Italia viva, Forza Italia e Pd e sgombra la strada dai veti reciproci tra le forze politiche che rischiavano di bloccare l’ingranaggio. Resta il no, annunciato, di Giorgia Meloni.
Ma tutti gli altri rispondono presente all’appello del Capo dello Stato. Fi dà il suo via libera al premier incaricato, con tanto di telefonata personale di Silvio Berlusconi. Il Pd non mette sul tappeto l’argomento anti-Salvini (contrarietà invece ribadita anche alle consultazioni da Leu, che pure guarda con fiducia al presidente incaricato). Il mosaico di Draghi comincia a prendere forma. In attesa che l’ultimo tornante domani porti nella maggioranza i grupponi di Lega e M5S. Il timing del presidente incaricato prevede lunedì l’incontro con le parti sociali, poi una seconda interlocuzione con i partiti prima di sciogliere la riserva. Ma da oggi la strada è in discesa. Una maggioranza più allargata possibile va incontro alla missione che Sergio Mattarella ha affidato a Draghi. Senza contare che riduce il potere interdittivo di ogni singola forza politica. Allargare l’orizzonte della maggioranza e, parallelamente, allungarne l’orizzonte temporale, puntando dritto al 2023. Perché quello che è emerso chiaramente a tutti dai colloqui di questi giorni è che il mandato dell’ex numero uno della Bce non è a tempo.
Programma e nomi arriveranno, Draghi avrebbe intenzione di prendersi qualche giorno per arrivare a una sintesi ma sembrerebbe confermata la volontà di formare una squadra con tecnici e politici sul modello Ciampi, personalità che abbiano capacità e competenze per affrontare le sfide che attendono l’esecutivo. Presto per i nomi, quelli arriveranno al secondo giro di interlocuzione con le forze politiche. Draghi dovrà mettere insieme le richieste di forze politiche distanti anni luce, facendo in modo che nessuno ne esca sconfitto. Fare entrare in squadra ministri delle varie forze politiche, che già, dietro le quinte, rivendicano dicasteri di peso e non briciole. E non sarà per niente facile.