La vertenza tirocinanti emblema del mancato riscatto della Calabria.
La vertenza tirocinanti volge all’epilogo? Il più grande bacino di precarietà causato dall’incapacità della politica e dei sindacati volge verso delle soluzioni che risultano l’ennesima beffa ai danni di oltre 4000 persone.
È bene rammentare che questo “bacino” viene fuori dal fallito sogno industriale voluto dalla politica calabrese. Quando gli imprenditori nei primi anni 2000 vennero in Calabria a promettere mari e monti, sfruttando i soldi che gli regalava lo stato, assumendo migliaia di persone che pensavano di aver finalmente svoltato un futuro dignitoso. Ma come tutti i sogni, prima o poi si ci risveglia ed è così che partono le delocalizzazioni, finiscono i fondi è quasi 30000 calabresi si ritrovano senza lavoro. Parliamo di donne e uomini che nel tempo si erano specializzati, avevano lavorato sodo per costruire le basi del piano industriale farlocco per la Calabria.
È da qui che inizia il calvario che li porterà, dapprima nella fase della disoccupazione, poi della mobilità in deroga fino ad arrivare ai tirocini di inclusione sociale, nel frattempo si sono inserite qualche manifestazione di interesse per disoccupati e altri lavoratori che pagavano la chiusura delle attività in cui svolgevano il loro lavoro. Molti dei 30000 sono emigrati verso un lavoro certo, altri i più giovani si sono ricollocati.
Tutta questa storia, raccontata in poche righe, che non sono esaustive del vero calvario di migliaia di calabresi, è la raffigurazione di una classe dirigente e una politica sindacale incapace di avere visione e sempre pronta a stare con il cappello in mano al primo imprenditore che ci si presenta. È la storia di una classe dirigente senza spina dorsale incapace di pretendere rispetto per la Calabria e i calabresi.
La vertenza dei tirocinanti ci restituisce negli ultimi anni un po’ quella che è l’assimilazione anche tra i lavoratori di un modus operandi che ci sta portando alla rovina. 4000 persone in Calabria senza lavoro avrebbero potuto mettere a soqquadro qualsiasi cosa, avrebbero potuto imporre la strada giusta a qualsiasi governatore si fosse avvicendato, avrebbe potuto dettare la linea anche al sindacato più venduto. E invece, da buoni figli della nostra politica, si è preferito ogni volta stare con il cappello in mano a prendere le briciole di finti accordi che venivano redatti sui tavoli. Si può ancora avere fiducia in chi ti ha svenduto per anni? Si può ancora dare credito a chi ti ha smollato nel calderone dei tirocini e ora ti sta ripescando costruendo delle proposte aberranti? È possibile che 4000 persone oggi non riescano a mettere con le spalle al muro politica e sindacati? Eppure poi in campagna elettorale vengono sempre a chiedere il voto, si ricordano sempre del tirocinante sfruttato nella pubblica amministrazione.
Ora a tutti i fautori dell’unità sindacale e di intendi starà bene prendersi l’ennesima supposta di ipocrisia. Il campo largo dei tirocinanti ha partorito il topolino con l’assenso degli stessi tirocinanti che o per ignoranza o perché portati da figure ambigue, hanno chiesto e ottenuto l’unità sindacale e politica sulla vertenza con i suddetti risultati. Tradotto hai messo in mano al tuo carceriere le chiavi della tua libertà.
La verità è che i sindacati e presunti tali, hanno iniettato il virus della paura, li hanno portarli sulla strada del cappello in mano, della paura a mettere a repentaglio quel poco che si percepisce, dello “aspetta che ora qualcosa la tiriamo fuori”, del se stiamo tutti uniti possiamo ottenere l’obiettivo, in realtà stavano tutti giocando su un altro tavolo. È il solito gioco, non è solo la classe politica a fare schifo in Calabria, fanno schifo i sindacati che hanno perso di vista cosa vuol dire difendere i lavoratori, fanno schifo i calabresi che ancora li seguono.
È una cruda verità, ma tant’è.
Lettera firmata