DORIS LO MORO: DA MATTEO RENZI A GIUSEPPE CONTE PASSANDO PER BERSANI
Pasquale Tridico, sponsor ufficiale della candidatura Lo Moro, nel suo intervento di qualche giorno fa ha dichiarato che la Lo Moro “incarna pienamente i nostri valori”… Non contento di questo ha rincarato la dose affermando che “la candidatura della Lo Moro è la migliore candidatura possibile”, e infine come nei fuochi pirotecnici la batteria finale “a Lamezia Terme c’è una battaglia per la legalità che noi riusciremo a farla meglio con una magistrata”.
In effetti nella sua brillante carriera Doris Lo Moro ha intrecciato anni trascorsi nella magistratura con anni nelle istituzioni. Doris Lo Moro entra nella magistratura nel 1986. Dal 1988 ha svolto le funzioni di giudice presso il Tribunale di Lamezia Terme fino al 1993, assumendo poi le funzioni di giudice del lavoro presso il Tribunale di Roma. Nel dicembre 1993 è andata in aspettativa perché viene eletta sindaca di Lamezia Terme e resta in carica fino al 2001. In aspettativa significa che non prende lo stipendio da magistrato ma che gli anni di aspettativa le vengono conteggiati sia per la pensione e sia per l’avanzamento di carriera. E qui nasce il primo intoppo. Dopo quasi vent’anni il Ministero comunica al Comune di Lamezia Terme che non sono stati versati i contributi all’Inps per la somma di oltre 39 mila euro. L’unico giornale che ha riportato la notizia è Lamezia informa (https://www.lameziainforma.it/istituzione/2019/12/05/a-circa-20-anni-dal-relativo-mandato-da-primo-cittadino-il-comune-di-lamezia-terme-dovra-versare-i-contributi-spettanti-allallora-sindaco-doris-lo-moro/27424/). Secondo altre fonti la somma si sarebbe quasi raddoppiata con le penali, interessi, sanzioni, eccetera, eccetera, è sarebbe diventata circa 80 mila euro che sono andati tutti sulle spalle dei cittadini di Lamezia Terme. Se il dato è sbagliato siamo pronti a pubblicare eventuali rettifiche.
Nel 2001, terminato in anticipo il mandato di sindaco per potersi candidare al Parlamento dove non viene eletta, la Lo Moro torna in magistratura come giudice presso il Tribunale Penale di Roma. Nel maggio 2005 lascia nuovamente il ruolo giudiziario perché viene eletta consigliere regionale e nominata assessore alla Sanità della giunta Loiero fino al novembre 2007.
Dopo la sua uscita da assessore alla Sanità, nell’aprile 2008 viene eletta alla Camera dei Deputati con il Pd. Nel 2013 viene eletta come senatrice sempre con il Pd. Siamo negli anni del successo di Matteo Renzi che conquista prima il Pd e poi la Presidenza del Consiglio. Naturalmente Doris Lo Moro diviene renziana e si schiera subito per il si nel referendum costituzionale.
In una intervista al Lametino dichiara: “La mia scelta sarà quella del Sì, ma capisco anche le ragioni del no. Rischiamo però che si voti non sul merito della riforma ma su Renzi, cosa molto pericolosa per il Governo. Ciò che è certo è che l’esito del referendum condizionerà il futuro. Ho sentito che Galati ha costituito comitati per il Sì, ma il mio voto per il sì e il suo, non hanno niente in comune”. Nella stessa intervista dichiara tutta la sua delusione per non essere stata eletta nel Consiglio di Stato dopo il parere negativo per incompatibilità con la carica di parlamentare. La lo Moro disse: “Quello che è successo è di una gravità inaudita, non lo nascondo. Renzi in persona mi ha parlato della nomina a giudice del Consiglio di Stato, nomina che avevo accettato con qualche resistenza. Si fa tanto per arrivare al Senato e poi lasciarlo in anticipo di due anni non è semplice, però ho detto sì per una questione di prospettive. Tra qualche tempo, quando finirà questa legislatura, dovrò comunque tornare al mio lavoro e l’idea di tornarvi anziché come giudice di cassazione quale sono, come giudice del Consiglio di Stato sarebbe stata una cosa positiva. Si trattava poi di due qualifiche equivalenti, anche dal punto di vista economico”.
Il pensiero della Lo Moro era un problema di prospettiva, era di poter tornare in magistratura da Consigliere di Stato. L’amarezza della Lo Moro scaturisce dal fatto che Renzi puntò su Antonella Manzione, già capo dei vigili urbani di Firenze, fedelissima di Matteo che venne eletta anche se non aveva titoli ed età. Scrisse il Corriere della Sera: “E ci sarebbe stata anche la senatrice Pd Doris Lo Moro, già sindaco di Lamezia Terme e consigliere regionale della Calabria, magistrato in tempi lontani, se non fosse stato considerato inopportuno un suo trasferimento diretto da Palazzo Madama a Palazzo Spada”. La Lo Moro rimase senatrice e dopo pochi mesi passò con Bersani in Articolo 1 pentendosene amaramente quando Bersani preferì nel 2018 candidare Nico Stumpo come capolista in Calabria.
Rientra nel 2018 in magistratura dove viene nuovamente messa fuori ruolo per ricoprire l’incarico presso il Ministero di Giustizia di responsabile della protezione dei dati nominata con DM del 7 agosto 2017 dal ministro Bonafede del M5S che inizialmente si era opposto. Nel 2022, già in quiescenza, riesce a farsi nominare come responsabile della protezione dei dati perfino dal governo Meloni con Dm del ministro Nordio. Anche se l’incarico non è retribuito.
Nel 2018 annuncia con tanto di conferenza stampa il suo ritiro dalla politica e il ritorno alla magistratura. Nel 2022 va in pensione dalla magistratura e comunica il suo rientro in politica. Più che una vita al servizio delle Istituzioni possiamo dire le istituzioni al servizio di una vita. Poi arriva Giuseppe Conte e afferma: “A Lamezia scelta giusta con Lo Moro. Pronti a costruire l’alternativa”. E qui non sappiamo se ridere o piangere. Fate voi.









