Nei suoi disastrosi sette anni di “soggiorno” a Catanzaro il procuratore Nicola Gratteri ha combinato danni molto pesanti per le casse dello stato e tra coloro che sono riusciti a “bastonarlo” oggi spicca persino Pino Galati, che sarà risarcito per ingiusta detenzione. Sì, proprio lui, l’ex parlamentare arrestato a fine 2018 dalla Dda di Catanzaro nell’ambito dell’inchiesta “Quinta Bolgia” era il lametino Giuseppe Galati, per gli amici Pino, 66 anni, ampiamente chiacchierato da anni per le sue attività illecite e per il suo rapporto con le cosche. Ma nessun magistrato aveva fatto la figura barbina che ha fatto Gratteri. Purtroppo dallo scorso 18 aprile… è storia. Così come sta diventando storia la sua “vittoria” alle elezioni di Lamezia. Eh sì, perché se giri per Lamezia nessuno – ma proprio nessuno – dice che il sindaco è Murone bensì… Galati. E se la gente dice così qualche motivo, per usare un eufemismo, esiste.
Galati è stato deputato ininterrottamente per 5 legislature: prima con il Ccd (1996), poi con il cosiddetto Biancofiore (2001) e ancora con l’Udc (2006) e con il Popolo delle Libertà nel 2008 e nel 2013. Nell’ultima legislatura si era poi “buttato” con Verdini (la cosiddetta Ala) facendo il salto della quaglia ma poi si era candidato ancora al Senato per il centrodestra con “Noi con l’Italia” ma non risultando eletto. E adesso i media hanno reso noto che tonrerà a ricandidarsi in un collegio del Nord, a Carpi…
A marzo 2018 Galati aveva subito un sequestro di beni per oltre 200 mila euro da parte del gip del Tribunale di Catanzaro nella sua qualità di presidente della fondazione Calabresi nel mondo, ente in house della Regione Calabria attualmente sottoposta a procedura di liquidazione. Galati era indagato, a vario titolo, per abuso d’ufficio, falsità ideologica e peculato. Dalle indagini era emerso che Galati aveva distratto fondi comunitari Por destinati alla fondazione.
Nell’estate del 2016 invece era stato chiesto l’arresto per Galati nell’ambito dell’ indagine “Alchemia”. Era successo che il boss Girolamo Raso, Jimmy Giovinazzo e i nipoti Rocco e Rosario Politi, volevano realizzare tre villette a schiera a Roma nella zona “Parco Naturale Decima Malafede” che però era sottoposta a vincolo ambientale. Per farlo si erano rivolti al senatore Caridi e al deputato Giuseppe Galati, ex berlusconiano poi illuminato sulla via di Verdini e all’epoca, quindi, a pieno titolo esponente calabrese del Partito della Nazione prima di cambiare ancora casacca e di passare a “Noi con l’Italia”.
Il progetto edilizio che voleva realizzare la ‘ndrangheta nella periferia sud di Roma, secondo gli inquirenti potrebbe essere stato anche più ampio. Almeno all’inizio quando la squadra mobile di Reggio Calabria intercetta Luciana Politi (anche lei indagata) mentre parla di alcuni appalti pubblici nel settore del trasporto e dello smaltimento di inerti e rifiuti urbani nel Comune di Roma. “Parlo anche con Saro perché questi non vogliono solamente i trasporti, smaltimenti e quello che fa Rocco, vogliono fare tutto… serve sia il trasporto, quello che fa Rocco e anche quello che Saro… Si fa tutto insieme e con questi qua se la mangiano Roma”.
In cambio dell’aiuto, la cosca avrebbe offerto a Galati un lotto di terreno di proprietà di Rocco Politi. “Mo’ ci deve dare la risposta, prima della fine di settembre… ci ha promesso… – è la voce di Mimma Politi – perché non è solo la casa fatta come…coso… col piano che non si può costruire… è tutto il terreno qui no… la parte nostra… è parco… gli ha detto (Jimmy)… guarda, se tu riesci a farci questa cosa, io parlo con mio cognato… con Rocco… no… e faccio darti un pezzo di terreno a te a questo onorevole personalmente. Quindi ha detto si interessa si interessa per forza perché a lui questa zona gli piace… però, ha detto, essendo parco non puoi fare niente… però se riesci a sbloccare la casa, calcola che 500 metri di terra, perché lui vuole costruirsi la casa… in questa zona, perché gli piace… te li diamo a te. Allora lui si è interessato”. Secondo gli inquirenti il deputato Galati, per due volte si sarebbe incontrato con gli emissari della cosca che gli avevano chiesto aiuto per rendere edificabile l’area.
Nei confronti del politico calabrese, i pm avevano ipotizzato il reato di corruzione ma per il gip non c’erano “elementi sufficienti a delinearne la condotta. Le risultanze investigative danno sicuramente conto di un coinvolgimento dell’onorevole nella vicenda del blocco dei lavori di realizzazione edilizia in zona vincolata, ma difettano della prova sia della proficuità dell’intervento richiesto e offerto (sblocco dei lavori o aggiudicazione degli appalti), sia della ricezione o anche solo dell’accettazione di un immobile di proprietà di Politi Rocco”.
Risalendo più a ritroso, si trova il nome di Pino Galati anche nelle inchieste di Luigi De Magistris per “Poseidone” e “Why Not” nel periodo in cui era sottosegretario per le Attività Economiche e Produttive e il superclan dei calabresi faceva razzia di fondi europei. L”ex deputato lametino fu determinante, grazie alle sue collusioni col magistrato Murone e con il suo collega parlamentare Pittelli per bloccare le inchieste del magistrato napoletano.
Ebbene, il centrodestra, a dire il vero già prima che Gratteri venisse sbertucciato, aveva già rilucidato questo vecchio arnese rimettendolo in pista non solo per il Parlamento “nordista” ma anche – quando occorrerà – al fianco del sempre più imbarazzante Robert(ino) Occhiuto. Questa tuttavia non è tutta la storia di Pino Galati, per gli amici Pino il politico della coca in Parlamento o più semplicemente Pino parrucchino. Certo, ormai Galati è riabilitato almeno quanto i suoi degni compari Caridi e Cannizzaro ma il seguito della storia se lo merita tutto. Tanto ormai è anche… sindaco! A presto.









