Lamezia, confermato scioglimento per mafia: si vota il 10 novembre

(ANSA) – LAMEZIA TERME (CATANZARO), 26 SET – Si tornerà alle urne il 10 novembre a Lamezia Terme per l’elezione del sindaco e del Consiglio comunale. A stabilirlo è la sentenza del Consiglio di Stato che ha confermato lo scioglimento degli organi amministrativi della città. L’udienza di merito, in seduta pubblica, si era svolta lo scorso 19 settembre.
I giudici di Palazzo Spada hanno accolto, infatti, il ricorso presentato dalla Presidenza del Consiglio dei Ministri, dal Ministero dell’Interno e dalla Prefettura di Catanzaro contro la sentenza del Tar dello scorso febbraio che aveva, temporaneamente, fatto tornare in carica l’ex sindaco Paolo Mascaro, del centrodestra, eletto nel giugno del 2015.
Il Comune di Lamezia Terme, al terzo scioglimento degli organi elettivi, sindaco e assemblea, per infiltrazioni mafiose, era stato commissariato nel 2017. In precedenza analoghi provvedimenti di commissariamento erano stati adottati nel 1991 e nel 2001. L’eventuale turno di ballottaggio si svolgerà il 24 novembre.

LE MOTIVAZIONI

Condizionamento evidente della criminalità, appalti pubblici gestiti in maniera irregolare per avvantaggiare ditte vicine alle cosche, generale disordine organizzativo e amministrativo. I giudici del Consiglio di Stato – presidente Franco Frattini, consiglieri Massimiliano Noccelli, Stefania Santoleri, Giovanni Pescatore e Raffaello Sestini – in 37 pagine della sentenza spiegano punto su punto perché il Consiglio comunale di Lamezia Terme doveva essere sciolto e resta sciolto, mettendo così una pietra tombale sulla legislatura Mascaro. E lanciando anche un monito alla comunità in vista dell’imminente consultazione elettorale del 10 novembre. “Ogni futura azione politica e amministrativa, che risulterà dall’esito delle prossime elezioni – affermano i giudici amministrativi nel provvedimento emesso qualche ora fa – dovrà recidere qualsiasi rapporto, qualsiasi compromesso con il potere mafioso, senza scendere a patti con esso per convenienza o connivenza o mero timore, se vorrà essere autenticamente rispettosa del principio democratico, che anima la Costituzione”.

“Questo Collegio – si legge nel provvedimento – deve rilevare che la disciolta amministrazione comunale, anziché operare in modo “esemplare” come pure affermano gli appellati nella loro memoria, non ha nemmeno atteso, incontestabilmente, lo scadere del termine previsto dall’art. 92, comma 3, del d.lgs. n. 159 del 2011 al fine di acquisire la documentazione antimafia, per affidare il servizio ad una società inquinata da grave condizionamento mafioso, che da moltissimi anni continuava a svolgere detto servizio, mentre sarebbe stato opportuno attendere l’emissione del provvedimento antimafia liberatorio”.

Per poi aggiungere: “Indubbio che una gestione poco lineare e trasparente delle procedure ad evidenza pubblica costituisce terreno fertile per l’inserimento della criminalità organizzata e la disorganizzazione e il disordine amministrativo costituiscono terreno fertile per le condotte infiltrative della criminalità organizzata, ciò che è dimostrato, peraltro, dalle continue proroghe contrattuali utilizzate per sopperire all’esigenza di continuità nell’erogazione dei servizi pubblici essenziali”. I giudici passano in rassegna i consiglieri comunali e i vertici politici coinvolti in operazioni giudiziarie: “i condizionamenti mafiosi sulla vita amministrativa dell’ente, per i collegamenti diretti o indiretti dei suoi amministratori con la ‘ndrangheta – affermano – si sono riflessi in un generale disordine amministrativo nella gestione degli appalti pubblici, con affidamenti diretti e proroghe in favore delle medesime imprese”.

“L’insieme di questi elementi – scrivono i magistrati – la cui pregnanza e univocità appare difficilmente contestabile, dimostra l’esistenza di una fittissima rete di intrecci, legami, cointeressenze tra i vertici politici del Comune, che essi appartengano alla maggioranza o alla minoranza, e una irrimediabile compromissione del governo locale con soggetti e logiche di stampo criminale mafioso, considerata persino la contestazione del reato di concorso esterno in associazione mafiosa ad alcuni degli amministratori locali”.

E per essere ancora più espliciti, aggiungono: “Il contributo determinante della mafia nel condizionare il voto popolare, è tale da inficiare irrimediabilmente il funzionamento del consiglio comunale per un suo vizio genetico, essendo difficilmente credibile, secondo la logica della probabilità cruciale, che un consiglio comunale i cui componenti siano eletti in parte con l’appoggio della mafia, per una singolare eterogenesi dei fini, possa e voglia adoperarsi realmente e comunque effettivamente, non solo per mero perbenismo legalitario, per il ripristino di una effettiva legalità sul territorio e per la riaffermazione del potere statuale contro l’intimidazione, l’infiltrazione e il sopruso di un ordinamento delinquenziale, come quello mafioso, ad esso avverso per definizione”.