Le fake news di Palla Palla e la corruzione della magistratura

LE FAKE NEWS DI PALLA PALLA

di Rosario Perrotta

Era una fake news! Oliverio ha finito, ormai è chiaro. La “tiritera” sulle partecipate che, grazie all’azione del suo governo, sarebbero riemerse dalle nebbie del malaffare, si è rilevata per quel che era: una balla! Dopo gli scandali emersi e frettolosamente sopiti sul CORAP e Calabria Lavoro, con Calabria Verde non ce l’ha fatta. La bomba è scoppiata e siamo solo agli inizi.

Ed il fatto stesso che tutti gli esponenti della cosiddetta opposizione, poco dopo aver articolato timide parole sulla chiusura indagini della magistratura che coinvolge anche il primo cittadino della Calabria, si siano chiusi in uno sconcertate riserbo, è cosa che la dice molto -troppo!-  lunga.

Intuiscono gli “sventurati” che, dopo le prime notizie, ben altro verrà a galla e fanno i finti tonti sperando che la magistratura, anche stavolta, non osi così tanto. Sperano e brigano affinché qualcuno insabbi, sminuisca, distolga l’attenzione.

La verità, quella che vi stiamo raccontando da anni, è che le cosiddette partecipate regionali -sia che governi la destra, sia che governi la sinistra- altro non sono che lo specchio fedele della Regione: terreno di scorribande della peggiore politica della Calabria. E’ il pane quotidiano fatto di operazioni di piccolo o grande cabotaggio, finalizzate ad alimentare il lungo e ramificato fiume della clientela e del malaffare. E chiunque, per natura o cultura o anche per ritegno, osi opporsi, sia pronto a pagare prezzi molto alti.

Eppure, se la magistratura volesse davvero farla finita, così come pare stia per fare, dalle partecipate risalirà facilmente alla Regione seguendo semplicemente i “guinzagli”: dai collari allacciati al collo dei grand commis fino alle manopole strette nelle mani dei loro padroni. E’ la corda che lega da sempre i bracconieri ai loro cani.

Oggi, però, c’è un fatto nuovo: non era mai successo che un tipo come Furgiuele -detto O’Principale- riferendo chiaro e tondo alla magistratura che talune assunzioni sono state decise su input diretto del Governatore e che la stessa cosa è avvenuta per le nomine dei dirigenti di distretto di Calabria Verde, ha reso palesi i motivi per i quali taluni  personaggi passano indenni il vaglio di qualsivoglia governo regionale. Da Caridi e Trematerra a Oliverio e compagnia … l’usato sicuro è ragione e garanzia del sistema.

In poche parole, si tratta dell’immobilismo più assoluto. «Se vogliamo che tutto rimanga com’è, bisogna fingere che tutto stia per cambiare»: questo il grande pensiero politico dei Roosevelt de noantri.

Così finalmente è chiara a tutti quale convenienza ci sia nel proteggere un apparato che, pur avendo dato prova di palese incapacità e/o menefreghismo, viene conservato tale e quale ad ogni passaggio di mano: da una giunta all’altra, da un consiglio a quello successivo. A loro, a chi governa dai banchi della maggioranza o dell’opposizione, non gliene frega niente del mare pulito o del turismo che stenta, dell’acqua che non c’è, della sanità o del sistema termale, dei porti o dei centri storici o della montagna o delle scuole. Non gliene frega niente neanche della ‘ndrangheta che ci mangia in testa e che tutti i giorni ci deruba.

Ignoranti e cinici come sono, mandano avanti solo ciò che rientra nel loro becero interesse: che si tratti di denaro sonante o della coltivazione dei rapporti con i gruppi di potere che dominano per davvero la Calabria.

Nella sua disarmante semplicità, questo sistema nasconde la vera ragione della nostra povertà: la cecità morale.

Ora, che il “pallone gonfiato” Orsomarso faccia l’inglese -lui che proviene dai fasci duri e puri– e ci venga a raccontare che non è suo uso speculare sulle disavventure giudiziarie degli avversari politici, è cosa talmente tanto ridicola dall’indurci quasi alla pena.

Il garantismo è o non è: se un politico comprende che non può essere la magistratura, mandando a processo qualcuno, a decidere da chi il popolo debba essere governato, allora ha il dovere di sostenere con forza e sempre che, fino a sentenza passato in giudicato, ogni cittadino deve conservare intatto il proprio diritto costituzionale di essere ritenuto innocente. Presidente o operaio che sia. E su questo sacrosanto principio deve condurre la prima delle sue battaglie politiche. Quindi, Guccione dentro, caro Palla Palla, oppure tu per primo fuori: altro che senso della responsabilità ad intermittenza! Dov’era il tuo senso di responsabilità, quello che dici di sentire nei nostri confronti e che ti impedisce di dimetterti, quando dettavi i compiti a Furgiuele?

Cosa ben diversa, però, è chiedere ragione dai banchi dell’opposizione -e non solo- su questioni che questa o quell’altra indagine hanno portato alla luce: i reati -se ci sono- li accerti la magistratura nei tre gradi di giudizio previsti dal nostro ordinamento; ma il senso morale che un governatore adopera nell’esercitare il potere è cosa che interessa principalmente la politica: accertarsene rientra nei suoi primi ed elementari doveri.

In questo, Calabria Verde ci ha consegnato dei fatti che -hai voglia a dire!- ci offrono lo spaccato di un modo di amministrare la cosa pubblica volgare, asfittico, totalmente autoreferenziale. Il capo distretto Rizzo, l’unico nominato da Furgiuele al di fuori delle indicazioni del Governatore, che viene minacciato e costretto alle dimissioni è scena da raccapriccio. Reato o no, riflette metodi che neanche Neddu a crapa, al secolo Sebastiano Bruno, avrebbe messo in campo.

Eppure, nonostante la gravità degli accadimenti, su Calabria Verde, così come sulle questioni  emerse sul CORAP o su Calabria Lavoro, se non fosse per merito della stampa, sarebbe calato il più impenetrabile dei silenzi. Non un’interrogazione, una presa di posizione, un’intervista. Nulla di nulla: costoro sono ostaggio l’uno dell’altro. E se almeno Guccione non è della partita, la smetta di chiedere ad un Presidente del Consiglio che pare più sordo di una campana che si “discuta di Calabria Verde”: passi ad azioni più incisive. Altrimenti, la sua richiesta parrà il solito gioco delle parti: far finta di volere una cosa, mentre l’obiettivo è un altro. E già che c’è, allarghi il suo orizzonte passando a Zinno e alla sua comare Guzzo, magari avendo ben presente la loro provenienza: il governo Scopelliti.

La verità è che sino ad oggi la magistratura in Calabria, fatte le debite e più che onorevoli eccezioni, non ha avuto alcuna sete di verità. Dinnanzi alle evidenze che potevano mettere a rischio talune consorterie, null’altro ha saputo fare che girare la testa dall’altra parte. E questo nel migliore dei casi; perché, nei peggiori, sono state proprio le toghe a rendersi parte attiva nel portare a segno inconfessabili obiettivi. Dai casi epocali di Mancini e Frasca, trascinati innocenti a  processo, fino al cadavere truccato del giovane e valente Bergamini: senza una “magistratura di servizio”,  nulla di tutto questo sarebbe accaduto.

E’ stato Gratteri a dirlo con coraggio: “Negli anni molti magistrati non sono stati degni”. Non siamo qui a sperare  che -ad un tratto-  la magistratura calabrese si popoli di giudici del livello di De Raho, di Facciolla o Gratteri stesso. E non vogliamo neanche gettare discredito su tutti i magistrati se diciamo che se la Calabria sprofonda nel fango, se dobbiamo puntualmente vergognarci di quel che siamo, se la nostra gente muore di fame è anche a causa del livello e della qualità morale delle nostre toghe.

Ma Palla Palla ha superato il limite. La sua straripante arroganza lo ha indotto ad osare lì dove nessuno dei suoi predecessori aveva avuto l’ardire di arrivare. Non solo detta ai sui grand commis quel che s’ha da fare, ma li tiene incollati alle poltrone, in spregio a qualsiasi legge, perché e lì che servono la sua causa: salvo, poi, mollarli, come ha fatto con Furgiuele, appena si presenta la “mala parata”. Quindi, ciò vuol dire, che un dirigente o si adatta alla parte del cane tenuto al guinzaglio o viene fatto fuori senza “se” e senza “ma”… e sono fatti suoi. E’ un circolo vizioso dal quale non se ne esce.

Nello scorso dicembre -notizia più che certa, basterebbe dare uno sguardo alle mail- il nostro Governatore ha ricevuto un corposo faldone zeppo di documenti illustranti l’attività della pensionata silana Rosaria Guzzo: prove su prove di come costei –sine tituli– amministra il CORAP. Assunzioni e consulenze inutili che, in un anno e mezzo soltanto, hanno fatto uscire dalle asfittiche casse del neonato Ente oltre mezzo milione di euro; incarichi professionali dispensati a piene mani; contributi previdenziali non pagati ai dipendenti; lavori edili e servizi realizzati e pagati senza un solo documento di gara a monte; saldi di fatture estratte ad arte; stipendi corrisposti utilizzando fondi europei e pertanto vincolati; promozioni avanzate e giustificate perché di “indicazione politica”; svendite di terreni pubblici e transazioni vergognose a favore degli amici degli amici.

La reazione di Palla Palla? Ha chiesto una relazione alla sua “badessa” che gli ha risposto con una ridicola e sgrammaticata paginetta. Il tutto nel silenzio dei dirigenti del Dipartimento di riferimento (lo Sviluppo -sic!- Economico) che fino a ieri faceva fuoco e fiamme contro le ASI; ree, in realtà, proprio per i fatti che Calabria Verde ci ha consegnato, di non rispondere a padroni e padroncini.

E’ anche così che cresce la povertà: un passo dietro l’altro, dritti fino al baratro. Il revisore unico dei conti Sergio Tempo, prima “cacciato” per ordine della “badessa” e poi “recuperato” per ordine del TAR, che fa? Si prepara a stendere un parere sul bilancio dell’Ente accorpato dal quale finalmente traspare il vero obiettivo della Giunta: dopo averlo spogliato dei sui ingenti beni immobili, è il momento di caricare il CORAP di debiti che figureranno come crediti presso altri e più “protetti” enti. E buona notte ai suonatori!

Ma si può fare? Al confronto, Neddu a crapa era un grande e lungimirante generale! Una specie di Giulio Cesare dei nostri tempi…