Lettere a Iacchite’: “Covid Cosenza, giorni di ordinaria follia: vi racconto la mia terza dose”

Egregio direttore,

succede anche questo. Con i cambi repentini delle disposizioni Covid scopro che il mio green pass invece di scadere ad una certa data era già scaduto. Me lo fanno notare all’entrata del reparto in ospedale dove mi reco ogni 28 giorni a ritirare il piano terapeutico. Suggerisco allora di informare il medico che io sono fuori e qualcuno avrebbe potuto portarmelo tranquillamente o, addirittura, mandarmi una mail visto che mi conoscono da lunghi anni e visto che gli esami fatti li posso leggere anche senza il paziente davanti (in questo caso evitiamo anche di portargli il virus in ospedale, o evitiamo di infettarci noi stando con loro).

Nel modo più gentile che si conosce all’ospedale dell’Annunziata di Cosenza mi viene detto di andare in farmacia, farmi il tampone e ritornare perché il mondo è pieno di asintomatici! Dopo una serie di farmacie ne trovo una che mi fa il tampone e, visto che non sono un asintomatico in giro per la città, ritorno con due ore di ritardo a ritirare il piano terapeutico e poi corro alla farmacia territoriale fuori città sperando che non sia troppo tardi per ritirare il mio farmaco salvavita. Per non avere altri problemi per il prossimo accesso decido allora di prenotarmi per la terza dose. 

Mi reco all’appuntamento al giorno e all’ora stabilita e scopro che, nonostante un’ora di anticipo, prima di me ci sono altre 50 persone. Per fortuna non piove.
Per chi ha la fortuna di non conoscere i centri vaccinali, dovete sapere che si passa prima dall’accettazione dove un medico dovrebbe farti una serie di domande (che oltretutto sono già incluse nel foglio che compili all’ingresso) per capire chi ha di fronte e decidere quale farmaco inoculare. Comincio ed enumerare le mie patologie e quello, con grande professionalità e gentilezza mi dice: “Mi sta raccontando tutte queste cose perché spera che le facciamo Pfizer? Io invece le faccio Moderna” (come se conoscesse la differenza tra l’uno e l’altro…).
Faccio notare che per me è indifferente e che sono lì solo per il green pass e quindi potevano farmi anche acqua ossigenata (detto solo per rispondere alla tamarria di quell’essere). Mi fa accomodare in un’altra fila ad attendere il mio turno per l’inoculazione senza avere letto che io, tra le altre cose, sono anche soggetto allergico ai farmaci e, per questo, mezz’ora prima del vaccino necessito della puntura di Trimeton. Lo faccio notare all’altro medico che, sentendosi protagonista di un gioco televisivo, gridava con la siringa in mano: avanti un altro! 

E lì scopri che se il Trimeton non te lo sei portato da casa sei fottuto. Ma io ce l’avevo! Lo faccio notare e allora tolgo dall’imbarazzo la platea che nel frattempo si era creata. Arriva una ragazza, che dalla gentilezza e dalla mano leggera penso non sia un medico; mi porta in un lurido sgabuzzino e mi fa la puntura. Attendo mezz’ora prima di farmi fare il vaccino (come da regola che gli allergici purtroppo conoscono) e, appena fatta la puntura, ritiro il mio tanto atteso certificato, e, invece di attendere ancora mezz’ora di osservazione, me ne torno a casa. Tanto se ti succede qualcosa lì non c’è neanche l’ambulanza che ti porta in ospedale. 

In questo periodo, illustre direttore, stiamo conoscendo tante dure verità e tra le peggiori c’è quella della categoria dei medici. Quelli di famiglia soprattutto, che hanno trovato un altro modo per lavorare sempre meno con gli assistiti e trovare invece il tempo per andare nei centri vaccinali a fare punture (quanto li pagheranno a puntura? Non esiste più il prefestivo del prefestivo per starsene a casa?). 
Dietro ogni vaccinato c’è un genitore, un figlio, un amico che può essere anche il loro (anche se quelli li riconosci perché fanno la fila sulle sedie dove c’è scritto phaizer; c’è una storia personale (dal punto di vista clinico) che nessuno sta tenendo in considerazione. Stanno tirando fuori, alla luce del sole, la loro vera natura che non è purtroppo quello che hanno firmato il giorno della loro laurea col giuramento di Ippocrate. Con quello ci possono tranquillamente accendere il camino quando tornano soddisfatti a casa dopo una lunga giornata di duro lavoro.
L’Italia rinasce con un fiore! Speriamo non sia un crisantemo!