LE DIFFICOLTÀ DEL VOTO LIBERO, SPECIE AI TEMPI DELLA RETE
La mia esperienza elettorale in un paesino di provincia e la violenza online
Caro direttore,
sono una studentessa universitaria calabrese e presilana, aspirante giornalista, fuorisede a Roma, stagista e collaboratrice per una casa editrice.
Dal compimento della maggiore età ad oggi ho sempre votato liberamente, slegandomi da ogni vincolo e simbolo imposto; non è per niente facile dire “No” in un paesino di pochi abitanti, in una zona di rocche forti politiche consolidate, dove ci si conosce tutti.
Fin dalla mia adolescenza e dalla fondazione di un simbolico giornaletto locale che nel suo piccolo denunciava i disagi territoriali, sono stata etichettata in tutti i modi da esponenti amministrativi in carica e pure da qualche sacerdote: “brigatista”, “comunista”, “rivoluzionaria” e solo perché non mi nascondevo dietro un dito e non abbassavo la testa. Sa perché vorrei seguire la strada del giornalismo? Perché al di là dei luoghi comuni credo ancora che informare, dare voce e giustizia ai “comuni mortali” sia un dovere. E non mi affido a “santi in paradiso”, ma al merito, unica strada maestra per far decollare la nazione.
Mi sono sempre occupata di politica, intesa come impegno sul territorio, al di là dei singoli partiti. Per me, lo dimostrano i risultati elettorali di questi giorni, bisogna uscire dalle “stanze del potere” e cominciare a toccare con mano quelli che sono i mali reali, provando a garantire il necessario prima ancora di volatili fantasticherie.
In questi ultimi anni, caro e stimato direttore, prendendo consapevolezza, ho scoperto l’esistenza di una discarica fra le montagne dell’altopiano silano (dichiarato patrimonio dell’Unesco) a 700 km in linea d’aria da casa mia. Abbiamo presidiato, manifestato per strada, ma ritengo che l’arma più potente sia sempre quella benedetta matita, se la si sa usare. Caro direttore, se invece che andare a far seduta nei vari programmi televisivi promuovendo la bancarotta o annunciando una “forse-dimissione in semplici comode rate”, i “nostri rappresentanti” si recassero in un semplice ospedale, in un pronto-soccorso, in una stazione, in una scuola pubblica, capirebbero dove stiamo andando a parare e si assumerebbero la responsabilità di non far scaramuccia.
La buona politica parte dal basso e non può confluire, in un momento storico in cui muore l’ideologia, in uno scontro di civiltà, attuando una campagna di consensi gettando prettamente fango sul “diverso”, applicando una propaganda razzista. Certamente, la rinascita di idee estreme e movimenti fascisti non sono risoluzioni per me.
Sono stata sempre condannata per le mie idee libere, additata, mi è stato tolto anche il saluto da alcuni “vecchi volponi” della politica in loco che ancora praticano il “do ut des”. Per qualunque cosa: vuoi dar vita ad un progetto, vuoi aprire un’attività, vuoi semplicemente scrivere e parlare, devi ingraziarteli o sei fuori dai giochi.
Tuttavia, per fortuna, queste elezioni politiche sono state un calcio all’omertà ed è stato fantastico veder cadere tutte le fortezze, gli arroccamenti costituiti da masse indottrinate. Vince il populismo? Non lo so. Non credo. Vince la gente stanca, vince la gente che per la prima volta qui sfoglia un programma, vince il buon senso contro i pacchetti di voti spostati da una parte all’altra, vince la libera scelta.
Vince la Rete? Vi racconto la mia esperienza. Finalmente una grande affluenza alle urne e non solo. Protagonista di queste elezioni una totale affluenza in Rete senza veli. Tutti i miei amici virtuali (molti reali anche nella vita) si sono esposti sulle varie piattaforme social. Se prima c’era la piazza in paese, ora antropologicamente siamo un po’ cambiati anche noi e ci si confronta online. Che sia un male o un bene, non starò qui a far polemica su questo aspetto.
Voglio invece evidenziare come la stessa violenza psicologica sia stata attuata sulla Rete dagli stessi influencer o da nuovi esordienti appartenenti ai vecchi “regimi”, siano essi di destra o di sinistra. Insulti gratuiti diretti e personali, stati su facebook a mo’ di frecciatine, commenti carichi d’odio, giochini che consistevano nel “simbolo schiaccia simbolo”, nel “ti rimuovo l’amicizia” o “ti blocco”, il tutto coronato da un’escalation di fake news dove era difficile muoversi. Un circolo vizioso in cui io stessa mi sono ritrovata vittima e di conseguenza carnefice. Su un social emerge la sconfitta della politica attuata e “gestita” fino ad oggi. Qui muore la democrazia, qui su un social esce lo specchio di questo Paese. Un Paese soprattutto deluso che vuole urlare il proprio dissenso, che ci mostra attraverso i link la faccia della disoccupazione giovanile che cresce e che viene adombrata da nuove promesse, come la creazione di un ponte sullo Stretto, o incentivata da riforme come quella dello Jobs Act.
Caro direttore, come sono difficili questi tempi, come sono pericolosi per la libertà. Spero possiate pubblicare la mia lettera, che sia da monito e spunto di riflessione per molti.
Con grande stima,
Gilda Pucci