NOI, QUELLI CHE NON MUOIONO DI CORONAVIRUS MA CON CORONAVIRUS
Mi chiamo Flaviana ho 71 anni, cinque anni fa sono stata operata di tumore al colon con successiva chemioterapia e anche se adesso, grazie a Dio, sto bene, va da se che il mio sistema immunitario non è al top. Inoltre, come tante persone della mia fascia di età, ho anche altre patologie. Aggiungo che vivo in Calabria in provincia di Cosenza. Appartengo, insomma, a quella categoria di persone predisposta, qualora contraesse il virus, ad avere tutte le aggravanti possibili.
Probabilità di superarlo? Nulle!
Infatti, atteso un simile quadro di partenza e considerando che da noi già in situazioni di “normalità” la sanità è deficitaria (non per la preparazione dei medici, ma per la carenza di tutto il resto), in caso di pandemia, con pochissimi posti a disposizione nei centri di assistenza e in terapia intensiva, non penso che le persone della mia età e nelle mie condizioni possano ricevere lo stesso trattamento che riceveranno persone più giovani e con quadro clinico meno compromesso?
Tutto questo sta già avvenendo nelle regioni del nord, lo sappiamo benissimo anche se si fa di tutto per nasconderlo. Ora va di moda dire che gli anziani non muoiono di coronavirus ma con coronavirus.
Ecco, questo è quello che mi offende di più.
Non è accettabile, non tanto essere considerati elementi inutili e quindi sacrificabili, quanto essere considerati degli idioti da raggirare con le parole.
Non è accettabile anche perché, fin dall’inizio, è stata veicolata a tutto spiano l’informazione che questo virus prendeva solo gli anziani e solo loro morivano mentre per gli altri sarebbe stata non più di una semplice influenza. Questo ha fatto sentire il resto della popolazione al sicuro e libero di girare in lungo e in largo e infettare parenti e amici più deboli e in là con gli anni.
A chi interessano gli anziani, anche se moltissimi di loro sono proprio quelli che ancora sostengono i figli e i nipoti senza lavoro?
Per l’INPS uno sfoltimento di questa popolazione è la soluzione a tutti i problemi anche se ci ha succhiato il sangue per tutti gli anni in cui abbiamo lavorato.
Lo Stato? Meno assistenza e quindi più risparmio. Una bella botta di fortuna!
I giovani? Abbiamo assistito ad una folle manifestazione di egoismo e superficialità da parte loro che si sentono invincibili e nella stragrande maggioranza non si preoccupano degli altri. E hanno ragione. Loro si salveranno, e non perché lo meritino per grazia divina o per selezione naturale secondo i criteri malthusiani ma perché un medico che ha un solo posto a disposizione sceglierà di curare al meglio il paziente più giovane. Noi siamo sacrificabili.
Ma l’amarezza più grande è data dalla certezza che non si saprà mai quello che è successo perché nessuno avrà il coraggio di ammetterlo pubblicamente.
Una volta si diceva “largo ai giovani”. Bene. Basterà loro attendere ancora un poco e spazio ne avranno da vendere e non ci ringrazieranno perché, come al solito, penseranno che è loro diritto vivere e sopravvivere. Non penseranno che la nostra morte è stato il prezzo per la loro vita.
Vorrei che ci fosse almeno qualcuno che provasse un poco di vergogna e almeno una stretta al cuore se dovesse trovarsi davanti ad una simile scelta ma so che saranno veramente pochi.
Certo, non me lo aspetto dalla dr.ssa Gismondo, persona che non stimo affatto, perchè prima ha minimizzato e poi a spiegato a suo modo quello che sta avvenendo. Proprio lei, infatti, tra gli altri, ci ha tenuto più volte a precisare che gli anziani erano morti “non di corona virus ma con corona virus”.
Ecco, io vorrei che questa emerita dottoressa sentisse un poco di vergogna; anche i malati di tumore e di tutte le altre malattie muoiono perché si ferma il cuore, ma questo non abilita i medici a dire che sono morti per patologie cardiache.
Sono tanti gli esperti ma anche i ciarlatani, che affollano i programmi ormai non stop su tutte le rete tv e a tutti si consente di parlare; solo noi, quelli che moriranno “con coronavirus” non abbiamo diritto d’asilo. Noi siamo senza voce come le cavie da laboratorio che inutilmente in nome della scienza si continuano a torturare e alle quali vengono tagliate le corde vocali affinchè non possano urlare il loro dolore e il loro terrore ma solo esprimerlo con gli occhi, occhi che non guarda nessuno.