Lettere a Iacchite’, un caffè a Cosenza: vida cchi ti pigli aru bar

Ho deciso, dopo una lunga giornata di riflessione e dopo aver letto attentamente decine e decine di commenti e articoli sull’ordinanza apri bar della signora Santelli, di uscire per andare a bere un caffè al bar. Ho deciso di farlo, attenendomi scrupolosamente alle disposizioni anti-contagio, nonchè munito di guanti e mascherina a norma, perché mi son detto: se questo è questo quello che ci aspetta, meglio iniziare a farci l’abitudine. Se la fase due dovesse durare tanto non potrà esserci altro modo di utilizzare i luoghi pubblici se non questo: distanza sociale e dispositivi anti-contagio. Regole che potrebbero accompagnare la nostra vita ancora per chi chissà quanto tempo. Se è questo quello che il prossimo futuro mi riserva, allora vale la pena fare qualche prova, giusto per capire come funziona. Anche se resto dell’avviso che forse bisognava aspettare ancora un po’ prima di dare il via libera ad una ordinanza che sostanzialmente riporta la gente per strada.

Ho fatto un breve ma intenso giro per la città, e la prima cosa che ho notato è che non sono poi così tanti i bar che hanno aperto, secondo me il vero “boom” di aperture ci sarà lunedì. E l’atmosfera che ho trovato attorno a quei pochi tavolini, sistemati a distanza di sicurezza l’uno dall’altro, non è più quella a cui siamo abituati: un luogo di incontri e saluti, ma pare di stare all’interno di un quadro surrealista. Almeno questa è stata la mia sensazione. L’impressione che ho avuto è stata quella di trovarmi in un piccolo e distanziato gruppo di sopravvissuti. L’atto del bere il caffè, più che un momento di puro relax così come l’abbiamo sempre inteso, in quella dimensione, si trasforma in un atto meccanico, al pari di un’auto che si ferma a fare benzina, giusto il tempo di riempire il serbatoio e subito via e avanti un altro. Per chi come noi ha l’abitudine di bere il caffè con un occhio al giornale, o condito da due chiacchiere con il barista e per il gusto sublime di dire all’amico che entra: “vida cchi ti pigli”, quello che ho visto è un altro mondo.

Ma nonostante ciò mi son detto: se non riaprono queste attività tipo bar, ristoranti, pizzerie, pub, Cosenza davvero rischia di morire socialmente ed economicamente, e allora se il prezzo da pagare è questo, forse vale la pena cambiare abitudine (con la speranza di tornare al più presto alla solita consuetudine) e continuare a frequentare il tavolino del bar almeno una volta al giorno, giusto il tempo di un caffè. E sempre nel pieno rispetto delle norme anti-contagio, perché ho capito che per ritornare alla normalità, oltre a dover passare obbligatoriamente per questa strada, c’è bisogno che riparta l’economia. Altrimenti sono guai.

Ed è per questo che oggi, più di ieri, l’imprenditore ha bisogno del nostro aiuto, che significa spendere denaro nella sua attività, perciò serve in maniera disciplinata l’aiuto di tutti. E visto che sarà così, vale la pena anche dire agli imprenditori di fare tutto quello che va fatto, in materia di sanificazione, per mettere in sicurezza la salute di tutti: proprietario, dipendenti e clienti.

Non lo so se funzionerà, ma non vedo altra strada per chi lavora e vive di questo. Io faccio la mia parte, con serietà e disciplina, rispettando rigorosamente tutte le prescrizioni, non voglio mica contagiarmi. E già che ci sono ho deciso che stasera ordinerò una pizza a domicilio. In attesa dell’apertura dei parrucchieri. Viva Cosenza e i cosentini.

Lettera firmata