Ospedale civile dell’Annunziata: odissea di attesa e mediocrità
Cosenza – ospedale civile dell’Annunziata. Siamo in un sabato pomeriggio, pronto soccorso ginecologico, e troviamo il classico scenario di sempre. Porta della sala visite aperta con dentro solo un’infermiera che accoglie i fogli di ingresso pazienti provenienti dal TRIAGE, medico del pronto soccorso assente, coda di pazienti in corsia, guardia giurata alle porte di ingresso che fa da vigile urbano, e siamo solo alle 15,30 circa di sabato 08 aprile 2017.
Lo scenario fin qui sembra tranquillo, un classico pomeriggio di sabato all’ospedale, ma ascoltate cosa succede alla signora A. M. alla fine della 39^ settimana di gestazione, che si presenta in reparto proveniente dal TRIAGE e accusa dolori al ventre. Ricordando che il medico di pronto soccorso ginecologico non è in sala visite, l’infermiera, con saper fare, accoglie la scheda di ingresso per cominciare a registrare la signora. E fin qui tutto regolare, nel contempo passano i minuti, arriva qualche altra urgenza e comincia a generarsi una sorte di coda di visite d’urgenza.
Poi ecco il colpo di scena: si vede finalmente un camice bianco, un dottore che apparentemente dovrebbe essere il medico di pronto soccorso ginecologico, entra in sala visite, l’infermiera che prima era in accoglienza, che registrava l’ordine di arrivo delle pazienti, si sposta momentaneamente dalla sala visite, entra la signora A. M. , chiede al medico di visitarla, il medico afferma con testuali parole: “Signora, deve attendere, senza l’assistente, riferito all’infermiera, non posso iniziare”. E si attende qualche minuto li, il medico bello comodo sulla sua poltroncina dietro la scrivania, la signora sulla sedia tipo scuola media, assoluto silenzio.
Il silenzio viene rotto dallo squillo del cellulare del dottore in questione che risponde alla chiamata personale del suo cellulare dirigendosi nei meandri del reparto facendo perdere le proprie tracce. Passa il tempo, i minuti diventano tanti e finalmente verso le 16,30 un altro medico di passaggio che sfilava dalla macchinetta del caffè all’area nascite, interpellato dalla medesima infermiera, quasi impietosita dalla tolleranza del paziente in attesa, sempre la signora A. M., senza nemmeno accennare ad una minima visita, la manda in area nascite per un tracciato di controllo. E fino a qui sembra tutto normale: la signora si avvia all’interno dell’area nascite, per l’atteso controllo del bambino che ha in grembo e lo stato preparatorio del parto.
Ma qui ci soffermiamo un attimo. La signora, che vive a 40 km da Cosenza, è stata accompagnata dal marito, e questa visita di controllo e monitoraggio del nascituro dura circa 40/45 minuti. Il marito viene accompagnato fuori dal reparto dalla guardia giurata: non è più allestito il salottino di cortesia per gli accompagnatori? Ma questa saletta di attesa ormai sono anni che non è più utilizzabile! In parole povere se tua moglie deve partorire, tu devi aspettare nelle scale.
Essendo un reparto dove non hai una stima del tempo del travaglio, puoi stare dai pochi minuti alle diverse ore, ma nelle scale, a dividere quelle poche sedie a disposizione con i parenti di altri pazienti che attendono l’orario visite, e non solo, poiché le stesse sedie sono condivise anche per i genitori che attendono l’orario visite al reparto neonatologia, e come se non bastasse, le stesse devono essere condivise anche con i parenti dei pazienti che entrano in sala operatoria. Usando la nostra immaginazione, possiamo ricreare lo scenario.
Ma la vicenda della signora A. M., che sembra aver preso una giusta direzione, ha ancora un colpo di scena. Dopo circa mezz’ora di attesa in area nascite, il controllo non viene fatto per il semplice motivo che non ci sono posti, e viene rispedita al pronto soccorso ginecologico. Ormai stremata sia per l’attesa che per lo stress decide di ritornare a casa con il marito, ma purtroppo non può perché il medico che deve firmare le dimissioni è in sala parto. Deve attendere, “ANCORA”. E finalmente dopo circa mezz’ora, alle 17,30 si riesce a uscire da quel calvario, con il medico che fa una superficiale visita di controllo e firma le così tanto attese dimissioni.
Ora, mi chiedo: possibile che nel 2017, con tutti i casi di malasanità accertata, si continua a lavorare con tanta superficialità? Se chiedi all’ingresso del pronto soccorso ginecologico che fine abbia fatto il medico, senti sempre la stessa risposta “è in sala operatoria per un’urgenza”. Ma nello statuto ospedaliero e di reparto, non ci sono le diverse figure che devono ricoprire gli incarichi giornalieri e garantire i diversi servizi, senza essere in due posti contemporaneamente ? Qua si sta parlando di vite umane, dove il tempismo nel primo soccorso è una componente di vitale importanza. È paradossale che si faccia tanta propaganda all’accrescimento demografico, se poi di fatto si sentono storie del genere che ti demoralizzano poiché si pecca sull’assistenza sanitaria alla futura MAMMA. E casi come questo, di normale routine nel reparto, come nei tanti reparti del nosocomio bruzio, sono di pubblico dominio, ma pochi hanno il coraggio di renderli pubblici.
Questa è solo una delle tante voci: il malcontento generale ormai dilaga, ma cosa fa la direzione sanitaria? Ha mai verificato se il servizio fornito è realmente efficace, oppure vi sono delle lacune da colmare? Abbiamo delle carenze di qualità del personale medico, vi è una evidente decadenza strutturale, mascherata con le interminabili opere di ristrutturazione che ormai durano da anni, senza vedere mai l’opera finita,”l’eterna incompiuta”. Bisognerebbe dare una svolta a tutto questo, rimettere un po’ d’ordine e, perché no, dare una strigliata anche a tutti quei medici che invece di tener fede al giuramento di Ippocrate, continuano a fare la passerella tra macchinette del caffè, stanze di riposo e cellulari in continuo sibillìo.
Francesco Coscarella