L’indagine del “commissario” Algieri: “Il lavoro c’è, sono i calabresi che non hanno voglia di lavorare”

Secondo una indagine (manco fosse il commissario Montalbano) condotta dal centro studi di Confcommercio Calabria (cosa studiano non si è capito bene) su un campione di 230 imprese attive nel terziario, poco più della metà (per la precisione il 52,6%, citiamo lo studio) vorrebbe assumere, ma non trova personale.

A commissionare l’inchiesta il presidente di Confcommercio Klaus Algieri, ex venditore di auto con amicizie politiche importanti (come a dire, sa canta e sa sona sulu) che, scioccato dai dati emersi dallo studio, lancia il suo grido di allarme: “non è vero che in Calabria manca il lavoro, come si può leggere chiaramente dal nostro studio condotto da scienziati di primo ordine e di fama (leggi “fame”) mondiale, sono i calabresi che non hanno voglia di lavorare”.

Ora, senza voler offendere gli scienziati che tanto hanno lavorato a questa indagine complicatissima proviamo, da ignoranti in materia, a leggere i numeri di questo studio, partendo da una premessa: cosa si intende per “terziario” a queste latitudini? Di sicuro non ci troviamo di fronte al terziario coreano, ma bensì a piccole attività di natura commerciale (definite “imprese” solo per convenzione linguistica) che impiegano al massimo 3 dipendenti, molte delle quali solo uno.

Quindi, se il campione esaminato dagli scienziati incaricati da Algieri (l’uomo che si crede il Gianni Agnelli della situazione) è di 230 “imprese”, il 52,6% delle attività che è in cerca di personale e non lo trova, equivale a 120 “imprese”. A voler fare una media di 2 persone a “ditta”, i lavoratori che mancano sono pari a 240. Ma facciamo una media di 3 (se volete anche 4 o 5): mancano 360 lavoratori. Per lo più lavapiatti, aiuto cuoco, pizzaioli, inservienti, magazzinieri, addetti alle pulizie, operai generici, commessi/e, banconisti. Dunque, per Algieri che ha finanziato lo studio, la rovina del “terziario” in Calabria è la mancanza di 360 lavoratori. Questi sono i numeri. E derivano dallo studio di Confcommercio. Se il commercio in Calabria arranca la colpa non è delle tasse, della mancanza di servizi, del racket, dei pesanti oneri sul lavoro, degli aiuti promessi e mai arrivati, ma del reddito di cittadinanza. Ecco, questa è al conferma che siamo di fronte ad una propaganda vergognosa contro il RdC, condotta da personaggi che non hanno nessun altro interesse se non quello di proteggere e tutelare i propri affari. E per meglio sostenere il lucro hanno bisogno, non di personale, ma di schiavi da sfruttare.

Vogliamo chiedere a Klaus Algieri di pubblicare l’elenco di queste imprese che non trovano personale, così, magari, ci facciamo due risate tutti insieme. Aspettiamo la lista.