Oggi ricorre il primo anniversario della morte di Ilaria Mirabelli ed è nostro dovere ricordare, per quello che possiamo, quanto è accaduto in un lunghissimo anno senza che ancora la verità sia uscita fuori e in attesa che – il 7 ottobre prossimo – venga celebrata l’udienza preliminare. Di seguito, uno dei primi articoli che ricordavano complessivamente i fatti.
Come volevasi dimostrare: quando si tratta di indagare su autorevoli membri della fratellanza occulta, discendenza compresa, l’ordine per la procura di Cosenza è attivare l’operazione tarocco. Prove, testimonianze, intercettazioni sul fratello indagato (perché finalmente lo è diventato dopo quasi due settimane dagli eventi e quasi quasi abbiamo gridato tutti al miracolo…), devono essere occultate o taroccate.
E nello strano caso del molto presunto incidente autonomo in cui ha perso la vita la giovane e solare Ilaria, l’operazione tarocco è partita sin dal primo momento, con l’invio sul posto di insabbiatori professionisti con il compito di trasformare la scena del crimine in uno scenario da incidente stradale. Inquinare le prove e alterare la scena del crimine è la prima necessaria fase da svolgere per assicurarsi la buona riuscita dell’operazione tarocco. Perché è sul posto che si effettuano i rilievi e si raccolgono le prove e le testimonianze a caldo, che si traducono, poi, in verbali e relazioni di servizio. Quando si dice “carta canta”. Ed è quello che succede subito dopo il sempre più presunto incidente autonomo in cui è coinvolto Mario Molinari, alias “panettone”. Sulla scena del crimine prima ancora che l’ambulanza, e i vigili del fuoco, arriva la cavalleria avvisata telefonicamente da Mario Molinari, per sistemare le cose. Ormai non è più un mistero: ci ritorneremo a tempo debito.
Ma a rompere le uova nel paniere agli insabbiatori arriva, inaspettato, sulla scena del crimine, alle ore 21,00, l’avvocato Ugo Morelli, che evidenzia da subito tutte le sue perplessità sulla dinamica del presunto incidente. Riesce a fare qualche foto e a girare qualche video, ma, così ci riferisce, il maresciallo Luca Pagliara gli intima di consegnarli il telefonino e cancella molte foto. Se non fosse stato per lui molto probabilmente gli insabbiatori avrebbero già chiuso il caso come un tragico incidente stradale.
Ma Ugo Morelli non è il solo imprevisto che gli insabbiatori devono affrontare. Il grosso problema consiste nell’inventarsi una dinamica dell’incidente credibile e che possa giustificare il ritrovamento del corpo di Ilaria a circa 50 metri dall’auto. Purtroppo – per loro – non possono spostare il corpo di Ilaria perché c’è la testimonianza di un cittadino (un vigile del fuoco) che mentre transitava sulla statale 108 bis “avvista” il corpo di Ilaria, ed è il primo a fermarsi e a tentare un soccorso. Dunque, il corpo di Ilaria era visibile dalla strada, e questo dato non si può modificare, mentre l’auto è lontana dal suo corpo, e non visibile dalla strada, almeno 50 metri. Sul mezzo però si può agire. Infatti l’unica preoccupazione del maresciallo Luca Pagliara è quella di non far avvicinare nessuno all’auto. Per tutto il tempo che sosta sul luogo non effettua misurazioni, non reperta gli oggetti, non fotografa l’auto e i luoghi interessati dall’incidente, e solo alle 22,00 chiama la polizia scientifica che quando arriva trova l’auto di Molinari già sul carro attrezzi, e la scena del crimine fortemente alterata. Le uniche foto esistenti dell’auto sono state scattate dal personale dell’Anas che giunge sulla scena del crimine alle 18,20, due ore dopo il tragico evento.
Succede, alcune volte, nella contingenza dei tempi, che gli insabbiatori sono costretti ad improvvisare. E viste le difficoltà del caso decidono di approntare una versione di massima sulla dinamica dell’incidente su cui lavorare nei giorni seguenti. Il tempo c’è. La pm Donato è in ferie e nessuno controlla niente. Una vacatio studiata. Ma la situazione dopo 10 giorni di silenzi e bugie precipita, e di tempo per limare i tarocchi non ce n’è più. La notizia arriva su tutti i giornali nazionali e i maggiori programmi televisivi iniziano ad interessarsi al caso. La pressione mediatica costringe la procura di Cosenza ad approntare uno straccio di versione da dare in pasto alla sempre più indignata opinione pubblica. Bisogna sedare gli animi, la gente ha capito il pacchiano tentativo della procura di coprire le responsabilità di Mario Molinari, e questa volta nessuno è disposto ad accettare insabbiamenti. E così, vigliaccamente, la procura ordina ad alcuni giornali cittadini al loro servizio di diffondere un primo accenno di versione sulla dinamica del presunto incidente. Si guardano bene dal produrre un comunicato stampa. Preferiscono far parlare i loro servi sciocchi.
La versione da diffondere è questa: Ilaria alla guida dell’auto, con a bordo Mario Molinari, per chissà quale motivo perde il controllo della vettura e finisce fuori strada. L’auto senza controllo imbocca un sentiero sterrato coperto da sola sterpaglia interposto tra la carreggiata stradale e una recinzione di quelle che servono per impedire alle mucche di sconfinare sulla strada. Il sentiero è parallelo alla careggiata stradale e privo di alberi. Caratterizzato da una lieve pendenza lunga poco più di un metro prima di pianeggiare perpoco più di cento di metri. L’auto ormai fuori controllo cappotta, e mentre ribalta Ilaria, non si sa come, e da dove, finisce lontana dall’auto a una distanza di quasi 50 metri. Una versione talmente illogica che solo la feccia della procura di Cosenza poteva “mettere in scena”. Sono stati costretti ad agire in fretta e con il materiale a disposizione, e a sgamo avvenuto, di più non potevano fare. L’unico tarocco che si può fare è quello di accorciare la distanza tra l’auto e il corpo senza vita di Ilaria, per rendere la versione più credibile. Infatti nelle ultime 24 ore la distanza tra il corpo di Ilaria e l’auto è scesa da 50 metri a venti metri, addirittura 15. Ma anche 20 e persino 15 metri restano una bella distanza da spiegare con la dinamica del cappottamento. Bisogna spiegare scientificamente come ha fatto Ilaria a finire a 50 metri dall’auto.


Non bisogna essere degli esperti in sinistri stradali per capire l’assurdità di questa versione. Ilaria non era alla guida dell’auto, e non può essere altrimenti. Il suo corpo viene trovato proprio all’imbocco del sentiero sterrato, e questo significa che Ilaria non è sbalzata fuori dall’auto causa cappottamento, dato che l’auto viene ritrovata 50 metri più avanti cappottata. Ilaria “esce” dall’auto prima che la stessa cappotti, ammesso che sia così, e dal lato passeggeri non certo da lato guida. E nonostante l’auto cappotti, senza che nessuno specifichi quante giravolte ha effettuato, il tetto dell’auto risulta danneggiato solo nella parte anteriore. Il che risulta molto strano: generalmente il tetto di un’auto ribaltata presenta danni su tutta la sua superfice. Per non parlare del cofano motore dell’auto intatto. Possibile che il cofano di un’auto che si ribalta tra sterpaglie, pietre, radici, non riporti neanche un graffio? E poi come è possibile che il parabrezza non sia andato in frantumi quando l’auto atterra violentemente sul terreno capovolta? Le lesioni sul parabrezza parlano chiaro: è stato l’impatto con un “oggetto” esterno a provocarle.
È chiaro dalle foto che l’auto più che violentemente cappottata, sembra essere stata adagiata sul tetto. E di giravolte non può averne fatte tante perché la rete di recinzione che delimita il sentiero sterrato non è stata oltrepassata. La distanza tra la carreggiata e la recinzione è di poco più di 4 metri. Se avesse fatto più giravolte si noterebbero i segni sul terreno. Di sicuro c’è che l’auto percorre 50 metri nel sentiero sterrato prima di cappottare, e se mai questo è avvenuto, è stato dopo che Ilaria giaceva già morta all’imbocco del sentiero. Nelle due ore che precedono l’arrivo dell’Anas sul luogo del delitto, le 18,20, che scatterà le foto dell’auto ribaltata, può essere successo di tutto. Orario che coincide con la telefonata che Mario Molinari fa alla mamma di Ilaria per dirle dell’incidente e che Ilaria era stata trasportata all’ospedale sull’ambulanza. Mentre Ilaria giaceva morta ai suoi piedi.
A questo punto sapere se l’auto si è cappottata oppure no o se si è cappottata prima o dopo non è più importante, l’evidenza dei fatti ha già chiarito a tutti come verosimilmente sono andate le cose. Che cozzano con quanto sostenuto fino ad oggi da Mario Molinari che dopo 13 giorni di silenzio interviene non per spiegare a tutta la città come sono andate la cose, ma per lamentarsi della campagna mediatica denigratoria che gli è piovuta addosso. Si proclama un bravo ragazzo dedito solo al lavoro, e di non essere stato mai violento con Ilaria. Annuncia ritorsioni e chiede aiuto a giudici e uomini in divisa corrotti per fermare l’infame campagna stampa che lo dipinge come un mostro. E tutto questo senza mai citare Ilaria. Senza esprimere un pensiero o ricordo della persona che lui dice di aver rispettato e amato, e che oggi non c’è più. Senza rivolgere un pensiero di conforto alla mamma e alla sorella di Ilaria che meritano di sapere la verità ma che evidentemente affermando in diretta tv nazionale che Ilaria voleva lasciarlo fin dai primi di agosto gli hanno scompaginato i piani. Ma d’altra parte a denunciarlo con le ipotesi di omicidio volontario e/o stradale è stata proprio la famiglia di Ilaria e non certo i giornalisti. A questo punto l’esigenza primaria è quella di evitare conseguenze e di minacciare chiunque si metta di traverso. Costi quel che costi. Ma – ahilui – temiamo che questa volta non sarà facile.











