(SAVERIO RAIMONDO – ilfoglio.it) – Non vi vedo abbastanza preoccupati per la Terza guerra mondiale. Eppure ormai a parlarne non siamo più solo noi ansiosi. Forse non vi sono chiare l’entità e le dimensioni della cosa: come dice la parola stessa, la guerra mondiale sarebbe mondiale, cioè tutto il mondo sarebbe in guerra – sarebbe in guerra persino il Molise, per dire. Non ci si può nascondere da nessuna parte. Toccherebbe difendersi, combattere, resistere. Ma siamo in grado? Io no, per esempio. Dico questo perché ancora non ho capito se in caso di Terza guerra mondiale io sarei arruolato. Sono nato nel 1984, ho compiuto da qualche mese 40 anni: sarei ancora in età a rischio reclutamento forzoso? Ma per fare cosa, poi? Io non ho fatto il servizio militare, quando ero un ragazzo era già stata abolita la leva obbligatoria. Non so marciare (tendo a inciampare), non prendo ordini da nessuno (più che altro nessuno me ne ha mai dati: lo sanno tutti che io sono un inetto e non so portare a termine nessun tipo di missione senza chiedere a mia volta aiuto), e in divisa starei malissimo (anche se il mio colorito verdognolo può essere facilmente spacciato per un incarnato mimetico). Non so usare un cavatappi, figuriamoci un’arma da fuoco. E poi con la fortuna che mi ritrovo, se mi mettete una pistola in mano incontro di sicuro l’uomo con il fucile.
Le mie dimensioni – snello e di bassa statura – non mi rendono valido nemmeno come scudo umano. Ma non ho nemmeno il coraggio di mettermi a fare il disertore: nessun patriottismo, è solo che poi finirei in carcere, e le carceri italiane sono solo dei suicidifici. Come posso dunque rendermi utile, in caso di reclutamento della popolazione? Guardate che il discorso non è solo egocentrico: non so se il mio sia un discorso più sociale o generazionale, ma in giro è pieno di gente come me, giovani e non più giovanissimi appartenenti a una specie di ceto medio o quel che ne resta, che non siamo stati in grado di difendere i nostri diritti, il nostro potere d’acquisto, il nostro welfare, figuriamoci se saremmo in grado di difendere i nostri confini nazionali – che per altro non conosciamo, non avendo più fatto geografia a scuola. Forse – non me ne vogliano – si potrebbero far arruolare giusto i palestrati, i personal trainer: almeno loro il fisico ce l’hanno, e daremmo finalmente un senso a tutti quei muscoli.
Ma quello che mi preoccupa ancora di più dei cittadini impreparati, sono i militari di professione. Voglio dire: l’ultima guerra che abbiamo vinto era nel 1918. Noi italiani le armi le sappiamo vendere, questo è certo; ma le sappiamo anche usare? Inoltre, l’ultima volta che un nostro militare si è distinto è stato nel campo editoriale, dove ha fatto molto parlare di sé non per coraggiose imprese militari ma perché sulla metropolitana di Parigi perdeva l’equilibrio apposta per toccare le mani alle persone di colore per sentire come avevano la pelle. La mia domanda (preoccupata) è: ma il nostro esercito, le nostre forze armate, sono composte solo da gente come il generale Vannacci? Perché in tal caso, se fossimo invasi saremmo spacciati! Il generale ha ammesso di aver corteggiato una donna senza accorgersi che era trans, figuriamoci se lo mettessimo a sorvegliare i nostri cieli o i nostri mari: scambierebbe dei caccia per dei piccioni, delle portaerei per dei pedalò. Insomma: il nemico ce l’abbiamo in casa. E siamo noi. Non ci resta, come in certe partite di calcio, di sperare in qualche autogol degli avversari.