Il dibattito sulla sanità dilaga. La malapolitica mette le mani dappertutto e quindi mai come ora c’è bisogno di dare un aspetto il più organico possibile alle questioni. Senza voler per forza demonizzare il gruppo iGreco, che magari non ci sarà molto simpatico (questo lo ammettiamo) ma che deve rispettare alcune elementari regole del vivere civile.
Il “privato” non deve essere offeso, inibito, respinto, d’accordo, ma deve essere un privato che investe propri denari, senza poi chiedere, però, aiuto al “pubblico”, allo stato, alla Regione, al Comune o a chissà chi altro ancora. Deve rispettare gli indici, le destinazioni d’uso, seguire cioè un iter normale rispetto a quello che è imposto agli altri, ora e sempre.
Il privato vuole costruire una struttura sanitaria privata? Bene, privata deve rimanere ora e sempre ed indicare sin da subito ambito, servizi, dimensioni. Un ospedale non può nascere come “ospedale privato” per poi trasformarsi, alla prima occasione, in qualcos’altro; in una clinica, in una residenza, in un albergo, in un palazzo. Perché se cosi fosse, si tratterebbe di un “imbroglio”, di una truffa, di una millanteria.
I politici, ai vari livelli, non si devono mostrare ostili, ma nemmeno proni, deboli, timidi. E per farlo non devono chiedere “favori” di nessun tipo; non devono pietire assunzioni, indicare ditte ai privati e compagnia bella. Devono, invece, a nostro modesto avviso, diventare possenti nel rivendicare ed ottenere la costruzione del nuovo ospedale pubblico della città di Cosenza.
L’Annunziata è, purtroppo, un lazzaretto e non per colpa degli operatori che, anzi, svolgono un lavoro difficile, spesso miracoloso garantendo livelli minimi di assistenza in una struttura logistica ed infrastrutturale pessima, inumana, ingloriosa della grande scuola medica cosentina. Realizzare l’ospedale nuovo, quello pubblico, è un dovere assoluto e quanti ne ritardano la costruzione, per cavilli, interessi, disattenzione, complicità devono essere additati al pubblico ludibrio.
Questo riguarda non solo il sindaco di Cosenza, ma insieme ad esso tutti i sindaci dell’area urbana, nonchè la deputazione regionale e nazionale.
Tutto, purtroppo, segna viceversa una profonda debolezza, incapacità, mediocrità quando si tratta di perseguire questa ambizione pubblica; diventa insopportabile, pertanto, la velocità con la quale ci si è schierati a favore del “privato”, a Rende ed a Cosenza. Un “privato” che peraltro pone il tema dell’antitrust, del monopolio, della libertà di impresa.
Quando si crea un monopolio, vuol dire che qualcosa si colora di grigio e le zone grigie sono tutt’altro che facili da schiarire. Il monopolio è un sistema economicistico, contro il quale i riformisti, di ogni razza e latitudine, dovrebbero muovere azioni di garanzia, mentre appare evidente che il “monopolio sanitario cosentino”, anche quello “calabrese” è troppo vicino alla politica, se non addirittura figlio di una certa politica. E diventa, allora, una cosa riprovevole, negativa, ben lungi dall’essere una forte e chiara azione imprenditoriale.
Il “caso Rende” è un segmento, ultimo, di tale infausta commistione e, pertanto, ormai non ci meravigliamo più di come il percorso voglia essere facilitato, veicolato, sostenuto.
Se fossimo consiglieri comunali di Rende chiederemmo, non la prevista Conferenza dei Servizi, che ben si capisce come e cosa muoverà, ma una chiara, decisa, forte, immediata decisione sulla costruzione del nuovo ospedale di Cosenza.
La provincia più grande e popolosa della Calabria non può disporre di un ospedale a metà, con reparti smembrati, alcuni chiusi, lasciando molti pazienti senza cura e garanzia, costretti a curarsi altrove o di “pagare” il privato.