Avevano scontato una condanna per mafia ed erano tornati alla loro attività di sempre. Due boss puntavano a fare tornare la cosca di Barcellona Pozzo di Gotto agli splendori criminali di un tempo. E c’erano riusciti, purtroppo. Le indagini dei carabinieri del comando provinciale di Messina, coordinate dalla procura diretta da Maurizio de Lucia, hanno svelato una presenza pressante di Cosa nostra sul territorio. Questa notte, sono scattati 81 arresti. Notificati anche cinque obblighi di presentazione alla polizia giudiziaria.
La cosca di Barcellona era tornata ad imporre i propri buttafuori ai locali della costa tirrenica. Molti altri imprenditori erano costretti a pagare il pizzo. I boss puntavano anche su nuovi traffici di droga. E poi reinvestivano i proventi illeciti in attività economiche lecite, nel settore dell’ortofrutta. Anche grazie all’aiuto di insospettabili.
Le intercettazioni dei carabinieri del Reparto Operativo di Messina sono davvero il racconto attualissimo della mafia che si trasforma: l’aspetto più inquietante è nell’atteggiamento che viene registrato nei confronti dei padrini tornati in libertà. Purtroppo, in tanti continuano a cercare i boss, per risolvere le questioni più diverse. Persino per cercare voti nel corso delle campagne elettorali. Il caso Messina diventa allora emblematico. Da sempre, Barcellona Pozzo di Gotto è un laboratorio per alleanze e relazioni criminali: al centro, c’è una mafia antica, che custodisce il segreto di tante relazioni con le cosche di Palermo e Catania.
E’ la mafia che raccontava un giornalista coraggioso, Beppe Alfano, corrispondente del quotidiano “La Sicilia”, venne assassinato l’8 gennaio 1993. E ancora oggi i familiari chiedono di conoscere tutta la verità sulle vere motivazioni del delitto, una nuova indagine è in corso.
Barcellona e i suoi misteri. Una mafia che incute paura agli imprenditori, nessuno ha denunciato i boss. Altri ritenevano conveniente l’abbraccio dei padrini scarcerati, così speravano di rilanciare i propri affari.