
Jole Santelli prende la parola e su ‘ndrangheta e corruzione dice che bisogna indagare, ma non a casa sua. Intesa come il Comune di Cosenza. Che è giusto fare le indagini ma sempre agli altri, mai ai suoi amici di merende.
Perché a Cosenza, secondo lei, la ‘ndrangheta dei potenti, dei corrotti, e dei malandrini non esiste. Ovviamente non lo dice direttamente, usa il solito giro di parole tipico di quei politici analfabeti (politicamente) che hanno imparato la lezioncina a memoria. Quelli che usano il bignamino del deputato che si mette a disposizione del sistema “corrotto” che lo ha fatto eleggere.
Oltre alla banalità del male espressa con formule retoriche che rimbalzano per tutto l’enunciato come una zecca da un cane all’altro, c’è da notare la grande ipocrisia di cui è impregnata tutta l’esposizione.
Mi spiego: quando deve affrontare il problema della corruzione a casa sua (Comune) l’argomento è liquidato addossando ogni presumibile responsabilità a fattori estranei e cause ambientali, non dipendenti dalla “volontà” del suo amico.
Di contro quando parla della corruzione degli altri, questa fa parte delle caratteristiche innate dei suoi avversari politici. Ma c’è di più in questo comunicato che non comunica niente se non a chi deve capire, cosa che voi mortali non potete capire.
Infatti, questi tipi di comunicati sono infarciti di messaggi subliminali destinati ad un “pubblico” ristretto. Per far abboccare il lettore, passando per una in buona fede che lotta, tutti i giorni a rischio della sua vita, contro il malaffare e la ‘ndrangheta, ovviamente Jole presenta la sua ricetta.
Si dice contraria ad ogni forma di populismo di facciata e garantismo a convenienza che di solito si generano su questo tema scottante della ‘ndrangheta. Perché lei non usa mai queste “formule”, dalla sua bocca escono solo verità e autenticità. E per superare questo, quando si affrontano temi così importanti, bisogna essere riflessivi.
Dunque, un primo passo per far tremare marpioni da 90 è la riflessione. Che come primo punto ha: capire se il potere criminale è determinante per la vittoria di questo o quel candidato. Ovviamente la vittoria del suo candidato è esclusa da questa valutazione, o riflessione, come dice lei.
Per le vittorie degli altri dobbiamo rifletterci un pochino sopra, continua nel suo enunciato la Jole, dicendo che semmai dovesse capitare che qualche mafioso si infiltri nell’amministrazione degli altri, non è detto che il sindaco, o il politico in generale, ne sia al corrente. Potrebbe anche essere ignaro di tutto quello che gli succede attorno.
Un modo per dire a chi deve capire: lasciamoci tutti una porta aperta, e nello stesso tempo lanciare un messaggio di “mediazione”. Come a dire: se qualcuno dei miei o dei vostri ci ‘ncappa in qualche retata, se siamo d’accordo tutti, possiamo sempre dire che non ne sapeva niente.
Strumentalizzando la tesi di Gratteri sulla pericolosità della mafia dei pubblici dirigenti. E scarichiamo tutto su qualcun altro, magari sui dirigenti come nel caso di Occhiuto. Una apertura, agli avversari, che dice anche altro.
Tra le righe di questa nota diffusa alla stampa, dice la Santelli: siccome si è capito, e oramai lo sanno tutti, che negli intrallazzi con la malavita ci siete dentro fino al collo anche voi del PD, facciamo che azzeriamo tutto e stiamo pari? 1-1 e palla al centro.
Se ci state le condizione per stipulare questa pace pare ci siano tutte. La DDA è d’accordo, la procura coiffeur di Cosenza pure, noi siamo d’accordo, e se ci state anche voi la cosa è fatta.
Lo so che questa mia rivisitazione potrebbe sembrare una barzelletta, ma credetemi è di questo che stanno discutendo i politici di ambedue gli schieramenti, con magistrati, evidentemente, disposti ad ascoltarli, in questo momento.
La fuga di notizie sul segretario-deputato mafioso, pareggia i conti con quella su Occhiuto, Manna, Paolini, Greco. Un appattamento è la strada più plausibile, conviene a tutti, tranne che ai cosentini che come sempre sono gli unici a rimetterci.
GdD