Massomafia in Calabria. Il sistema di riciclaggio di Pittelli: il ruolo di Galati, Basile e Luigi Mancuso

Da un po’ di tempo è ritornata alla ribalta la massomafia calabrese, quella che era stata scoperchiata clamorosamente da Luigi De Magistris con le inchieste Why Not e Poseidone. Allora come adesso la figura centrale è proprio quella dell’avvocato Giancarlo Pittelli ed è più che mai opportuno riprendere qualche scritto di quell’epoca per capire meglio come funzionava la “storia”. Tanto più che un personaggio-chiave del sistema di Pittelli è stato richiamato in causa nel processo Rinascita Scott nell’aula bunker di Lamezia, la cui sentenza di primo grado è stata emessa lunedì scorso dopo le richieste di condanna della Dda. Si tratta di Salvatore Domenico Galati, nato a Vibo Valentia il 25.04.1967 e residente a Monterosso Calabro (Vibo Valentia) (http://www.iacchite.blog/massomafia-in-calabria-larticolo-di-iacchite-che-smaschera-e-manda-in-tilt-pittelli/)

“… Secondo le ricostruzioni investigative Giancarlo Pittelli veniva tenuto al corrente degli sviluppi dell’inchiesta di De Magistris dal procuratore di Catanzaro Mariano Lombardi (ora passato a miglior vita, il capo di De Magistris, ndr).
Pittelli, è vero, conosce Lombardi da una vita.

Ma da un certo punto in poi questa amicizia si rinsalda, perché Pittelli diventa socio del figlio della moglie di Lombardi. In fondo è solo uno dei tanti possibili esempi dell’Italia delle famiglie allargate, che colloca i suoi “figli di” in tutti i settori della vita pubblica e delle relazioni che contano, e che al Sud, dove la famiglia è qualcosa “di più” esprime al massimo le sue qualità.
E così il magistrato Lombardi, insieme con l’avvocato – senatore Pittelli e con il figlio della moglie del magistrato fanno famiglia, si sorreggono l’un l’altro, si tengono per mano dove nello stesso tribunale, nella stessa città, nello stesso collegio elettorale, nella stessa chiesa per la santa messa domenicale, sulle stesse spiagge e sullo stesso mare per le vacanze estive dove si gusta la granita, si spettegola e si inciucia, ma soprattutto si preparano le campagne d’autunno.
Che con l’agricoltura ovviamente non c’entrano niente.

Chissà, forse Pittelli e Chiaravalloti erano proprio al mare quando Poseidone, seguendo le tracce dei soldi sborsati per opere mai eseguite o mai collaudate, smaschera una sorta di “interpartito” destra-sinistra.
Una consorteria che manovra un meccanismo divenuto “sistema” in cui si prodigano gruppi di pressione e logge massoniche trasversali che possono contare su uomini fidati, a tutti i livelli istituzionali…

(Carlo Vulpio, Roba nostra. Storia di soldi, politica, giustizia nel sistema del malaffare)

PRONTO, PITTELLI?

Il signor Salvatore Domenico Galati non è mai stato eletto senatore né deputato. Eppure i magistrati, per analizzare una parte dei suoi tabulati telefonici, dovrebbero chiedere l’autorizzazione del Parlamento. E non si tratta di un caso isolato. Com’è possibile? Semplice. È sufficiente che la sua scheda telefonica sia intestata a un parlamentare. E dalle perizie del consulente informatico Gioacchino Genchi, che sono state al vaglio del Copasir (per i profani: SERVIZI SEGRETI), vien fuori che un solo senatore della Pdl – Giancarlo Pittelli – ha attivato tra il 2001 e il 2006 ben 12 schede sim.

«Pittelli – scrive Genchi nel 2007 – non può aver utilizzato, da solo, tutte le utenze che abbiamo elencato. (…). Le utenze di Pittelli sono risultate in contatto con batterie di cellulari utilizzati per delle azioni pluriomicide e addirittura rinvenuti sul luogo di delitti ». Un motivo c’è.

«Pittelli esercita la professione di avvocato penalista», continua Genchi, ma il punto è un altro: «Nel momento in cui Pittelli diviene soggetto passivo dell’azione penale, il divieto di qualunque indagine telefonica si è esteso di diritto a tutte le utenze che possono essere state da lui utilizzate, in modo diretto o indiretto». È il caso, appunto, di Salvatore Domenico Galati, che nulla c’entra con gli omicidi, ma avrebbe avuto un ruolo, secondo Genchi, in «operazioni bancarie assai sospette, per conto del Pittelli, con ingente movimentazione di valuta». Pittelli – che aveva presentato le dimissioni (respinte) al Parlamento – è stato anche indagato dalla procura di Salerno, per corruzione in atti giudiziari, nell’ambito del «caso De Magistris». Nelle perizie di Genchi viene descritto come il «deus ex machina » d’una fuga di notizie che avrebbe danneggiato Poseidone.

L’ex pm Luigi De Magistris l’aveva inquisito in «Why Not» e «Poseidone», prima che venisse trasferito, e perdesse le inchieste. La posizione di Pittelli – sul quale l’ufficio antiriciclaggio aveva espresso dei sospetti – è stata poi archiviata dalla procura di Catanzaro. Per la precisione: dai magistrati che, poi, sono stati indagati dalla procura di Salerno (anche) perché avrebbero favorito Pittelli…

Tratto da “La Stampa” Pronto Pittelli? Le dodici sim del senatore. Dalle perizie dell’archivio Genchi

Fin qui le prodezze di Salvatore Domenico Galati all’epoca delle inchieste di De Magistris nelle quali era già chiaro il riferimento ad operazioni bancarie e quindi di affari tra Galati e Pittelli. E la spiegazione dei problemi tra i due, che emerge dalle intercettazioni del Ros è determinata da questa ulteriore storia, raccontata da Giuseppe Baglivo.

GLI INSEDIAMENTI INDUSTRIALI NEL VIBONESE

Porta a Polia ed a Monterosso Calabro un intero capitolo dell’inchiesta Rinascita Scott trattato in aula – dinanzi al Tribunale collegiale di Vibo Valentia – dall’investigatore dei carabinieri del Ros di Catanzaro, Alessandro Caruso. Un’attività di indagine che chiama in causa diversi soggetti, alcuni dei quali non indagati e che cerchiamo di ricostruire.

Per gli inquirenti la società Axioergos srl di Monterosso Calabro avrebbe costituito «il frutto di un sistema finemente architettato finalizzato all’acquisizione di agevolazioni pubbliche (legge 488/92) ideato e gestito da quello che i carabinieri del Ros nelle loro informative – e la stessa Dda nella loro richiesta di custodia cautelare – hanno definito come «una sorta di “gruppo di potere” costituito formalmente da Domenico Salvatore Galati (cl. ’67), l’ingegnere Francesco Basile ed Egidio Sora – ciascuno con ruoli ben delineati – occultamente da Giancarlo Pittelli e Luigi Mancuso, quale portatore di interessi economici e con un ruolo di “dominus” deputato alla risoluzione di controversie createsi tra gli altri protagonisti della vicenda, per la spartizione di importanti somme di denaro acquisite”. Domenico Galati ed Egidio Sora non sono indagati per tale vicenda, così come l’ingegnere vibonese Francesco Basile, imputato in Rinascita Scott per altra storia.

LA RESTITUZIONE DEI SOLDI

La prima conversazione utile alla ricostruzione degli avvenimenti è stata intercettata il 20 febbraio 2016 tra Giovanni Giamborino di Piscopio (imputato nel maxiprocesso) e Domenico Galati di Monterosso (non indagato, ex collaboratore di Pittelli) nella quale emergeva per la prima volta una sorta di “esposizione debitoria” di Giancarlo Pittelli nei confronti di Domenico Galati e di Francesco Basile. L’avvocato Pittelli, in tale “progetto comune”, avrebbe ricevuto una consistente somma di denaro da un terzo soggetto di cui non veniva fatto il nome (successivamente identificato in Egidio Di Sora) ma sul conto del quale Galati affermava: “I soldi gliel’ha dati veramente, credimi sulla…mia mamma…io…pure che non mi risponde al telefono…, glieli ha dati veramente i soldi, credimi”.

Giovanni Giamborino avrebbe svolto il ruolo di intermediario tra Giancarlo Pittelli e Francesco Basile per il recupero di denaro in favore di quest’ultimo e, in virtù di ciò, avrebbe ottenuto liquidità monetaria da utilizzare per i propri interessi.

Dalle intercettazioni emerge quindi – ad avviso degli inquirenti  – che Giovanni Giamborino avrebbe dovuto ricevere da Pittelli la somma di denaro destinata all’ingegnere Basile, salvo poi rinviare tale dazione direttamente ad un successivo incontro organizzato tra Pittelli e Luigi Mancuso. 

L’intervento di Luigi Mancuso

Tale circostanza, secondo la ricostruzione del Ros, sarebbe confermata dal fatto che Pittelli il 18 marzo 2016 si è incontrato con Luigi Mancuso, con quest’ultimo che dimostrerebbe quindi «sicuri interessi nella vicenda Trust».
Giamborino avrebbe ribadito nelle intercettazioni che Giancarlo Pittelli “stava tirando la corda”, riferendo che avrebbe garantito che per fine anno avrebbe saldato a terza persona (Francesco Basile) la somma di 200mila euro corrispondente ai “soldi dei lavori e della perizia” e peraltro non l’intera cifra, bensì solo la metà. Sempre dalle intercettazioni, i carabinieri del Ros ricavano il dato che Pittelli degli oltre 500 mila euro ricevuti da Di Sora dovesse riconoscere una parte anche a Luigi Mancuso.

In altre intercettazioni, Pittelli lamentandosi con Giovanni Giamborino in ordine al fatto che la situazione creatasi andava avanti da dieci anni, addossandone la colpa alla “denuncia di Galati”, rammentava di averne parlato direttamente con Luigi Mancusocon il quale si era accordato per dilazionare l’estinzione del debitoQuando avrò qualcosa gliela darò”,esigendo che sia Basile che Galati non ritornassero in argomento: “…non mi deve rompere i coglioni…che mi chiamano…”

Giovanni Giamborino avrebbe però ribattuto al suo interlocutore che anche Francesco Basile era stato a trovare Luigi Mancuso, accompagnato dallo stesso Giamborino“… da Luigi è venuto con me l’ingegnere… è venuto con me, una volta sola l’ha visto”. Pittelli concludeva però – stando alle intercettazioni – con tali parole: “…devi dirgli…, l’unica cosa se lo lasciate fottere tutti a Pittelli…”.

E invece sono arrivati ancora altri guai – e che guai – per l’avvocato. Quanto basta per chiudere il cerchio sui rapporti tra Pittelli, Galati e naturalmente anche Basile.