Se è per qualche grado in più, o per ricevere un riconoscimento per far velocemente carriera che avete montato tutta questa tarantella nei confronti di questo sventurato, beh, se liberate Hamil Mehdi, vi prometto che mi impegnerò in prima persona per farvi avere una pergamena, un medaglia e una coppa, lo stesso.
Chiederò a tutti i sostenitori del nostro giornale di armare una colletta per destinarla a tutti gli investigatori che si sono adoperati in questa indagine, così risolviamo anche la gratificazione economica.
Nonché, spero nessuno me lo voglia negare, un bello striscione da attaccare in città, con un plauso collettivo alla digos e al questore. E una gigantografia, tipo murales, al magistrato che ha condotto l’inchiesta. Con tanto di altarino dove deporre offerte e ringraziamenti. E se non basta, mi impegno a parlare con il direttore Carchidi, per concedere tutti i giorni una pagina del giornale che decanta le lodi di tutti gli investigatori, in versi, affidata ai poeti cittadini. Non sarà la promozione che vi hanno promesso, o chissà cos’altro, ma non mi pare comunque poco.
L’arresto di questo ragazzo è solo una grossa montatura per sperimentare una legge liberticida e far passare l’idea nell’opinione pubblica, vista l’emergenza, della necessità di applicarla. E come sempre hanno deciso di sperimentarla a Cosenza, dove non è difficile trovare poliziotti compiacenti e asserviti al potere politico.
Perché ho l’impressione che più che una operazione di polizia per la nostra sicurezza, l’arresto di Mehdi è un arresto politico. Mi meraviglio che un magistrato del calibro del dottor Bombardieri si sia prestato a questo schifoso gioco.

Bombardieri sa bene che non esistono prove a carico di questo ragazzo, se non sospetti sulle sue presunte intenzioni. Infatti sono giorni che dicono – supportati dai giornali di regime, in testa quella munnizza di giornale (stampato con soldi pubblici) che è la Gazzetta del Sud, gli altri non li cito perché tutti insieme non arrivano a 500 copie vendute in tutta la provincia di Cosenza (tre giornali) – di avere le prove dei contatti telefonici tra Mehdi e questi pericolosi terroristi, ma nessuno ha ascoltato o registrato questi contatti.
Tanto a che servono, basta solo dire che ci sono. Nonostante sia stato accertato, cosa che recita anche l’ordinanza, che l’utenza telefonica belga è risultata, come dice Mehdi, intestata al cugino e non a questo o quel terrorista.
Ma chi se ne frega, tanto a difendere questo marocchino non ci si mette nessuno. Possono inventarsi quello che vogliono e questa volta senza l’onere della prova. Lo dice la legge. Non devono dare conto a nessuno di questo o quell’abuso.
Hanno dalla loro gentaglia come il ministro Alfano, che non è nuovo a proclami preventivi sistematicamente smentiti in seguito. Il cui unico scopo è aumentare le cifre statistiche relative agli arresti di terroristi, colpevoli o innocenti va bene lo stesso. Infatti bene si sono guardati dal diffondere chiaramente qualche intercettazione tra Mehdi e i terroristi, perché non esistono.
Tutte le prove a carico del marocchino si riducono a questi video che chiunque di noi può scaricare da internet. Che, a differenza delle intercettazioni, subito hanno diffuso come se a sparare, a squartare, a sgozzare fosse Mehdi, e non i protagonisti di questi orribili filmati di propaganda jihadista. Una cazzata colossale. Che dovrebbe far riflettere un magistrato come il dottor Bombardieri che di inchieste importanti, intercettazioni, pedinamenti, ne ha fatte. E conosce la differenza tra una inchiesta seria e una inchiesta farlocca. Se è in buona fede.
Ieri si è svolto, a via Popilia, l’interrogatorio di garanzia del presunto terrorista, condotto dal Gip dottor Carpino, dove Mehdi ha spiegato il senso del suo viaggio in Turchia e il perché era partito senza dire niente a nessuno.
Il padre non voleva che partisse, e lui è partito ara ‘mmucciuna, perchè voleva trascorrere l’ultima settimana di preghiera del Ramadan alla moschea blu. Ha spiegato perché aveva un biglietto di sola andata: non sapeva bene il giorno in cui sarebbe rientrato se il 18 o il 19 luglio. E poi perché conveniva economicamente.
Ha spiegato che lui non è un terrorista e che qualche video gli è capitato di vederlo, ma solo per curiosità. E che a lui di andare in Siria ad immolarsi nel nome di Dio non gli passa neanche per l’anticamera del cervello. Un colloquio durato meno di 20 minuti.
Più che un interrogatorio di garanzia, per uno che non si è avvalso della facoltà di non rispondere, mi pare una formalità. Di fatto il Gip nulla gli ha chiesto dei suoi contatti telefonici con i terroristi: come mai?
Come mai non gli ha messo sotto il muso le trascrizioni dei suoi colloqui telefonici con elementi riconducibili alla galassia jihadista? Perché non esistono. Se li avessero avuti, state certi che li avrebbero diffusi, fosse stato anche solo per mettere a tacere chi come noi non crede ad una virgola di quanto detto dagli investigatori.
E poi la cosa più importante che nessuno dei media, compresi quelli nazionali che il giorno dell’arresto hanno aperto con titoloni, ha detto è che il computer di Mehdi è stato sequestrato il giorno del suo arresto. Allora come fanno a dire che ha scaricato manuali, filmati e tutto il cucuzzaro per autoaddestrarsi, se solo ieri il tribunale ha disposto l’analisi del computer?
Di più, ancora oggi non esistono trascrizioni delle intercettazioni ambientali fatte a casa del marocchino, perché non sono state ancora tradotte, dicono gli investigatori, ma la verità è che non c’è niente di compromettente, altrimenti avrebbero diffuso subito qualche trascrizione in cui si sente chiaro Mehdi che “confessa” di volersi immolare in nome di Dio.
Senza contare che l’analisi dei tabulati telefonici dell’utenza di Mehdi non ha dato i risultati sperati. Quindi non possono diffondere niente. Possono solo creare con l’aiuto dei soliti prezzolati, un mare di suggestioni. Questo la dice lunga sulla veridicità delle affermazioni di sbirri e magistrati, e sulla bontà di questa inchiesta. Sono andati a naso.
Qualcuno voleva questa operazione e loro si sono prestati, non curandosi dell’angoscia umana di un ragazzo di 24 anni chiuso in una cella, solo, e in preda alla disperazione. Passatevi, se l’avete, una mano sulla coscienza.
Non sacrificate l’esistenza di questo ragazzo per la vostra bramosia di carriera, o per fare un piacere alla politica. La toga e la divisa che indossate merita rispetto e così facendo oltre a non rispettare voi stessi che l’indossate, mantenete ancora in vita una storica affermazione di Martin Lutero: “Ogni uomo di legge o è una carogna o è un ignorante.” Nonostante i secoli.
GdD