Messina Denaro e Graviano: i segreti dell’incontro romano

di Giuseppe Pipitone con la collaborazione di Marco Bova
Fonte: Il Fatto Quotidiano, 13 dicembre 2021
C’è un rapporto profondo che lo unisce a Graviano, quasi quanto gli antichi legami familiari che lo collegano ai Cuntrera e Caruana, i potentissimi narcotrafficanti che avevano la loro base in Venezuela. E poi c’è il ruolo fondamentale giocato nelle stragi, poco prima di cominciare una lunga latitanza. A ogni blitz, a ogni operazione, a ogni sequestro, i giornali scrivono che il cerchio intorno all’ultimo latitante di Cosa Nostra si stringe sempre di più. Ma il centro di quel cerchio rimane sempre, inesorabilmente, vuoto.
Nessuno ancora lo sa, ma all’epoca di quell’incontro alla Fontana di Trevi è appena cominciata la stagione stragista di Cosa Nostra. Di lì a poco cadranno uno dopo l’altro nemici storici della mafia come Giovanni Falcone e Paolo Borsellino, ma anche amici che avevano tradito come Salvo Lima, il viceré di Giulio Andreotti in Sicilia. Ma ancora è presto. In quel tardo inverno del 1992 il Paese è più interessato alle notizie di politica: da lì a poche settimane si tornerà a votare, e per la prima volta sulla scheda non ci sarà il simbolo del Partito comunista, che si è trasformato nel Pds. Negli stessi giorni a Milano viene arrestato Mario Chiesa, il “mariuolo” piazzato dai socialisti a dirigere il Pio Albergo Trivulzio. Sembra un caso isolato e invece sta scoppiando Tangentopoli.Qualcosa si muove pure in Sicilia. Qualcosa di terribile.
Poche settimane prima, il 30 gennaio, la Corte di Cassazione ha messo il bollo sugli ergastoli del maxiprocesso: per i mafiosi condannati vuol dire il carcere a vita. Non era mai successo: dopo mezzo secolo di efficienza, la macchina dell’impunità mafiosa si è inceppata. E il capo dei capi è imbufalito.
Tra la fine del 1991 e l’inizio del 1992 Totò Riina riunisce tutti i suoi generali e ordina: “Dobbiamo toglierci i sassolini dalle scarpe”. Vuol dire che devono morire i magistrati, ma pure i politici incapaci di aggiustare le sentenze. Lo Stato ha deciso di fare guerra alla mafia creando la Superprocura? E Riina risponde creando la “Supercosa”: sono uomini scelti, fedeli soltanto a lui, incaricati di missioni delicate e segretissime. È per questo motivo che quel giorno Messina Denaro incontra Graviano alla Fontana di Trevi. È il prologo delle stragi, ed è lì che bisogna tornare per cercare di capire chi è davvero Messina Denaro. Chi è stato, che cosa è diventato, come è riuscito a diventare un fantasma. Il fantasma della Repubblica. Anzi, per essere precisi, della Seconda Repubblica.