Messina Denaro, Graviano e quell’orologio da mezzo miliardo di lire al polso di Silvio

Un orologio che valeva 500 milioni delle vecchie lire, mezzo miliardo.  Fu visto da Graviano, al polso di Berlusconi. E Graviano rimase così impressionato da raccontarlo a Messina Denaro.

Lo racconta il pentito Giovanni Brusca in uno degli interrogatori depositati nel processo sulla ‘ndrangheta stragista che si tiene a Reggio Calabria. E’ un interrogatorio del 2018. Brusca racconta che stava leggendo le motivazioni della sentenza per il processo sulla trattativa Stato – mafia e gli è venuto in mente un episodio che non aveva mai detto prima.

Era il 1995, lui era a Dattilo, frazione di Paceco, con Matteo Messina Denaro, per dei chiarimenti. Ad un certo punto, parlando del più e del meno, Messina Denaro gli confidò che Graviano gli aveva detto di aver visto al polso di Silvio Berlusconi un orologio da mezzo miliardo di lire. Ciò a conferma degli ottimi rapporti, secondo Messina Denaro, e secondo Brusca, di Graviano con Berlusconi. E il boss rimase impressionato. Graviano stesso ha detto di aver incontrato più volte Berlusconi, anche in latitanza. Circostanza sempre negata dal Cavaliere. Fonte: Tp24

Adesso però la conferma arriva anche dal pentito Giovanni Brusca. È lui che due anni fa, chiede di essere sentito dai pm di Palermo, per riferire un “episodio rilevante”, in precedenza considerato “una banalità”.

Era il ’95, racconta, lui  era a Dattilo con Nicola Di Trapani, il superlatitante Matteo Messina Denaro e Vincenzo Sinacori, anche lui oggi pentito. Si discuteva di stragi, “di rapire il figlio di Piero Grasso, che avevamo individuato dove giocava a calcetto”, per poi passare a disquisire di “vestiario e orologi” racconta Brusca. “Messina Denaro – mette a verbale – mi disse che un giorno Giuseppe Graviano, incontrandosi con Silvio Berlusconi, gli ha visto un orologio al polso che valeva 500 milioni”. E lo ha fatto di persona. “Non mi dice che lo ha visto su una rivista”.

Insomma, Berlusconi nega, ma adesso sono (almeno) due contro uno a raccontare come vero quel rapporto con Graviano. Un altro pentito, Toni Calvaruso, si è invece lasciato scappare un riferimento ad “un quadernetto” avuto dal boss Leoluca Bagarella nel ’94 e poi consegnato a Graviano. “C’erano appuntati nomi e cifre e mi disse di non farlo vedere a nessuno perché sarebbe successo un macello. Sarebbe scoppiata la terza guerra mondiale” dice Calvaruso. Nomi e cifre a cui Madre Natura, che in udienza si è limitato a timidi e non meglio precisati accenni a “imprenditori milanesi” con cui sarebbe stato in affari, potrebbe essere chiamato a dare identità e sostanza.

Crocevia Majestic

Ma quello che potrebbe mettere più in difficoltà Graviano in aula, come Dell’Utri e altri pezzi da novanta di Forza Italia fuori, è la ricostruzione di quei mesi fra il ’93 e il ’94 in cui si preparava la nascita del partito di Silvio Berlusconi al Majestic. Un posto che alla riservatezza dei suoi clienti ci teneva parecchio. Niente registro eventi “se non uno informale di cui non c’è traccia”, niente fatture “perché dopo dieci anni vengono mandate al macero”. Ma su indicazione del procuratore aggiunto Lombardo, il Servizio Centrale Antiterrorismo della Polizia di Stato ha scavato. E se le carte non ci sono o non ci sono più, dipendenti e manager ricordano. Come Nicola Violante, all’epoca presidente del cda della società di famiglia che deteneva l’hotel. “Ci sono state riunioni ristrette preliminari alla formazione del partito politico Forza Italia, a cui ha partecipato anche Silvio Berlusconi” mette a verbale nel febbraio scorso. E a riprova, agli investigatori mostra una foto che ritrae suo padre con l’allora Cavaliere e Gianni Letta all’interno dell’hotel. Non era raro che capitasse, spiega.  In quegli anni – conferma anche la sua manager – c’era un accordo con Fininvest, per cui alla società venivano riservate un certo numero di stanze in cambio di pubblicità.

Di cosa si discutesse nelle riunioni però, nessuno sa dire niente. Si svolgevano in suite o salette riservate. Anche negli ordini di servizio- ricorda uno dei dipendenti – il nome del nascente partito non compariva mai, ma in seguito – “avrebbe associato i nomi dei soggetti letti sugli “ordini di servizio” a persone elette successivamente nelle file di Forza Italia”. Anche il barman dell’epoca ricorda di fronte al “suo” bancone “persone riconducibili al nascente movimento politico Forza Italia. Non so dire chi fossero, ma ricordo di averli ricollegati allo stesso movimento politico in quanto in ogni occasione venivano accolti da Marcello Dell’Utri”.

Calabresi e siciliani in riunione con Dell’Utri

Dello storico braccio destro di Berlusconi si ricordano tutti. Era lui a presiedere incontri e riunioni nelle suite, nella hall o addirittura nel seminterrato. Una di certo è andata avanti fino a tarda notte e nelle cucine la ricordano perché ad ora assai tarda è arrivata la richiesta di un piatto di pasta. Da Dell’Utri, dice il dipendente che lo ha dovuto accontentare “e altri quattro o cinque esponenti politici di cui ricordo, sebbene non con certezza, Gianfranco Fini e Clemente Mastella”. Altri suoi colleghi, ricordano di aver visto in quei mesi in hotel anche Vittorio Sgarbi e Giancarlo Galan, l’ex ministro e presidente della Regione Veneto travolto dallo scandalo Mose. E poi, anche misteriosi personaggi a cui nessuno sa dare un nome ma “di chiara provenienza calabrese e siciliana” subito individuata perché “parlavano con marcato accento dialettale da me conosciuto per le mie origini calabresi”. Si riunivano “ai tavoli del bar o nelle salette attigue” con l’intento di “sostenere il nascente movimento politico”.

Una traccia da esplorare per la Mobile, che ha iniziato gli approfondimenti quando l’emergenza Covid è iniziata e li ha dovuti interrompere causa lockdown. Ma ha ancora una lista di nomi da spuntare e di persone da sentire. Anche perché, come emerso in altri procedimenti, al bar Doney, che dal Majestic dista solo pochi passi,  il 21 gennaio il pentito Gaspare Spatuzza avrebbe incontrato Graviano “felice come se avesse vinto al Superenalotto, una Lotteria” e fatto il nome di Dell’Utri e Berlusconi, “che grazie a loro c’eravamo messi il Paese nelle mani. E per Paese intendo l’Italia”. Però serviva ancora “un colpetto” e bisognava fare in fretta “perché i calabresi già si sono mossi”. In quei mesi a Reggio Calabria, due brigadieri sono stati uccisi e altri quattro feriti in tre diversi attentati, che per la magistratura sono la prova della partecipazione della ‘ndrangheta alla strategia stragista. E negli stessi giorni di gennaio, Marcello Dell’Utri era al Majestic. E chissà che non lo fosse anche Berlusconi. Particolari che adesso Giuseppe Graviano potrebbe essere chiamato a chiarire. Fonte: Repubblica