Ieri sera a Mendicino è stato presentato il libro di Gabriella d’Atri “La ribellione di Michele Albanese”. Michele Albanese, giornalista redattore del “Quotidiano del Sud” e collaboratore dell’Agenzia Ansa e de L’Espresso, nel 2014 viene minacciato dalla ‘ndrangheta, e da allora vive sotto scorta.
Com’è oggi la sua vita, la sua quotidianità e come ci si sente vivere con la paura costante di essere un bersaglio mobile?
Ne hanno parlato, insieme al protagonista, il giornalista Rai Riccardo Giacoia, l’autrice del libro Gabriella d’Atri, volto noto del TG Calabria, e don Giacomo Panizza sacerdote antimafia appena insignito dal presidente Mattarella, dell’onorificenza di Commendatore dell’Ordine al Merito della Repubblica Italiana.
Di seguito, una sintesi dell’intervento di Michele Albanese curata da Domenico Canino.
La Calabria è “terra persa”
Perché considero la Calabria una “terra persa”. Follow the money. Segui il denaro.
Nell’ultimo anno nel porto di Gioia Tauro sono state sequestrate 37 tonnellate di cocaina. Che sono mediamente il 10% di quello che davvero passa da lì. Un semplice calcolo economico fa capire che la “‘ndrangheta” calabrese soltanto ha un giro di affari annuo di circa 150 miliardi (e ci siamo tenuti bassi). L’Italia complessivamente ha un PIL di 800 miliardi. Ed in questo PIL vengono inclusi i 150 miliardi di giro d’affari della ‘ndrangheta. Perché tutto questo denaro entra poi in circolo, con imprese, supermercati, negozi, società finanziarie, investimenti, banche etc.
Nel Cosentino non si spara, perché il patto è che qui si fanno gli investimenti ed i riciclaggi.
Senza questi 150 miliardi forse lo stato italiano dovrebbe dichiarare fallimento. Ecco perché lo stato non combatte davvero la mafia. Ne combatte i sintomi a livello basso, ma non attacca il core business dell’organizzazione. Ecco perché i politici a tutti i livelli dicono di combattere la ‘ndrangheta a parole, ma nei fatti, visto i soldi che girano, ci fanno sottobanco patti elettorali che contemplano sostanzialmente un via libera a tutte le attività. Dallo spaccio al riciclaggio.
Dunque in Calabria niente è come sembra. Nè le attività economiche grandi e medie, tutte interessate dal riciclaggio e da flussi di denaro, nè la politica, nè la vita delle persone, nè sopratutto i media, che campano con i soldi dei contributi statali e della pubblicità e delle donazioni. E chi può fare le donazioni qui, è chi ha i soldi grossi, quelli veri. E torniamo a bomba.
Ecco perchè nessun medium di regime nè regionale, nè tantomeno nazionale farà mai vere analisi sulla ndrangheta. Quei pochi che lo fanno, sono isolati e pagano un prezzo altissimo. Sono definiti “NFAMI”!
Qui tutti per sopravvivere si girano dall’altra parte, altrimenti emigrano se non vogliono stare più al gioco. Ecco perchè tutti i giovani migliori se ne vanno. Perchè non c’è speranza.
Perchè la Calabria è una terra persa.