CATANZARO – Tutti assolti anche in appello i 12 imputati nel processo sulla morte di alcuni lavoratori dell’ex stabilimento tessile Marlane di Praia a Mare (Cosenza). La Corte di appello di Catanzaro, questo pomeriggio, ha confermato la sentenza di primo grado emessa il 19 dicembre 2014 dai giudici del Tribunale di Paola. Gli ex responsabili e dirigenti dello stabilimento dovevano rispondere, a vario titolo, di omicidio colposo plurimo, lesioni gravissime e disastro ambientale.
Secondo l’originaria accusa, nel corso dell’attività dello stabilimento si sarebbero ammalate circa 159 persone tra dipendenti e familiari dei lavoratori, in 94 poi decedute in un arco di tempo di circa 40 anni. Ma la vicenda della Marlane non finisce qui: è stata aperta di recente una nuova inchiesta, con la disposizione di nuovi carotaggi nell’area dove sorgeva lo stabilimento. Anche alla Corte d’appelllo il procuratore generale Salvatore Curcio aveva chiesto di disporre una nuova perizia per accertare il nesso di causalità tra le morti degli operai e l’attività produttiva cui erano addetti. Richiesta non accolta dai giudici.
Al termine del processo, dunque, sono stati assolti, oltre all’imprenditore Pietro Marzotto, presidente del gruppo tessile proprietario della Marlane, l’ex sindaco di Praia a Mare Carlo Lomonaco, imputato in qualità di ex responsabile del reparto tintoria, l’ex amministratore delegato Silvano Storer, Antonio Favrin, Jean De Jaegher e Lamberto Priori, Ivo Comegna, l’ex responsabile dello stabilimento Attilio Rausse, Lorenzo Bosetti, vicepresidente esecutivo della società ed ex sindaco di Valdagno (Vicenza), Vincenzo Benincasa, responsabile dell’impianto, Salvatore Cristallino, responsabile del reparto tintoria, Giuseppe Ferrari, responsabile dello stabilimento.
In secondo grado, il pg aveva chiesto la condanna per tre dei 12 imputati: Favrin, consigliere delegato della società Marzotto Spa dall’ottobre 2001 all’aprile 2004, a tre anni ciascuno per Lomonaco ed Rausse, responsabili dello stabilimento, rispettivamente, dal 2002 al 2003 e dal febbraio 2003 all’aprile del 2004. Per gli altri otto imputati, dopo essersi visto respingere la richiesta di una nuova consulenza tecnica, il procuratore generale di Catanzaro, Salvatore Curcio, nel corso della sua requisitoria aveva chiesto la conferma dell’assoluzione. “Un giudizio – aveva lamentato il pg – viziato dalla mancanza di una nuova perizia tecnica sul nesso di causalità fra condizioni di lavoro e lo sviluppo di malattie tumorali o neoplastiche”.
NELLA FOTO. In alto da sinistra: Valentina Cavaliere, Paolo Posteraro, Ernesto Ferraro, Vincenzo Pezzuto, Eugenio Garofalo, Andrea Bruni, Ernesto Esposito, Tonino Daffinà e Iole...
Secondo l’originaria accusa, nel corso dell’attività dello stabilimento si sarebbero ammalate circa 159 persone tra dipendenti e familiari dei lavoratori, in 94 poi decedute in un arco di tempo di circa 40 anni. Ma la vicenda della Marlane non finisce qui: è stata aperta di recente una nuova inchiesta, con la disposizione di nuovi carotaggi nell’area dove sorgeva lo stabilimento. Anche alla Corte d’appelllo il procuratore generale Salvatore Curcio aveva chiesto di disporre una nuova perizia per accertare il nesso di causalità tra le morti degli operai e l’attività produttiva cui erano addetti. Richiesta non accolta dai giudici.
Al termine del processo, dunque, sono stati assolti, oltre all’imprenditore Pietro Marzotto, presidente del gruppo tessile proprietario della Marlane, l’ex sindaco di Praia a Mare Carlo Lomonaco, imputato in qualità di ex responsabile del reparto tintoria, l’ex amministratore delegato Silvano Storer, Antonio Favrin, Jean De Jaegher e Lamberto Priori, Ivo Comegna, l’ex responsabile dello stabilimento Attilio Rausse, Lorenzo Bosetti, vicepresidente esecutivo della società ed ex sindaco di Valdagno (Vicenza), Vincenzo Benincasa, responsabile dell’impianto, Salvatore Cristallino, responsabile del reparto tintoria, Giuseppe Ferrari, responsabile dello stabilimento.
In secondo grado, il pg aveva chiesto la condanna per tre dei 12 imputati: Favrin, consigliere delegato della società Marzotto Spa dall’ottobre 2001 all’aprile 2004, a tre anni ciascuno per Lomonaco ed Rausse, responsabili dello stabilimento, rispettivamente, dal 2002 al 2003 e dal febbraio 2003 all’aprile del 2004. Per gli altri otto imputati, dopo essersi visto respingere la richiesta di una nuova consulenza tecnica, il procuratore generale di Catanzaro, Salvatore Curcio, nel corso della sua requisitoria aveva chiesto la conferma dell’assoluzione. “Un giudizio – aveva lamentato il pg – viziato dalla mancanza di una nuova perizia tecnica sul nesso di causalità fra condizioni di lavoro e lo sviluppo di malattie tumorali o neoplastiche”.