(ANSA) – ROMA, 18 OTT – E’ morto ieri nella sua casa di Cetona, all’età di 92 anni, in seguito alle conseguenze di una polmonite, lo storico Rosario Villari, ex parlamentare Pci, membro dell’Accademia dei Lincei. Lo conferma all’ANSA il fratello Lucio, anch’egli storico. Rosario Villari era nato a Bagnara Calabra il 12 luglio del 1925. Tra le sue opere, Per il re o per la patria. La fedeltà nel Seicento, Mille anni di storia. Dalla città medievale all’unità dell’Europa, Elogio della dissimulazione. La lotta politica nel Seicento, editi da Laterza.
ROSARIO Villari, morto all’età di 92 anni, non era certo il tipico storico accademico che disdegnava il dibattito pubblico. La sua vita di studioso è al contrario stata accompagnata fin dalla giovinezza dalla passione politica e dall’attenzione ai problemi sociali.
Villari era un uomo del sud, nato a Bagnara Calabra (Reggio Calabria), dove aveva partecipato ai movimenti dei contadini per la riforma agraria. Il Sud, la questione meridionale, le tematiche dello sviluppo, sono stati alcuni dei temi centrali dei suoi saggi, tra cui “Mezzogiorno e contadini nell’età moderna” (Laterza, 1961) e “Il Sud nella storia d’Italia” (Laterza 1961, seconda edizione aggiornata, 1978).
Era uno storico di formazione marxista, anche se di un marxismo aperto, mai ortodosso, riformista. Era stato membro del Comitato centrale del Partito comunista e deputato dal 1976 al 1979. Ma a Firenze, ai tempi dell’università, aveva seguito le lezioni di un filosofo controcorrente come Galvano Della Volpe, che faceva dialogare materialismo e esistenzialismo.
Non è un caso che Villari abbia spesso preso posizioni coraggiose. Come quando ha polemizzato con Eric J. Hobsbawm, lo storico del “Secolo breve”, icona di successo della storiografia di sinistra: “La ricerca storica ha regole e modi diversi dall’azione politica”.
Villari, studioso dell’età barocca e autore di saggi fondamentali come “La rivolta antispagnola a Napoli” (1967), era noto soprattutto per i suoi manuali di storia, sui quali hanno studiato generazioni di studenti. La prima edizione era stata pubblicata da Laterza alla fine degli anni Sessanta, vendendo due milioni di copie. Lo storico l’aveva anni dopo rivista e aggiornata. Lo aveva fatto spinto dai cambiamenti del mondo che osservava intorno a sé, dando più spazio al tema della formazione dell’Europa. Sosteneva che la complessità del mondo contemporaneo lo aveva costretto a rielaborare molte categorie, tra cui quelle di “progresso”, “utopia” e “rivoluzione”.
Un nuovo capitolo del manuale riguardava la storia dei partiti comunisti occidentali, ben diversi, spiegava Villari, da quelli sovietici. Ma proprio quei manuali, scritti con un’attenzione massima alla storia sociale, finirono sotto gli strali della destra berlusconiana, accusati di essere simbolo dell’egemonia culturale di sinistra. Villari, che dell’egemonia gramsciana aveva un’altra considerazione, non si scompose e difese il pluralismo dei suoi testi: “Io so che il giudizio storico nasce solo dalla libera ricerca svolta in una dimensione internazionale, nasce dal libero confronto delle idee, che la scuola deve recepire con la più piena e completa autonomia”. Per poi liquidare la questione con un invito: “Vogliono scrivere altri testi? Li scrivano ma lascino poi agli insegnanti piena autonomia nella scelta”.
Per Villari la storia era movimento, apertura, nei limiti del rigore storiografico. Lo impauriva quella che definiva la “frammentazione e trivializzazione della storiografia” e anche un certa spettacolorizzazione dilagante. Una curiosità:
Per ricordarlo, domani a Cetona si terrà una cerimonia omaggio organizzata dal Comune.
Fonte: Repubblica