Naufragio a Steccato di Cutro. Il sindaco: “Non scorderò mai più la fine del mondo che c’era sulla spiaggia”

«Ho visto tre-quattro bambini senza più vita arrivare con le onde… Li ho visti mentre li infilavano nelle sacche, nudi, perché il mare li aveva spogliati. Non scorderò mai più la fine del mondo che c’era su quella spiaggia». Antonio Ceraso ha bisogno di una pausa per ricacciare indietro le lacrime. «Vede», riprende il filo dei suoi pensieri, «noi calabresi siamo stati migranti come loro; facevamo anche noi i viaggi della speranza cercando fortuna via mare. Ma loro, oggi, fanno i viaggi della disperazione. Che speranze può avere chi parte con questo mare, con queste barche, in queste condizioni?». Antonio Ceraso è il sindaco di Cutro e da ieri il nome di Cutro sarà legato per sempre a una strage di migranti . Un’altra.

La dinamica
Un peschereccio senza chiglia partito da Smirne, in Turchia, è «scivolato» sulle onde proibitive del mare forza 4-5 ed è arrivato, non si sa come, davanti alla costa calabrese, nel punto esatto in cui il fiume Tacina si butta in mare, località Steccato di Cutro, provincia di Crotone. La salvezza era lì, a portata di mano, nel buio delle quattro del mattino. A bordo c’era un numero ancora adesso imprecisato di persone: qualcuno parla di 180, altri di 250. Uomini, donne e tanti bambini. I più afghani, pachistani, siriani, ma anche iraniani, somali e palestinesi. Ancora cento metri e quel vecchio guscio di noce, che i trafficanti hanno spacciato per motopeschereccio sicuro, sarebbe approdato a riva. Ma c’erano onde alte tre-quattro metri, correnti troppo forti. E non ha importanza, adesso, sapere se quella carretta si sia schiantata contro una secca o se sia stata un’onda a spezzarla a metà. Contano i fatti: la barca smembrata, quella povera gente in balia del mare. Chi sapeva farlo e ha avuto la forza di nuotare fino a riva ce l’ha fatta. Per tutti gli altri nessuno scampo.

Le vittime
si impone è quello dei morti recuperati: 59 — 30 uomini e 29 donne, tra loro 14 fra bambini e ragazzini — che potrebbero andare ben oltre i 100 secondo una prima stima fatta dopo aver parlato con gli stessi migranti. Ora, sulla spiaggia di Cutro, sono state recuperate atre tre salme. Il numero delle vittime sale a 62. E poi ci sono i sopravvissuti: 81, secondo il bilancio della serata (59 ospitati nel Centro per richiedenti asilo di Isola Capo Rizzuto e 22 in osservazione nell’ospedale di Crotone). Numeri, certo. Ma prima che numeri, esseri umani. I bambini spogliati dal mare, come dice il sindaco di Cutro, o gli uomini e le donne che ieri mattina tremavano intirizziti dal freddo e dal vento, avvolti in coperte variopinte ad aspettare l’autobus che li avrebbe portati via. Un carico di umanità dolente in fuga da una vita di guerra, di miseria o di diritti negati. Chissà quanti sacrifici ci sono voluti per mettere assieme i soldi per gli scafisti. Chissà se lo sapevano, salendo a bordo, che quello era un biglietto di sola andata verso un Paese che non li vuole.

I trafficanti
Lo sapevano certamente i trafficati delle loro vite. È stato individuato fra i sopravvissuti uno dei presunti scafisti ed è stato recuperato il documento di un secondo uomo che però non si trova, forse fuggito o forse disperso. La procura di Crotone indaga per omicidio colposo, immigrazione clandestina e disastro colposo. Nella ricostruzione del naufragio si terrà conto anche dell’avvistamento del peschereccio, sabato sera, a 40 miglia dalle coste calabresi. L’ha intercettato un velivolo Frontex che ha passato la segnalazione a una vedetta della Sezione operativa navale della guardia di finanza di Crotone e a un pattugliatore del Gruppo aereonavale della finanza di Taranto. Sono partite entrambe per cercare di raggiungere la barca in difficoltà, ma le condizioni del mare erano pessime e non potendo proseguire in sicurezza, sia la vedetta sia il pattugliatore sono rientrati alla base.

«Dispositivo di ricerca a terra»
In casi del genere, quando non si può fare altro, si attiva il «dispositivo di ricerca a terra», che in sostanza significa aspettare l’arrivo dell’imbarcazione sulla costa, lungo le direttrici probabili dello sbarco. Così è stato. E la barca è arrivata, sì. A pezzi. Le correnti hanno trascinato qualche corpo anche decine di chilometri più in là rispetto al punto del naufragio. Roberto Fasano è il comandante dei vigili del fuoco di Crotone. Con i suoi uomini ha ripescato la gran parte dei morti, «tanti erano bambini», dice. Una giornata orribile. Fonte: Corriere della Sera