Comunicato Stampa
13 Maggio 2025
LA REGIONE CALABRIA SI PIEGA: GIUSTIZIA A DOPPIA VELOCITA’, ISTITUZIONI IN RETROMARCIA
Una figuraccia colossale, quella della Regione Calabria. Prima si costituisce parte civile nel processo sulla strage di Cutro, poi scopre — solo dopo aver depositato gli atti e letto i titoli dei giornali? — che il processo non riguarda gli “scafisti” ma le Forze dell’Ordine. E allora fa marcia indietro, ritira tutto e dichiara con candore di essere “contro gli scafisti” ma “al fianco delle Forze dell’Ordine”.
Una decisione che non è solo goffa: è offensiva. Per le vittime, per le loro famiglie, per chi ancora crede che giustizia significhi cercare la verità, anche quando fa male, anche quando mette in discussione pezzi dello Stato. Ma, si sa, in Calabria le istituzioni sono spesso più realiste del re. E il Comune di Crotone? Come quello di Cutro: zitto. Nessuna costituzione di parte civile, nessuna voce, nessuna dignità istituzionale.
Siamo convinti che questo improvviso dietrofront non sia frutto di ingenuità o distrazione, ma di un diktat dall’alto, che avrebbe ordinato alla Regione e ai Comuni di “area” interessati di non costituirsi parte civile, per evitare che lo Stato venga processato dallo Stato. Una scelta politica, cinica e grave.
E il mondo dell’accoglienza crotonese, in tutto questo, dov’è? Le organizzazioni che da anni lavorano sull’accoglienza, sulla solidarietà e sulla dignità umana devono dire da che parte stanno. Sono complici del silenzio delle istituzioni? O trovano il coraggio di alzare la voce per chi non può più farlo?
Il centrodestra calabrese, con questa mossa, ha forse collezionato la sua più clamorosa caduta di stile. Qualche giorno fa, con tanto di comunicato trionfale, annunciava la costituzione di parte civile. Oggi, al momento di presentarsi in aula, scopre che l’imputato non è il solito migrante disperato al timone di un barcone, ma rappresentanti delle Forze dell’Ordine accusati di omissione e negligenza. E allora niente: si ritira. Perché — parole loro — “apprezzano il lavoro delle forze dell’ordine”. Ma se da quel processo dovessero emergere responsabilità gravi? Se si dimostrasse che omissioni e ritardi hanno avuto un ruolo nella morte di oltre novanta persone? Quelle vite varrebbero meno, solo perché a risponderne non è uno “scafista” ma un ufficiale?
Questo è il metro della Regione Calabria: la giustizia va bene solo se colpisce i soliti noti, i poveri cristi. Se invece a essere messi in discussione sono i “nostri”, allora niente, la giustizia può aspettare. Se emergesse che le forze dell’ordine hanno avuto un input dall’alto, allora sarebbe la stessa parte politica della Regione ad essere coinvolta nel processo. E questo sarebbe il vero pericolo per loro.
Siamo davanti a un’idea distorta, ideologica e profondamente iniqua dello Stato. Uno Stato che non difende le sue vittime, ma i suoi apparati. Che non si schiera con chi ha perso tutto, ma con chi ha tutto da perdere. E tutto questo, mentre chi dovrebbe rappresentare la comunità – il Comune di Crotone in primis – resta in silenzio. Un silenzio che fa rumore. Che pesa. Che sa di complicità.
A chi oggi si gira dall’altra parte, ricordiamo una cosa semplice: la giustizia vera non ha paura di guardare in faccia la verità. Anche quando è scomoda. Anche quando fa tremare le divise. Anche quando scardina certezze. Questa è la Calabria che ci consegnano: una terra dove la verità si misura col grado dell’imputato. Ma noi no. Noi non ci stiamo. E continueremo a pretendere giustizia. Per tutti.
DemoS Crotone