‘Ndrangheta a Milano, cantieri in centro e cava piena di rifiuti: arrestato il figlio del boss Molluso

I cantieri in centro a Milano e la cava piena di rifiuti (con il benestare della ‘ndrina)

di Carmine Ranieri Guarino

Fonte: Milano Today

Avevano ben chiaro in mente che quello che stavano facendo era illegale. Erano consapevoli, senza ombra di dubbio, che per smaltire quei rifiuti sarebbero stati necessari controlli approfonditi e analisi chimiche. Eppure, “scrivo cemento dai”, diceva uno degli arrestati al telefono senza sapere di essere intercettato. E senza sapere che con quelle sue stesse parole stava confermando ai carabinieri l’esistenza di un traffico di rifiuti potenzialmente pericolosi. Rifiuti che arrivavano spesso dai cantieri in centro a Milano e che finivano sempre lì con l’ok della ‘ndrangheta, che – per dirla con le parole di uno degli investigatori – “adesso non ha più bisogno di riempire i capannoni di rifiuti e poi appiccare incendi, ma sempre di più usa le cave”.

I due nomi dietro questa storia, l’ennesima che mette insieme rifiuti, imprenditoria e criminalità organizzata, sono quelli di Gianarnaldo Bonilauri, 72 anni e titolare della cava di Zibido San Giacomo che porta il suo nome, e di Giuseppe Molluso, 42 anni e figlio di quel Giosofatto, detto Gesù, che le inchieste hanno riconosciuto come uno dei responsabili del clan Molluso al nord, nella storica locale di Buccinasco. 

Sarebbero stati loro due, secondo i carabinieri Forestali di Milano e Lodi, a mettere in piedi un traffico illecito di rifiuti con l’aggravante – contestata nelle misure cautelari – “dell’agevolazione di attività di stampo mafioso”. L’indagine dei militari, come ha spiegato il capitano Alessandro De Vivo, è nata da una costola della maxi inchiesta “Mensa dei poveri”, che aveva svelato un’enorme giro di mazzette e tangenti tra politici e imprenditori lombardi, anche lì con il coinvolgimento della malavita.

Dall’inchiesta era emersa la EcolService Srl di Daniele D’Alfonso, imprenditore di Corsico già finito in manette, e da lui gli investigatori – coordinati dalla Dda – hanno pian piano riannodato i fili risalendo proprio alla cava di Bonilauri e a Molluso, che è titolare di due aziende che si occupano di cantieri edili e stradali e che viene segnalato nell’inchiesta come uno dei “maggiori conferitori” di rifiuti nella struttura di Zibido.

I cantieri, i rifiuti e la ‘ndrangheta

Lo schema utilizzato era semplice. I rifiuti – materiali di scarto di demolizioni di palazzi in centro a Milano o di altri cantieri – venivano classificati come cemento, con il relativo codice, così da evitare le analisi chimiche necessarie per il loro corretto smaltimento. A quel punto, gli inerti venivano mescolati tra loro per ottenere l’aggregato miscelato, un prodotto che viene poi reinserito nel mercato per altri cantieri, con evidenti potenziali rischi per l’ambiente.

“Dalle intercettazioni – mettono nero su bianco i carabinieri – è emerso come uno dei principali conferitori di rifiuti edili, terre e macerie al sito in sequestro fosse il titolare di alcune ditte riconducibili a personalità di spicco dell’organizzazione criminale definita locale di Corsico Buccinasco” – proprio Molluso – e come lui stesso “intrattenesse rapporti diretti con i responsabili dell’impianto per definire di volta in volta le modalità illecite di conferimento”.

“Attraverso la fondamentale connivenza dell’impianto di destino si sarebbero  determinati, secondo gli inquirenti, indebiti vantaggi per le società riconducibili alla criminalità organizzata in termini di costi di gestione dei rifiuti, che permettevano alle ditte riconducibili al sodalizio di stare sul mercato a prezzi più vantaggiosi dei concorrenti”, evidenziano ancora gli investigatori.

Lavori, cantieri, rifiuti e nuovi lavori quindi: un circolo evidentemente virtuoso per gli arrestati – a cui si aggiungono tre indagati -, ma chiaramente illegale e pericoloso in termini di inquinamento.

20 anni di affari “sporchi”? 

E nella cava, secondo le indagini, aveva accesso praticamente chiunque. In un paio di mesi di indagine, con telecamere e intercettazioni, i carabinieri hanno contato almeno 70 camioncini che hanno sversato lì i loro rifiuti, sempre con lo stesso schema consolidato e sempre con un prezzo che cresceva a seconda del livello di “sporco” delle macerie da smaltire.

“Tanto scrivi lo stesso… quello che hai sempre fatto… altrimenti dobbiamo fare le analisi… quanta roba hai da portare?”, chiedeva il titolare della cava intercettato. E ancora, in un’altra conversazione, lamentandosi della presenza di polistirolo tra i rifiuti: “A me crea un casino pazzesco perché poi vola, va sul lago… è un macello… ho dovuto metter lì due persone a staccare il polistirolo, bruciarlo poi va via col vento, mi va sul lago e mi viene fuori un danno della Madonna… Che visto che abbiamo visto che c’è il polistirolo, il 20 diventa 40”, in riferimento agli euro da pagare per ogni tonnellata.

E gli affari nella cava andavano a gonfie vele. In qualche mese, hanno accertato investigatori e inquirenti, lì sarebbero state smaltite illegalmente 2.700 tonnellate di rifiuti per un profitto illecito, nel giro di qualche settimana, di 354mila euro.

Per questo giovedì mattina, quando Bonilauri e Molluso sono stati portati ai domiciliari, la cava è stata sequestrata così come sono stati sequestrati i soldi, per il principio ambientale – ha sottolineato il capitano De Vivo – “che ci sporca deve pagare e ripulire con il suo denaro”.

Durante il blitz, i militari hanno anche messo le mani su una sorta di libro mastro dei lavori fatti in nero nella cava. I primi appunti sui rifiuti smaltiti illecitamente risalgono al 2000: in quelle pagine potrebbero esserci venti anni di traffici di rifiuti quanto meno opachi.