Nel corso del processo “Imponimento” che vede alla sbarra il clan di ‘ndrangheta Anello-Fruci, emergono dettagli intriganti su rapporti e dinamiche di potere. Una delle figure chiave al centro di queste intricanti vicende è Emanuele Stillitani, un nome che si staglia nel contesto delle deposizioni del nuovo collaboratore di giustizia, Antonio Accorinti, interrogato dal pm Antonio De Bernardo.
Secondo le dichiarazioni di Accorinti, riportate dal Corriere della Calabria, “era solo Saverio Prostamo a parlare con Stillitani, si interfacciava direttamente con lui per qualsiasi problema.” Questa affermazione getta luce sui legami stretti che esistevano tra Prostamo e Stillitani, rivelando un canale diretto di comunicazione e risoluzione delle questioni che coinvolgevano il villaggio “Club Med” e non solo.
Accorinti ha fornito dettagli su come Stillitani interveniva in situazioni problematiche, agendo da mediatore tra il “Club Med” e la cosca. «Ogni anno, molto spesso durante la stagione, doveva intervenire per dirimere la questione che la frutta non era buona o che la quantità era meno di quella fatturata e quindi doveva dirimere sempre queste questioni…», ha dichiarato Accorinti, mettendo in luce il ruolo di Stillitani nel mantenere l’equilibrio tra interessi contrastanti.
Ma quali erano questi interessi? Accorinti chiarisce ulteriormente, riporta ancora il Corriere della Calabria: “Come proprietà avevano la consapevolezza di poter comunque incidere sulle scelte del ‘Club Med’… c’era quindi un rapporto di cointeresse perché sapeva che noi proteggevamo, con la guardiania, la struttura.” Questo rivela un legame intricato in cui la cosca garantiva una sorta di “protezione” alla struttura, in cambio di un certo grado di influenza sulle decisioni chiave.
Tuttavia, questa “protezione” non si limitava solo alla sicurezza fisica della struttura. Accorinti spiega che era anche una protezione contro eventuali danni e intrusioni esterne: «… perché è un villaggio molto grande, e persone di fuori, anche poco affidabili potevano entrare nella struttura a fare danni o qualche altra consorteria criminale non avesse pretese o facesse danni alla stessa struttura…».
Un episodio emblematico che Accorinti ha portato alla luce riguarda un avvertimento apparentemente diretto Pantaleone “Luni ‘U Biondo” Mancuso. Nel 2006, Prostamo ritrovò delle cartucce, una bottiglia di benzina e un pacco di fiammiferi presso il ristorante del villaggio “Club Med”, un gesto che sembrava un chiaro segnale intimidatorio. Accorinti, riferendosi a Damiano Vallelunga, capo di Serra San Bruno, ha dichiarato: “Era il boss di Serra San Bruno, era un amico di mio padre”, suggerendo un certo grado di connivenza tra le varie fazioni criminali.
Accorinti, riporta ancora il Corriere della Calabria, ha chiarito di aver cercato consiglio da Vallelunga su come affrontare la situazione, e la risposta ricevuta è stata ambigua ma rassicurante: “Guarda che non è diretta a voi, come se sapesse la questione, ma è diretta a Luni ‘U Biondo”. Questo messaggio, secondo Accorinti, sembrava suggerire che il pericolo non fosse rivolto direttamente a loro, ma piuttosto a un’altra figura di spicco del mondo criminale locale.
In un contesto in cui le alleanze e le rivalità tra le cosche possono portare a conseguenze gravi e imprevedibili, le testimonianze di Accorinti gettano luce su un intricato sistema di rapporti e protezioni che permea il mondo oscuro della ‘ndrangheta. Mentre il processo “Imponimento” prosegue, è evidente che ci saranno molte più rivelazioni da scoprire e che il lavoro degli inquirenti sarà cruciale nel portare alla luce la verità nascosta dietro questi legami sottili ma potenti.