‘Ndrangheta: la cattura di “U Ballerinu”, l’anima imprenditoriale del clan Pesce

Dopo sei anni di latitanza è finito in manette il boss Marcello Pesce, primula rossa dell’omonimo clan di Rosarno. Classe 1964, Pesce, detto ‘U Ballerinu’, era l’ultimo elemento di vertice del clan ancora in fuga.  Ad annunciare la fine della sua latitanza  è stata la stessa polizia di Stato con un tweet.

Gli uomini della Squadra Mobile di Reggio Calabria e dello Sco lo hanno scovato in un appartamento al centro di Rosarno, dove si trovava insieme a due persone, finite in manette per favoreggiamento. Quando, attorno alle 5, gli investigatori hanno fatto irruzione, Pesce non ha opposto resistenza, né ha tentato la fuga.

Inquirenti e investigatori lo cercavano dall’aprile 2010, quando è riuscito a sfuggire alla cattura nell’operazione All Inside, salvato dal messaggio in codice “è nata una bambina, è nata una bambina” arrivato sul suo cellulare poco prima dell’irruzione dei carabinieri nel suo appartamento. Da allora, per sei anni, Marcello Pesce è diventato un’ombra.

Pur di scovarlo, gli uomini della Mobile hanno setacciato non solo le campagne di Rosarno, ma anche Milano e il suo hinterland dove per anni U Ballerinu ha gestito gli affari del clan e fatto transitare per l’Europa tonnellate di droga, ma senza dimenticare di fare la bella vita nei locali della movida. Per questo gli investigatori per anni non hanno dimenticato di setacciare anche lounge bar e discoteche di Milano.

Al boss i locali sono sempre piaciuti, per questo i suoi lo hanno sempre soprannominato ‘ballerino’, in più qualche anno di università l’ha fatto e ci ha sempre tenuto a darsi un tono. Secondo alcuni, avrebbe anche bloccato sul nascere l’incipiente calvizie con un aiutino chirurgico che ha costretto gli investigatori a ritoccare le segnaletiche. Ma questo non ne ha cambiato il profilo criminale, né ha segnato una presa di distanza dalla storia del casato mafioso che ha sempre ostentato con orgoglio.

Anima imprenditoriale dei Pesce, Marcello è stato fra quelli che più ha insistito per “diversificare” gli investimenti necessari per riciclare i milioni incassati con il traffico di droga, puntando alla colonizzazione societaria delle fertili terre del nord Italia. Anche lui però è sempre stato ben attento a non trascurare la “casa madre”, per questo, insieme al cugino Francesco “Testuni”, ha acquisito e gestito anche una serie di piccole squadre di calcio locali, buone per costruire il consenso in casa e reclutare nuove leve.

Da latitante ha accumulato condanne per oltre 16 anni di carcere per reati che vanno dall’associazione mafiosa al traffico e spaccio di droga, e adesso i giudici sono pronti a presentargli il conto.

Fonte: La Repubblica