Una volta scarcerati erano tornati a fare affari, compresa la gestione di alcuni parcheggi dell’aeroporto di Malpensa che in questi mesi è interessato da un maggior afflusso di passeggeri per la chiusura temporanea di Linate. In 34 sono finiti agli arresti (27 in carcere, 7 ai domiciliari) al termine di un’indagine dei carabinieri, coordinati dalla Dda di Milano. Avevano ricostituito la locale di ‘ndrangheta tra Legnano, nel Milanese, e Lonate Pozzolo, paese in provincia di Varese.
Le persone – arrestate in 8 province italiane, da Cosenza ad Aosta– sono accusate a vario titolo di associazione di tipo mafioso, danneggiamento seguito da incendio, estorsione, violenza privata, lesioni personali aggravate, minaccia, detenzione e porto abusivo di armi, detenzione e spaccio di sostanze stupefacenti, truffa aggravata ai danni dello Stato e intestazione fittizia di beni, accesso abusivo a un sistema informatico o telematico. Tra gli arrestati c’è anche un consigliere comunale di Fratelli d’Italia, che guida l’amministrazione di Ferno, in provincia di Varese.
L’indagine è partita nell’aprile 2017 e ha documentato la capacità dell’associazione di infiltrarsi negli apparati istituzionali dell’area di Varese. Gli investigatori hanno inoltre accertato che dalla seconda metà del 2016 era in corso un processo di ridefinizione degli assetti organizzativi della locale di ‘ndrangheta di Legnano-Lonate Pozzolo, a seguito della scarcerazione di due boss condannati nei processi Infinito e Bad Boys e ora in contrasto tra loro. Gli investigatori ritengono – come riporta il Corriere della Sera – di aver ricostruito anche come le mani degli ‘ndranghetisti fossero finite anche nella gestione del Parking Volo Malpensa e il Malpensa Car Parking, sequestrati dal gip del Tribunale di Milano Alessandra Simion assieme a metà delle quote della società Star Parkings.
I parcheggi erano finiti nel mirino degli esponenti della locale di ‘ndrangheta dopo una “pace forzata” seguita alle scarcerazioni di elementi di peso. Gli interessi sono stati ricostruiti grazie alla collaborazione di un imprenditore che – rifiutato di fare affari con gli ‘ndranghetisti – ha registrato e consegnato ai pm tutte le telefonate. In sostanza i malavitosi avrebbero sfruttato un “consulente”, riporta il Corriere della Sera, per spingere l’uomo a rinunciare a un investimento in un terreno da adibire a parcheggio o a entrare in società con loro. “Altrimenti vado lì e scasso tutto”, diceva il gancio della ‘ndrina.
Agli arresti è finito anche Enzo Misiano, consigliere comunale di Fdi di Ferno che – stando all’indagine – era una sorta di “trait d’union tra l’ambiente politico locale ed esponenti di spicco della cosca mafiosa”. Il versante politico dell’inchiesta è focalizzato su “pacchetti” di voti (circa 300) che dimostrerebbero per gli inquirenti la capacità di penetrazione del clan nelle amministrazioni locali di Lonate Pozzolo e Ferno grazie, scrive il Corriere della Sera, al “baratto” tra preferenze e “nomina di familiari e parenti a cariche politiche ed amministrative”.