‘Ndrangheta e migranti: l’ennesima inchiesta a metà

Ho manifestato talmente tante volte davanti il Cara di Crotone che non saprei dire quante sono state. Un paio di volte ci siamo addirittura accampati davanti i cancelli, con tanto di tende e fuochi, per denunciare, non solo le condizioni disumane a cui erano sottoposti i migranti, ma soprattutto per denunciare la gestione truffaldina e mafiosa del lager contemporaneo più grande d’Europa.

Non solo Crotone, insieme a molti compagni/e siamo andati in giro per l’Italia a manifestare davanti ai CPT per denunciare l’illegittimità di queste vergognose strutture. Siamo persino sbarcati a Lampedusa. Da quei cortei, da quelle manifestazioni, sono venuti fuori documenti che puntualmente spiegavano quello che oggi i pm antimafia hanno scoperto: il bisiniss dei migranti. Tutto questo una quindicina di anni fa.

Per quei cortei, per quelle manifestazioni, giudicati dalla legge illegali, molti di noi furono denunciati. Io compreso. Oltre a subire minacce proprio da diversi operatori della Misercordia che ci invitavano con maniere mafiose a stare lontano dal “Sant’Anna” e dalla “Malgrado tutto” di Lamezia, altro vergognoso lager oggetto di molti cortei e manifestazioni. Mentre pm e procure erano indaffarati a denunciare i manifestanti “violenti” che tagliavano reti e filo spinato, i clan tranquillamente si arricchivano: per le procure di allora la priorità era fermare i movimenti contro la globalizzazione, i delinquenti eravamo noi.

Racconto questo non per pretendere meriti o medagliette, di cui non me ne frega niente, ma per mettere in evidenza la complicità delle istituzioni in questo vergognoso e abominevole traffico di umanità. Messo in piedi dalla peggiore specie di uomini: parassiti sociali, mafiosi e preti corrotti. Ovviamente il tutto con le dovute coperture istituzionali e giudiziarie. Senza le quali le cosche, il prete e i faccendieri non avrebbero prosperato per tutti questi anni. Anche perché dopo i nostri cortei e le nostre inascoltate denunce, arrivarono le inchieste giornalistiche a svelare il segreto di Pulcinella della gestione del Cara, e anche in questo caso non ci fu nessuna reazione delle istituzioni e della procura.

Che dietro la gestione del Cara ci fossero i clan, lo sapevano pure le pietre. Oltre a tutti gli abitanti di Crotone, di Isola e di tutta la Calabria. Del resto quella struttura fa lavorare oltre 400 persone che da un punto di vista elettorale/clientelare, in terra di Calabria, poteva restare lontano dagli interessi delle cosche, e dei politici corrotti? Un ci vò zingara…

In nome del denaro e dei voti tutti hanno chiuso gli occhi: sindaci, prefetto, procura, politica. Del resto Sacco non avrebbe potuto fare quello che ha fatto se non avesse avuto il via libera di certa politica e di certa magistratura, che dalla retata di ieri è rimasta, come al solito, fuori. Nessuno ha spiegato ieri, compreso Gratteri, come facevano questi a condurre una gestione così allegra dei fondi (basta leggere le motivazioni con le quali si accreditavano i soldi al prete) senza che nessuno contestasse loro, per decenni, la benché minima irregolarità. Che invece, oggi, vengono fuori come funghi. Irregolarità talmente evidenti che non c’è stato bisogno di cercare altro. Il malaffare sta scritto nelle loro stesse carte.

Ora si dirà che Sacco e il prete sono gli unici responsabili di questa deriva, magari perché costretti dagli Arena, e come sempre il prefetto sarà promosso, il procuratore di Crotone elogiato, la politica ne uscirà indenne, e tra qualche giorno di tutto questo non se ne parlerà più.

Dobbiamo dire grazie a Gratteri per aver scoperchiato quello che altri per oltre 15 anni non hanno voluto scoperchiare, tant’è che questa inchiesta giaceva da almeno 10 anni nei cassetti della scrivania della procura, ma allo stesso tempo non possiamo non dire che anche questa è una inchiesta a metà. I veri responsabili, purtroppo, restano ancora a piede libero.

GdD