‘Ndrangheta, sequestrati tre villaggi turistici del clan Anello a Curinga, Pizzo e Parghelia

Il Garden Resort Calabria

I numeri dell’operazione Imponimento sono decisamente “grandi”, come ormai è chiaro fin dalle prime luci dell’alba. 75 gli arrestati e 158 gli indagati complessivi. La Guardia di Finanza ha inoltre eseguito il sequestro preventivo d’urgenza disposto dal pm di beni immobili, aziende, società, beni mobili registrati, rapporti bancari, riconducibili ai principali indagati, per un valore stimato in oltre 169 milioni di euro. Le indagini condotte dagli investigatori del Nucleo di polizia economico-finanziaria/Gico di Catanzaro e dallo Scico di Roma hanno consentito di ricostruire in capo agli indagati un notevole complesso patrimoniale perlopiù in Calabria, costituito da 124 terreni, 116 fabbricati, 26 società, 19 ditte individuali, 84 automezzi, 2 moto e diversi rapporti bancari e finanziari, detenuto sia direttamente che attraverso prestanome, il cui valore, spiegano gli investigatori, è risultato sproporzionato rispetto alle capacità economico-reddituali dei rispettivi titolari.

Tra i beni sequestrati anche tre noti villaggi turistici, tra i più grandi della Calabria, nelle zone di Parghelia (Vibo Valentia), Pizzo Calabro (Vibo Valentia) e Curinga (Catanzaro), per i quali si è ipotizzata la messa a disposizione della cosca Anello-Fruci. Si tratta, in particolare del Garden Resort Calabria di Acconia di Curinga e del Napitia di Pizzo, legato alla catena dei Club Med. 

Le indagini, che hanno beneficiato, oltre che dei riscontri di numerosissime attività di intercettazione telefonica ed ambientale, di dichiarazioni di numerosi collaboratori di giustizia (sono state utilizzate le dichiarazioni di ben 29 collaboratori di giustizia), hanno consentito di delineare i profili della cosca quale “organismo in grado di muoversi agevolmente entro, ma anche ben oltre, il proprio territorio di competenza e dotato di un esteso patrimonio materiale e umano che gli ha permesso di essere presente sui contesti più diversificati, così come di interloquire con le altre cosche, sia territorialmente prossime che più distanti”. Si tratta di una organizzazione criminale al vertice della quale si pone Rocco Anello, non colpito dall’odierno provvedimento di fermo in quanto già detenuto in carcere, così come altri sodali.

L’operatività del sodalizio, in passato, con a capo lo stesso Rocco ANELLO affiancato dal fratello Tommaso ANELLO, da Giuseppe FRUCI e da Vincenzino FRUCI, è stata giudiziariamente accertata con la sentenza n. 63 del 22 marzo 2004, del Giudice dell’Udienza Preliminare del Tribunale di Catanzaro, confermata in Appello (c.d. operazione “Prima”).

Negli anni successivi, sebbene i suoi esponenti siano stati attinti da vari provvedimenti giudiziaria, la consorteria criminale non si è disgregata, ma ha conservato il suo nucleo centrale ben saldo.

Le indagini, delegate alla Guardia di Finanza (l’operazione è convenzionalmente denominata “Imponimento”), hanno consentito di delineare un contesto nel quale l’associazione, nel suo complesso, si avvale della forza d’intimidazione del vincolo associativo e della condizione di assoggettamento e di omertà che ne deriva, allo scopo di commettere delitti, acquisire direttamente e indirettamente la gestione e/o controllo di attività economiche, in particolare nel settore turistico/immobiliare, deformando le logiche imprenditoriali che normalmente regolano i traffici commerciali di un’economia sana, condizionando i diversi settori della vita economica e sociale, e affermando il controllo egemonico sul territorio anche mediante reciproci accordi tra cosche operanti in articolazioni territoriali diverse.

L’estensione del raggio d’azione su cui la cosca era in grado di esercitare il suo controllo, e la diversificazione dei settori, prevedeva, necessariamente, un altrettanto estesa rete di informazione e “tutela” curata da un notevole numero di personaggi posti a vedetta dei luoghi più importanti (abitazione del boss e dei suoi familiari, luoghi di incontro, vie di transito su Filadelfia), utilizzati quali tramite per l’effettuazione di comunicazioni telefoniche o, ancora, quali informatori della cosca. Di tale ultima categoria facevano parte, tra gli altri, un appartenente alla Guardia di Finanza fermato con l’accusa di rivelazione ed utilizzazione di segreti d’ufficio, anche con l’aggravante di aver commesso il fatto al fine di procurarsi un indebito profitto patrimoniale, oltre che con l’aggravante della modalità e finalità mafiosa.

I rapporti della cosca ANELLO-FRUCI registrati con le altre consorterie dell’ampio distretto di Catanzaro – già emersi nel p.p. 2239/14 RGNR c.d. Rinascita, i cui esiti complessivi, con la leadership di Mancuso Luigi, trovano ulteriore conferma nei risultati del presente procedimento – riguardavano sostanzialmente tutte le maggiori cosche di ‘ndrangheta attinte dai provvedimenti giudiziari emessi negli ultimi anni nei procedimenti trattati da questa Direzione Distrettuale Antimafia (in particolare la MANCUSO di Limbadi, i BONAVOTA di Sant’Onofrio, i TRIPODI di Vibo Marina, i LO BIANCO di Vibo Valentia, gli ACCORINTI di Zungri, IOZZO-CHIEFARI di Chiaravalle Centrale, i BRUNO di Vallefiorita, esponenti della consorteria dei TRAPASSO di S. Leonardo di Cutro),  oltre che le cosche della provincia di Reggio Calabria (i PESCE di Rosarno, gli ALVARO di Sinopoli), nonché operanti in Sicilia.

Si tratta di rapporti fatti di reciproci scambi e richieste per la risoluzione di problemi piuttosto che per la spartizione di affari e per il rifornimento di armi o droga.