Si apprendono maggiori particolari sull’operazione antidroga, coordinata dal comando provinciale dell’Arma milanese, insieme al Ros, che ha interessato le province di Milano, Monza e Brianza, Alessandria, Perugia, Catanzaro, Roma, Varese, Vercelli e contestualmente anche qualche città della Germania. Numerosi gli episodi di traffico di cocaina, in base ai quali è stata ricostruita la dinamica e le ramificazioni dell’organizzazione.
“… Tutto è partito – scrive Repubblica – dall’arresto di Raffaele Procopio, fermato nel settembre 2015 a Bareggio, nel Milanese, con quasi 30 chili di cocaina. La droga era nascosta in un doppiofondo ricavato all’interno della sua auto, una Mercedes già finita al centro di diverse indagini per traffico di stupefacenti. Un indizio che è bastato agli investigatori per decidere di approfondire, con l’obiettivo di ricostruire la rete attorno a Procopio. Un paio di mesi di indagini sono bastate ai carabinieri del comando provinciale e al Ros per comprendere che Procopio non era un semplice corriere, ma l’esponente di un’organizzazione legata alla ‘ndrangheta, che dall’hinterland milanese estendeva la propria rete di contatti e rapporti fino a Guardavalle, in provincia di Catanzaro.
Si tratta del feudo storico dei Gallace, feroce clan di ‘ndrangheta da tempo presente anche nel Lazio e in Lombardia, guidato da Vincenzo Gallace, l’uomo che ha deciso uno degli omicidi che hanno cambiato la storia della ‘ndrangheta nel milanese. Per i giudici che lo hanno condannato definitivamente all’ergastolo, è lui il mandante dell’omicidio di Carmelo Novella, lo “scissionista” ucciso perché progettava di rendere autonoma la “Lombardia” – confederazione dei clan di ‘ndrangheta al Nord – dalla “mamma” calabrese.
Si tratta di un esponente di rango non solo del suo clan, ma dell’intera ala militare della ‘ndrangheta calabrese. Ed è a lui che sono legati da stretti vincoli di sangue e parentela i capi all’associazione che operava ad Arluno e oggi è stata sgominata dai Carabinieri. Gallace è infatti cugino di primo grado del capo del gruppo di Arluno, Francesco Riitano, formalmente residente in Germania, ma di fatto spesso presente ad Arluno. Per inquirenti ed investigatori, era lui il vero e proprio capo della “banda di Arluno”, incaricato tanto dei contatti con i colombiani che procuravano regolarmente le partite di cocaina, come del coordinamento del traffico gestito dall’associazione…”.