Occhiuto risponde al Consiglio di Stato: “A Cosenza la Legge sono io”

Fino a che le istituzioni preposte non faranno capire, una volta per tutte anche ad Occhiuto che la legge, le regole e le sentenze valgono pure per lui, a Cosenza continuerà ad avere corso legale “L’Ordinamento Occhiuto/Granieri/Spagnuolo”. Una specie di piccolo “Statuto Albertino” che racchiude tutto: leggi, codici comportamentali, diritto e che si applica alla sola città di Cosenza. Tutto il resto del Paese si rifà alla Costituzione e al C.P.P. quando si tratta di diritti e doveri del cittadino. E come se Cosenza, per quel che riguarda la Giustizia, e non solo, fosse uno stato a parte con le sue alte cariche politiche (Presidente, ministri) e gli alti dirigenti. Compreso un proprio sistema Giustizia. Infatti i giudici e la procura di Cosenza, a conferma della loro totale autonomia dal resto del Paese,  fanno quello che gli pare, perché il CSM non ha alcun potere su di loro. Non devono rispondere del loro operato a nessuno se non ai loro padroni locali che gli garantiscono agio e privilegi. Una vera e propria casta feudale.

Un esempio pratico per meglio capire come funziona la Giustizia a Cosenza: prendi un giudice proveniente da una importantissima famiglia massone che risponde solo agli amici degli amici, tipo Claudia Pingitore, e mettila a presiedere una “corte”: l’assoluzione, per Occhiuto, è garantita, sempre e comunque.

Vediamo come. Occhiuto lanciò accuse gravi – tempo fa, attraverso un post sulla sua pagina FB in occasione della presentazione della candidatura a presidente della Provincia di Cosenza – nei riguardi di Pino Gentile, che a suo dire esercitava pressioni mafiose su alcuni consiglieri comunali che lo avevano abbandonato dopo aver sottoscritto la sua candidatura per passare poi dalla parte di compà Pinuzzu. In particolare, scrisse: “Opponetevi alle pressione mafiose (di compà Pinuzzu), e rifiutate i voti della mafia e di Gentile”. Frase che compà Pinuzzu ritenne lesiva del suo onore, denunciando Occhiuto.

Inizia il processo: a giudicare Occhiuto, Claudia Pingitore. Il pm manco a dirlo chiede l’assoluzione di Occhiuto e la Pingitore assolve il sindaco con questa motivazione: “dire mafioso su FB non è reato”, perciò il fatto non costituisce reato. Bene.

Stesso giudice, Claudia Pingitore, altra situazione: Occhiuto parte lesa (ma poteva essere, Sammarco, Potestio, che tanto per la Pingitore è lo stesso) Iacchite’ imputato. La frase incriminata: “il sindaco più intrallazzino del mondo” o nel caso dell’avvocato Sammarco: “l’avvocato è un esperto di fughe di notizie”. Il pm chiede l’assoluzione per Iacchite’ non ravvisando nessun estremo di reato, ma per la Pingitore il reato c’è e va punito: 2 mesi di reclusione.

Dunque: se a dare del mafioso palesemente a Pino Gentile o a chi gli pare, è Occhiuto, per la Pingitore il reato non esiste, ma se lo diciamo noi, nonostante la richiesta del pm di assoluzione, il reato va punito. Spero un giorno qualcuno le chieda conto di questo. E con persone come queste diventa inutile anche appellarsi alla coscienza. O alla deontologia che non sanno manco dove sta di casa. Fanno solo quello che il padrone gli ordina.

Questo per dire che, Gratteri o non Gratteri, Occhiuto e la procura se ne fottono della legalità e della Legge è uguale per tutti, perché la Legge in città sono loro.

E Occhiuto lo dimostra ancora una volta sbeffeggiando la sentenza del Consiglio di Stato che condanna il Comune di Cosenza a ripristinare la graduatoria, dal sindaco illegalmente sospesa, del concorso regolarmente espletato e vinto da 11 partecipanti, per dirigenti comunali. Nonché ordina al sindaco l’immissione in ruolo degli ingiustamente esclusi, perché Occhiuto doveva nominare dirigenti i suoi compari per meglio porre in essere intrallazzi e ruberie.

Ma Cosenza è sovrana e delle sentenze del Consiglio di Stato non gliene frega niente a nessuno. Tant’è che Occhiuto al Consiglio risponde così: “Nel momento in cui il Comune avrà bisogno di altri dirigenti attingerà a questa graduatoria che resterà valida per i prossimi tre anni. Non possiamo assumere dirigenti o licenziare quelli che hanno un contratto, ne deriverebbe un danno erariale enorme. Ogni dirigente costa 120mila euro l’anno”. Come a dire: campa cavallo che l’erba cresce, e i dirigenti nominati da Occhiuto non si toccano.

Tanto chi gli dice niente? Il procuratore Spagnuolo che si è fatto assumere il nipote? Il presidente del tribunale Mingrone che non sa manco dov’è il Comune di Cosenza? Il giudice Pingitore che sentenzia a comando? Il Prefetto che non aveva il coraggio di dirgli che Spataro era incompatibile? L’opposizione in consiglio che non esiste?

Insomma Occhiuto è al di sopra della Legge e la storia del concorso per dirigenti sospeso illegalmente lo dimostra ancora una volta, anzi, più che al di sopra, si può tranquillamente dire che Occhiuto a Cosenza è la Legge. Come nel vecchio West.